1. Laccordo dellundicesima
ora tra le istituzioni europee e la Grecia ha due caratteristiche peculiari. La
prima è che, a differenza di ciò che normalmente si definisce un accordo, non è
il risultato di un incontro fra le volontà delle parti, ma lespressione di un
diktat brutalmente imposto alla parte più debole, costretta a subire una resa
senza condizioni. La seconda è che nessuna delle parti coinvolte crede
allaccordo. Non Alexis Tsipras che ammette di aver dovuto accedervi con il
coltello alla gola. Tanto meno Wolfgang Schäuble, il potente ministro delle
finanze tedesco, che è tornato a proporre anche dopo il preteso accordo, come
unica vera soluzione, luscita provvisoria della Grecia dalleuro.
Le condizioni imposte alla Grecia sono le più irrazionali, invasive e punitive fra
quelle sperimentate nei precedenti famigerati memorandum. Il debito, secondo il
FMI, crescerà fino al 200 per cento del PIL.
E, non a caso, la discussione è stata spostata sulla ristrutturazione
del debito, nel senso di un prolungamento delle scadenze e di una riduzione dei
tassi dinteresse. Ma, per molti versi, è un aggiramento del problema
sostanziale, dal momento che l80 per cento del debito ha già scadenze che si prolungano
fino a oltre la metà del secolo con tassi di interesse minimi.
In effetti, la vera questione non riguarda la ristrutturazione del debito
quanto le condizioni di politica fiscale ed economica imposte dal nuovo
protocollo alla Grecia condizioni che peggiorano quelle già sperimentate
basate sul taglio della spesa e aumento delle tasse. La reiterazione di una
terapia che, come ha scritto Paul Krugman, ricorda quella dei salassi: quando i
primi non avevano funzionato, il medico ne imponeva altri. Un modo di uccidere
gradualmente il malato, piuttosto che curare la malattia.
2. Il diktat imposto al governo greco sfiora in molti casi il grottesco, come quando arriva a dettare regole di concorrenza per lattività dei panettieri che, con i loro forni artigianali. seguono la tradizione che vuole determinate forme e pesi standard del pane. Ma non cè spazio per lironia, si passa allimposizione di un incredibile piano di privatizzazioni da 50 miliardi di euro, da attuare sotto la sorveglianza dei padroni delleurozona. Il piano era stato già proposto nel 2011, ma poi ridimensionato anche perché il risultato, non ostante la condiscendenza dei governi di destra, ha fornito entrate per tre miliardi euro. Ora il piano di privatizzazioni dovrebbe toccare porti, aeroporti, poste, ferrovie, acqua, gas, elettricità, strade, e ogni tipo di beni o servizi pubblici, monumenti compresi. Un piano insensato che, tradotto su scala italiana, francese o britannica equivarrebbe a 400-500 miliardi di espropriazione di beni pubblici. Perfino Margaret Thatcher si sarebbe fatta qualche scrupolo di arrivare a tanto.
Gli altri aspetti del programma sono economicamente cervellotici e socialmente punitivi: laumento dellIva al livello standard del 23 per cento - con poche eccezioni al 13 per cento, come i beni alimentari di base (?!); la progressiva abolizione dellintegrazione delle pensioni al disotto della soglia di povertà; e, dulcis in fundo, la riforma strutturale per eccellenza che impone la sostanziale liquidazione della contrattazione sindacale e la libertà dei licenziamenti collettivi.
Non si può non condividere il giudizio di sintesi di Barry Eichengreen della Berkeley University: si tratta di un programma perverso che immergerà la Grecia nella depressione Alla fine, l'accordo porterà alla Grexit.
3. A questo punto una
domanda è inevitabile. Perché Alexis Tsipras ha stipulato un
accordo che contraddice clamorosamente la piattaforma, centrata sul superamento
della disastrosa politica di austerità, sulla quale Syriza aveva vinto e
elezioni e che il referendum aveva confermato con un consenso di massa
superiore a ogni previsione? La risposta di Tsipras è stata singolarmente
onesta nel suo duro realismo. Non avevo altra scelta ha dichiarato - se non
firmare un cattivo accordo nel quale non credo. Una firma col coltello alla
gola: prendere o lasciare. E lasciare
significava portare la Grecia fuori dalleuro unalternativa che
avrebbe tradito il mandato del popoli greco, in grande maggioranza schierato
per il mantenimento delleuro. Chiaramente, una condizione capestro nella quale
nessun negoziatore vorrebbe mai trovarsi.
4. Ma qui bisogna aver presente un
paradosso. Lalternativa allaccordo nel quale nessuno crede era stata offerta
dalla principale controparte, Wolfgang Schäuble: in sostanza, luscita a
termine della Grecia dalleuro per un periodo di cinque anni. Apparentemente
una provocazione negoziale. In realtà, una proposta non casuale diretta, da un
lato, a ribadire linviolabilità delle regole imperiali delleurozona;
dallaltro, a lasciare alla provincia la
responsabilità del proprio destino. Una proposta niente affatto estemporanea, se si considera il sostegno della
grande maggioranza dei paesi delleurozona: dai piccoli satelliti baltici alla
grande Spagna, passando per la Finlandia, la Slovacchia, lIrlanda, il Belgio, il
Portogallo.
Sospendiamo per un momento il giudizio sulle sue conseguenze, buone o cattive, per la Grecia di questa proposta, e chiediamoci perché e come essa sia stata accantonata. In effetti, lo stop decisivo è venuto da François Hollande. Per il governo francese luscita della Grecia dalleuro era un evento inaccettabile La Francia, con la sua crescita esangue, lelevato disavanzo di bilancio, ancora sopra il fatidico tre per cento, è la vittima più illustre della politica di austerità, imposta dal binomio Berlino-Bruxelles.
Se le istituzioni europee rovesciassero il paradigma dellirreversibilità delleuro, se uscirne, più o meno provvisoriamente, diventasse unopzione possibile, lopposizione del Fronte nazionale di Marine Le Pen acquisterebbe una chiara e probabilmente irresistibile legittimazione.
Non basta. Se, incoraggiati dallesempio greco, i francesi fossero chiamati a esprimersi in un referendum rispetto al quale si stemperano le differenze fra le posizioni radicai di destra e di sinistra, con quali possibilità di successo Hollande, il presidente col consenso popolare più basso della storia della V Repubblica, potrebbe credibilmente difendere lintangibilità delleuro e le rovinose politiche di austerità? Un referendum si rivela uno strumento di democrazia di massa che i governi, indipendentemente dal loro colore, difficilmente possono controllare. Il loro contagio è minaccioso per i governi, generalmente impopolari, delle province delleurozona. Se luscita, più o meno provvisoria dalleurozona, diventasse un'opzione praticabile, secondo la proposta avanzata nei confronti della Grecia, la sfida nei confronti dei governi dei paesi che più direttamente soffrono le conseguenze della fallimentare politica dellausterità acquisterebbe connotati finora imprevisti.
Per evitare questa deriva Hollande doveva prospettare una contropartita irrinunciabile ad Angela Merkel, che nell improvvisato e drammatico tête à tête allEliseo, aveva spiegato di non poter arretrare da una posizione di intransigenza nei confronti del governo greco, ma al tempo stesso di considerare con preoccupazione non solo la rottura delleurozona, ma anche una pericolosa incrinatura dello scenario geopolitico in unarea esplosiva come il Mediterraneo e i Balcani - problema sollevato con insistenza da Barack Obama.
Alla fine, la mediazione di Hollande è consistita nelloffrire
a Merkel e a Schäuble lo scalpo di Tsipras sotto la forma di una resa senza
condizioni rispetto alla quale nemmeno il più agguerrito dei falchi poteva
opporsi: un programma più duro e invasivo di tutti gli altri in passato firmati
dai governi conservatori dei paesi in crisi, dallIrlanda al Portogallo alla Spagna.
Mediazione, quella di Hollande, o complicità in unopera di killeraggio di un
paese al quale veniva negata la possibilità di un dignitoso compromesso? O, più
semplicemente unennesima testimonianza della debolezza della Francia nei
rapporti di potere allinterno delleurozona?
5. Conviene, a questo punto, fare un passo
indietro. La realizzazione della moneta unica, come si prospettava allinizio
degli anni 90, doveva essere nelle intenzioni di Mitterand e di Delors il sigillo irreversibile della
partnership franco-tedesca e di unegemonia condivisa sullUnione europea. Non
a caso, nella costruzione europea, la Francia era stata protagonista indiscussa
sin dai tempi di Schumann e Monnet. Le cose erano cambiate dopo l89 col collasso dell'impero sovietico e la
riunificazione tedesca. La crisi dello SME- il sistema monetario europeo del
1992 aveva portato alla luce del sole la debolezza del franco francese.
Lattacco speculativo alle monete nazionali aveva lasciato sul terreno come
vittime due paesi centrali dellUnione europea, il Regno Unito e lItalia,
costretti a svalutare il cambio e a uscire dallo SME. La Francia si era a
stento salvata per laiuto della Germania. Il franco francese non era in grado
di reggere il cordone ombelicale con il marco. La realizzazione della moneta
unica, non ostante la forte opposizione in Germania, divenne la contropartita
dellunificazione tedesca.
La moneta unica avrebbe posto sullo stesso piano il franco e il marco. In
realtà era anche il modo di mascherare lo squilibrio crescente fra le due
monete e le due economie nazionali. Al treno delleuro si agganciarono paesi
ancora più deboli come lItalia e via via gli altri. Ma il disegno francese si mostrò
illusorio. In effetti, leuro divenne la versione europea del marco. E legemonia
tedesca si rafforzò associando alla gestione della moneta unica vincoli di
politica fiscale ed economica sempre più stringenti. La partnership
franco-tedesca si riduceva progressivamente a un simulacro al quale i governi
rendono omaggi formali, senza tuttavia riuscire a nascondere la differenza di
autorità nel determinare le politiche delleurozona, sempre più chiaramente in
mani tedesche.
In questo quadro, luscita della Grecia dalleurozona è stata considerata un passaggio che la Francia doveva scongiurare a ogni costo. Così Hollande con Matteo Renzi schierato al suo fianco dopo essere stato sostanzialmente escluso dalle diverse fasi del negoziato - ha bloccato la Grexit, manifestazione della reversibilità delleuro e, insieme, certificazione del fallimento della politica di austerità. Ma per quanto? La proposta di Schäuble, solo provvisoriamente accantonata, di unuscita concordata, più o meno a termine, dalleurozona, ha irreversibilmente cambiato lo scenario. La permanenza nelleuro non è garantita per nessuno dei paesi membri. Per stare nelleurozona bisogna rigorosamente rispettarne le regole, anche se il costo è la riduzione degli Stati sovrani a un protettorato o a una semi-colonia del nuovo impero centrale circondato da una folla di satelliti più o meno grandi.
6. La Grecia, quali che siano le responsabilità delle sue oligarchie dominanti e dei governi sempre sostenuti da Berlino e Bruxelles fino allavvento di Syriza, è la spia della fondamentale insostenibilità economica delleurozona. Così Alan Blinder, professore di economia delluniversità di Princeton ed ex vicepresidente della Federal Reserve, ne sintetizza i vizi congeniti. I paesi scrive - hanno tre armi principali per combattere le recessioni: lo stimolo fiscale, lo stimolo monetario e il deprezzamento della valuta. L'appartenenza alla zona euro preclude gli ultimi due strumenti.. (mentre) limita brutalmente il primo. Da qui, il problema greco n ° 1: una depressione peggiore della Grande Depressione negli Stati Uniti. L'ultimo accordo sembra destinato a peggiorare questa depressione .... Come trovare una soluzione? Con tassi di cambio fluttuanti, una parvenza di parità sarebbe stata restaurata dal deprezzamento della valuta. Ma questo non può verificarsi con una moneta unica. ... Così il problema greco non potrà mai essere risolto fin quando rimarrà nelleurozona (Si veda la rubrica Opinions del WSJ, 16 luglio 2015). Quanti altri paesi in crisi, vittime dellassurda politica dellausterità, vorranno prenderne nota?
7. Lintransigente ostilità con la quale si è scontrato lunico partito radicalmente di sinistra finora giunto al governo di un paese delleuro, forte di uno straordinario consenso democratico di massa, testimonia un fallimento ancora più allarmante di quello economico. Leurozona è incompatibile con la democrazia. Gli stati membri sono ridotti alla condizione di satelliti dellimpero fondato fortunatamente non sulla potenza militare, sul dominio monetario che si estende al dominio delleconomia e, indirettamente, dei rapporti sociali. E diventato chiaro che non basta cambiare i governi, e non basta un referendum vinto col 62 per cento dei consensi per esercitare il diritto-dovere di rappresentare la volontà popolare democraticamente espressa.
La Grecia ha osato rompere la disciplina, e ne ha pagato duramente il prezzo. Ma la crisi rimane aperta, e il contagio della ribellione, anche seguendo percorsi diversi, è destinato a estendersi: dalla Spagna che celebrerà le elezioni politiche in autunno, alla Francia, dove cresce l'opposizione alle politiche di austerità non solo nellestrema destra ma anche nell'ala sinistra del Partito socialista, all'Italia - dove per la prima volta, nei sondaggi, l'uscita dall'euro oscilla intorno alla metà, talvolta superandola, delle opinioni espresse.
La tentazione di convocare altri referendum popolari, sullesempio greco, può diventare un potente strumento democratico in grado di mobilitare, in un approccio unitario contro le politiche rovinose delleurozona, forze generalmente distinte o contrapposte nella geografia politica nazionale.
I paesi fuori dalleuro hanno risposto molto meglio allurto della crisi: dal Regno Unito alla Svezia e alla Polonia - paesi, dove leconomia e loccupazione sono tornate a crescere. Mentre i paesi che erano candidati a entrare nelleuro hanno preso nota, a cominciare dalla Polonia, dei rischi della partecipazione alleurozona, e hanno allontanato la prospettiva delladesione, se mai si verificherà.
La triste vicenda che coinvolge il popolo greco ha mostrato che la vocazione europea non coincide con ladesione alleuro. E vero piuttosto il contrario. Leuro rischia di distruggere il sogno europeo. Non possiamo indovinare il futuro. Ma non è difficile immaginare che, dopo la crisi greca e la sua mancata soluzione, nulla sarà più come prima.