Usa, una democrazia difettosa

In un’Italia “democratica”, nella quale la stampa, più di tutti gli altri mezzi di comunicazione, dovrebbe svolgere una meritoria opera d’informazione e di capillare diffusione di ciò che avviene nel mondo e intorno a noi, è sconcertante prendere atto dell’assoluto silenzio che avvolge e circonda le vicissitudini sociali di una democrazia “malata” cui, nonostante tutto, ancora tanti continuano a fare riferimento

Nel mentre Covid-19 si avvia al suo secondo anno di devastante attività e, da più parti, in previsione di una possibile “terza fase”, giunge l’invito a non “abbassare la guardia”, al ridondante (ma problematico) avvio della campagna di vaccinazione intereuropea si aggiunge la diffusa consapevolezza che, neanche questa volta, «l’anno che verrà porterà una trasformazione1». Quindi - contrariamente a quanto auspicato - se per i muti continuerà ad essere impossibile parlare e ai preti impedito di sposarsi, continueranno, invece, ad imperversare «i troppo furbi e i cretini di ogni età».

Ciò avviene - grazie al diffuso “collaborazionismo” che (ormai) dilaga tra gli operatori dell’informazione, al pressappochismo e all’ignavia dei più - perché, sebbene quotidianamente sommersi da un’infinità di “notizie”, il vasto pubblico della cosiddetta “società civile” viene sistematicamente privato di informazioni fondamentali ai fini di una corretta visione e comprensione dei fatti.

Difficile spiegare altrimenti il diffuso senso di ammirazione e, addirittura, d’invidia, con il quale in tanti (ancora) continuano a guardare oltreoceano; a quegli Usa cui, di norma, ci si riferisce svilendo il nome di un intero continente.

Anticipo che non è mia intenzione riprendere, in questa sede, temi (ormai) abbastanza ricorrenti - quali, ad esempio, il sistema giudiziario o quello sanitario - già trattati2 in altre occasioni.

Reputo opportuno, invece, riportare - in materia di gestione della pandemia da Covid-19 (negli Usa) - alcuni elementi di conoscenza difficili, se non proprio impossibili, da ritrovare tra la nostra cronaca giornalistica.

In questo senso, eviterò anche di sprecare tempo ed energie nel ripercorrere le tappe di quell’improvvido alternarsi di proposte di Trump - tra l’iniziale (stupido) “negazionismo” agli improbabili “rimedi” delle lampade Uv e fino all’infausto utilizzo di iniezioni di disinfettante3 - per tentare di minimizzare ed esorcizzare una minaccia che, purtroppo, avrebbe poi, tragicamente, prodotto centinaia di migliaia di vittime4.

È molto più interessante, a mio parere, tentare di spiegare come sia stato possibile che al popolo statunitense, prima che a noi, sia stato impedito di rendersi compiutamente conto di ciò che stava avvenendo e di quello che Covid-19 stava producendo; in sostanza: di fare i conti con la dura e triste realtà del consistente numero di vittime.

Ciò che fa rabbia e, personalmente, m’induce a ribadire che non considero quella statunitense una democrazia compiuta, ma, piuttosto, gravemente “compromessa”, è un particolare non irrilevante: tutto è avvenuto a norma di legge.

In effetti, in nome della privacy medica5 e in ossequio ai diritti civili(!), ai giornalisti è stato imposto uno standard sostanzialmente insuperabile prima di avere accesso ai reparti ospedalieri che ospitavano pazienti affetti da Covid-19.

In pratica, il cosiddetto “adeguamento” delle linee guida6, in materia di privacy, ha impedito a fotografi e giornalisti statunitensi di raccogliere testimonianze e prove fotografiche di ciò che la pandemia produceva nelle corsie. Precludendo così all’opinione pubblica la piena consapevolezza delle irreparabili e disastrose conseguenze di una gestione di carattere quasi esclusivamente “politico” di una grave emergenza sanitaria.

Ciò ha permesso, secondo il parere di alcuni osservatori, di perseguire un obiettivo chiave dell’amministrazione Trump: non consentire all’opinione pubblica di essere adeguatamente informata della gravità della situazione ed ignorare il pesante bilancio in termini di vittime da Corona-virus.

Tra l’altro, la gravità delle intenzionali limitazioni al diritto d’informazione, rispetto alle problematiche relative alla devastante portata del Covid-19, è confermata dal fatto che, proprio in seguito all’esplosione della pandemia, le linee guida di cui alla HIPAA (la legge sulla privacy) erano diventate - in sostanza - “derogabili” per consentire più agevoli accessi e scambi d’informazioni tra fornitori di servizi sanitari e strutture ospedaliere e/o tra medici e famiglie o amici di pazienti affetti da Covid-19.

Dunque: minori vincoli e maggiore permissività per tutti; ma non per gli operatori dell’informazione!

Pena: multe per milioni di dollari per quelle strutture ospedaliere che non avessero rispettato le restrizioni introdotte - a danno dei media - nel maggio 2020.

Un altro elemento, non di secondaria importanza, è che le limitazioni aggiuntive alle suddette linee guida non hanno avuto una diffusione mediatica molto ampia; non a caso, sono state diffuse esclusivamente attraverso notiziari del settore sanitario.

Al riguardo, Lucas Jackson, un fotografo della notissima Agenzia Reuters, ha così commentato la situazione: «La fotografia ha svolto un ruolo così importante nel movimento per i diritti civili, nel porre fine alla guerra del Vietnam e in qualsiasi numero di momenti chiave nella storia americana e sembra proprio mancare di azione su questa crisi».

E, in effetti, ha assolutamente ragione.

Quanto contribuì a rafforzare - in ciascuno di noi, all’epoca più o meno ventenni - il concetto di guerra iniqua la sconvolgente immagine di Kim Phuc, la bambina sudvietnamita (completamente nuda e con le braccia ustionate) che, in preda a un folle terrore7, cercava scampo dal napalm sganciato su civili inermi?

Le foto, come le cronache di guerra, hanno sempre contribuito a risvegliare le coscienze e a mobilitare l’opinione pubblica; ma Trump e i suoi sodali - complice una legislazione che, in nome del rispetto dei diritti personali, mortifica e calpesta quelli di tipo collettivo - avevano l’esigenza di negare una realtà da democrazia “malata”; che si pretende, addirittura, di “esportare”!

In questo senso, quale migliore chiusura se non le parole di Sarah Elizabeth Lewis: «Affinché la società possa rispondere in modo commisurato all’importanza di questa pandemia, dobbiamo vederlo. Le immagini ci costringono a lottare con l’indicibile. Aiutano a umanizzare le statistiche cliniche, a renderle comprensibili».

Anche questa, ha rappresentato, invece, l’ennesima occasione mancata.

 

NOTE

1)      Fonte: “L’anno che verrà”; testo e musica (1978) di Lucio Dalla

2)      Fonte: “Da Trump a Biden: ai posteri l’ardua sentenza”; da www.blog-lavoroesalute.org, del 14 novembre 2020

3)      Anche se successivamente smentite e presentate come una battuta sarcastica, le parole di Trump, pronunciate nel corso di un briefing dell’aprile 2020, furono esattamente queste: “C’è un modo di farne qualcosa, non so, con un’iniezione, o con dei lavaggi? In modo che il disinfettante arrivi ai polmoni …….Certo, bisognerà chiedere ai dottori, ma a me pare interessante»

4)      Fonte: “The Intercept”, del 27 dicembre 2020; secondo quanto scrive Peter Maass, le vittime da Covid-19 superano le 300 mila unità 

5)      Nota come HIPAA, la legge, approvata nel 1996, inizialmente non prevedeva linee guida per i media

6)      Le linee guida integrative sono state emanate il 5 maggio 2020 da Roger Severino, nominato da Trump responsabile dell’Ufficio per i diritti civili presso il Dipartimento della salute e dei servizi umani (HHS)

7)      Era l’8 giugno 1972 quando il fotografo dell’Associated Press, Huynh Cong, scattò l’immagine dei bambini che fuggivano lungo la Route 1

Fonte: www.blog-lavoroesalute.org

Martedì, 19. Gennaio 2021
 

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