Tremonti torna, i conti no

Il nuovo programma di governo annuncia sgravi alle famiglie, sgravi alle imprese e aiuti al Mezzogiorno. Ma il deficit tende verso il 4% e l'anno prossimo andrà peggio. Un compito proibitivo anche per la creatività del vice presidente del Consiglio

Sarebbe divertente assistere alle riunioni del Consiglio dei ministri del Berlusconi bis (o ter); saranno simili alle riunioni familiari dei separati in casa. Ma sarebbe divertente anche assistere alla preparazione del DPEF ed eventualmente, dopo il DPEF alla Finanziaria. Dico eventualmente perché non è escluso che già sul DPEF scoppino dissidi insanabili.

Il governo si è formato con l'indicazione di tre direzione di intervento della politica economica: sgravi fiscali per le famiglie, sgravi fiscali per le imprese, interventi a favore del Mezzogiorno. Nel frattempo la Commissione Europea, per bocca del commissario Almunia, ha annunziato per fine maggio un messa in stato di accusa dei conti pubblici italiani. E la trimestrale di cassa annunzia un deficit del 3,2%, ed un tasso di crescita del Pil dell'1,2%. Tuttavia questo magrissimo livello di crescita sembra ormai pressoché irrealizzabile, e i centri di ricerca prevedono che scenderemo sotto l'1%. Questo vuol dire che il deficit previsto per il 2005 dal ministero dell'Economia tenderà a salire verso il 3,5%.

Ma non è finita: la revisione dei conti pubblici da parte della Commissione porterà ad alzare la percentuale verso il 4%. Basta pensare alla "vendita" di tratti stradali pubblici ad una società per azioni - Infrastrutture spa - che è di proprietà del ministero dell'Economia, il quale pagherà un "pedaggio" al posto degli automobilisti. Se qualcuno riceve una somma oggi e si impegna a versare un tot all'anno per un certo numero di anni, si dice che si è indebitato. Questo è esattamente quello che pensa la Commissione, giustamente. Per il 2006 la situazione si prospetta anche peggio: il disavanzo tendenziale viene stimato su un 4,6. Con prospettive di questo genere la possibilità di effettuare riduzioni di prelievo (per famiglie e imprese) ed aumenti di spese per il Mezzogiorno sono nulle; si tratterebbe di trovare tagli di spese (o aumenti di altre imposte) per tre punti percentuali, o almeno due e mezzo, cioè una manovra nell'ordine di trenta miliardi di euro.

Naturalmente il ritorno di Tremonti al governo vuol dire che la strada della finanza creativa che il ministro dell'Economia affermava di considerare ormai esaurita ("the game is over" ha affermato pubblicamente a Bruxelles) si riapre miracolosamente, come dimostra l'uscita sulla vendita delle assolate spiagge del Sud; ma il giochetto è andato avanti troppo e gli effetti, anche elettorali, potrebbero ritorcersi contro, come un boomerang.

Quello che poi sconcerta di più è il livello di pressappochismo di cui tutta la maggioranza dà continua prova. Sono passati pochi mesi dal varo della Finanziaria 2005, nella quale è stato varato il secondo modulo della riforma dell'IRE (ex IRPEF) con l'introduzione del sistema di deduzioni decrescenti per i carichi familiari, e da parte dell'UDC e di AN si propone il quoziente familiare alla francese. Ma il quoziente familiare è esattamente l'opposto delle deduzioni decrescenti; che avvantaggiano i redditieri con reddito medio-alto (dai 70.000 in su), che il secondo modulo aveva relativamente trattato peggio. Ultime notizie ci dicono che qualche consapevolezza di andare a zig-zag è comparsa, per cui la proposta sembrerebbe accantonata. Ma ne vedremo sicuramente delle belle.     

Mercoledì, 27. Aprile 2005
 

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