Squilibri nel Sud e aiuti alla disabilità

Riemerge periodicamente il problema dello svantaggio del Mezzogiorno, ma molto meni si parla delle differenze all’interno dell’area. Accade in vari casi che l’indennità per un disabile sia determinante per il sostentamento della famiglia. Se si rendesse totalmente detraibile la spesa per le badanti, poi, si incoraggerebbero le regolarizzazioni senza oneri per lo Stato

Torna di attualità la discussione sugli squilibri in crescita tra Nord e Sud del belpaese. C’è un risvolto del tema che rimane molto in ombra. Si tratta degli squilibri all’interno della società meridionale che sono per certi versi più gravi ancora.

Infatti si deve considerare che per tutti i dipendenti pubblici, come per quelli delle imprese private o pubbliche di dimensione nazionale o ancora di più, le retribuzioni sono pari a quelle del Centro-Nord e per certi versi nelle città medio piccole il costo della vita può essere inferiore rispetto alle metropoli del Nord. Invece nel Mezzogiorno sono molto più diffusi i fenomeni di irregolarità, sottosalario e lavoro nero.

Per quanto affidabile nella sua utilizzabilità generale il metodo del professor Gini non ci sorregge nella interpretazione di tutti i fenomeni.

Le diversità si presentano rilevanti anche su risvolti specifici della vita umana. Quando in una famiglia si presenta il caso di una persona non autosufficiente è un guaio grande in tutti i casi, sia nel caso della soluzione badante, che in quello della RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale) o similari. Per la gran parte l’intervento pubblico si concretizza nell’erogazione della indennità di accompagnamento (516 euro per 12 mesi) oppure in un sostegno dei Comuni per la parte non sanitaria della soluzione RSA. Ma i Comuni sono in difficoltà crescenti nel fare fronte a queste esigenze. Recentemente si è risollevata una esigenza di maggiore severità nel revocare la indennità di accompagnamento in periodi di ricovero ospedaliero. Misura giusta teoricamente purché non ci sia bisogno  anche in ospedale di una badante e sperando che questo fenomeno sia regolamentato piuttosto che soggetto a forme di caporalato.

Si ha perfino il fenomeno di famiglie povere che riescono a “campare” grazie al nonnino (più spesso nonnina) non autosufficiente facendosi carico direttamente, soprattutto le donne, della cura. Sono onoratissime di essere definite caregiver. Se in una famiglia si mettono insieme una pensione pur minima, una indennità di accompagnamento, un lavoretto in nero e qualcos’altro che arrivi dal ReI (Reddito di Inclusione), e se non c’è da pagare un affitto, con molti sacrifici si riesce a campare.

Sono differenze che si traducono in angosce vere e proprie per che si fa carico di erogare direttamente (rinunciando a un lavoro) o dedicarsi alla organizzazione dell’assistenza (se hai un lavoro e paghi il servizio) fino a patologie tipo burn-out. Fino al pensare che il poveretto soffre tanto che la morte sarebbe una liberazione soprattutto per lui.

Nel Contratto di programma che ha dato vita al governo Conte si propone un ministero per le Disabilità, con alcune motivazioni da prendere sul serio: “Consolidare e rinnovare le politiche di protezione e inclusione dedicate alle persone con disabilità e finalizzate a garantire un concreto ed efficace sostegno durante tutte le fasi della vita. Si prevede un generale rafforzamento dei fondi sulla disabilità e la non autosufficienza” (…) ”superare la frammentazione dell’intervento pubblico nazionale e locale” (…) ”Servono politiche di housing sociale” (…) favorire il cohousing”.

Due parlamentari del PD hanno presentato un disegno di Legge che fa propria una proposta dell’associazione Professione in Famiglia: deduzione dal reddito di tutta la spesa per la badante. Siamo persuasi che offrire alle famiglie un vantaggio fiscale importante incoraggerebbe alla regolarità e avrebbe l’effetto di dimezzare il nero esistente con un conto pari per lo Stato (spende per il beneficio fiscale, ma incassa Irpef e contributi per i rapporti regolarizzati). Vero che questa misura non risolve il problema delle famiglie più povere, ma abbiamo proposte anche per queste.

Poiché molti politici dichiarano di voler ridurre le tasse noi diciamo: cominciate da qui. Diamoci atto tuttavia  che questi temi sono, per ora, fuori dall’agenda politica e sociale di questo Paese.

(Aldo Amoretti è presidente associazione Professione in Famiglia)

Giovedì, 2. Agosto 2018
 

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