Radiografia della spesa pensionistica

Il saldo delle gestioni, gli apporti dello Stato, la partita di giro delle tasse, le diverse definizioni tra Istat, Eurostat, Ragioneria e Nucleo di valutazione. Com’è cambiato il concetto di “sostenibilità”
(Quarto articolo - primo - secondo - terzo)
 
Nel primo articolo abbiamo visto come dal 2004, riforma Maroni, al 2011, riforma Monti, la spesa pensionistica sia stata pesantemente tagliata. In termini di Pil la riduzione è calcolata in 2,4 punti nel 2020 pari a circa  40 miliardi di euro. Le proiezioni della Ragioneria generale dello Stato (Rgs) indicano valori medi del rapporto spesa/Pil inferiori al 15% nel periodo 2015-2040 con una progressiva discesa dopo questa data. Nel 1995 le previsioni antecedenti la legge 335 indicavano una progressiva crescita del rapporto spesa/Pil fino al 25/26%. L’intervento è stato quindi massiccio e, per riconoscimento unanime, abbiamo oggi il sistema finanziariamente più stabile in Europa anche se non il più sostenibile e il più equo socialmente.

 

La stabilità finanziaria indicata sta nel contenimento della spesa pensionistica rispetto al Pil. Questo concetto di stabilità ha sostituito dal 1995 quello precedentemente indicato dell’equilibrio delle gestioni, ossia dell’equilibrio tra entrate contributive e prestazioni.

L’indicatore spesa/Pil indica la parte di reddito nazionale trasferita annualmente ai pensionati. In un sistema a ripartizione si tratta di una parte di reddito che gli attivi trasferiscono ai pensionati attraverso i contributi sui redditi da lavoro e/o attraverso il prelievo fiscale. Vi sono paesi in cui il sistema pensionistico è finanziato con contributi, altri in cui è finanziato fiscalmente. Nella maggioranza dei casi i sistemi a ripartizione sono finanziati con i contributi e con l’eventuale supporto di un finanziamento pubblico. In ogni caso sono gli attivi che pagano le pensioni.

 

In realtà anche nei sistemi a capitalizzazione c’è questo trasferimento dagli attivi ai pensionati. Se consideriamo un sistema chiuso i proventi finanziari percepiti dai pensionati sono una parte del reddito prodotto annualmente dagli attivi (in un sistema aperto una parte di queste risorse può arrivare da altri Stati e non incidere sulla ripartizione del reddito interno).

 

Vi è, quindi, in tutti e due i sistemi un limite nella trasferibilità di risorse dagli attivi ai pensionati e in questo limite sta la cosiddetta sostenibilità finanziaria. Dove si collochi poi questo limite è, tuttavia, tutto da discutere, esattamente come il limite della pressione fiscale. Sono limiti di natura politico-sociale legati a molti fattori, non solo a criteri economici. Si accetta di pagare contributi pensionistici per solidarietà, ma principalmente perché si attende in cambio una pensione futura. Se le aspettative di pensione sono basse può risultare poco accettabile pagare contributi alti a favore di chi usufruisce di pensioni più alte di quelle attese. Lo stesso può avvenire in caso di finanziamento fiscale, totale o parziale. D’altra parte stabilizzare la spesa rispetto al Pil ha dirette conseguenze sui pensionati: se questi aumentano di numero il risultato è quello di diminuire la pensione media.

 

Ma a quanto ammonta la spesa pensionistica nel nostro paese e come viene finanziata? Riprendendo un articolo del 2010 (Spesa per pensioni, così è se vi pare) ricordo che un’opera di chiarimento in merito è quella fatta dalla Rgs nella pubblicazione “Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario”. Rgs mette in rilievo come la spesa indicata dalle diverse fonti nazionali e internazionali differisce anche sensibilmente a seconda dei contenuti dell’aggregato considerato.

 
Le funzioni old age e survivors di Eurostat includono, come è noto, il Tfr e le prestazioni di fine servizio nel pubblico impiego. L’altro indicatore Eurostat, Pension expenditure, non considera il Tfr, ma comprende, oltre alle prestazioni IVS (invalidità, vecchiaia, superstiti), le pensioni assistenziali (sociali, di guerra, invalidi civili), le pensioni  indennitarie e le pensioni di benemerenza. L’indicatore dell’Istat alle voci riportate in Pension expenditure aggiunge anche le indennità di accompagnamento. Nella voce pensioni e rendite del Def (Documento di economia e finanza) sono comprese le pensioni IVS e le rendite infortunistiche INAIL. Il NVSP (Nucleo di valutazione della spesa pensionistica) considera nel suo aggregato il sistema obbligatorio IVS, pubblico e privato, e vi aggiunge le pensioni erogate dalle Casse private, dall’Inpgi e dall’Enasarco (per maggiori dettagli sulle definizioni si veda il sito della Rgs).
 

I dati più attendibili in termini di spesa per pensioni, escludendo quindi le prestazioni di tipo assistenziale, sono senza dubbio quelli del DEF-Rgs e quelli del NVSP. La differenza tra i due dati deriva essenzialmente dal comprendere o meno le pensioni sociali.

 

Spesa pensionistica italiana lorda (milioni di euro e in rapporto al Pil)

 

1

2

3

4

5

6

2007

232.976

214.230

225.881

240.869

209.306

177.540

2008

241.165

222.731

234.506

252.327

217.661

185.035

2009

253.480

231.333

243.651

259.469

226.158*

192.590*

2010

 

236.931

 

 

232.138*

198.350*

2007 

15,0%

13,8%

14,5%

15,5%

11,4%

13,5%

 2008 

15,3%

14,1%

14,9%

16,0%

11,7%

13,8%

2009

16,7%

15,2%

16,0%

Mercoledì, 28. Marzo 2012
 

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