Spesa per pensioni, dieci anni di calma piatta

Dal 1995 al 2005 la spesa pubblica al netto degli interessi è aumentata di circa due punti percentuali rispetto al Pil, ma le "prestazioni sociali in denaro" (voce costituita quasi solo dalla previdenza) sono salite solo dello 0,4%
La finanziaria 2007 è stata approvata, con grande fatica. La maggior parte degli italiani è disorientata; sente che c'è chi la ritiene eccessiva e chi la ritiene insufficiente. Alcuni scoprono che pagheranno qualche euro in più al mese, molti che riceveranno qualche euro in più, e sia gli uni che gli altri sono insoddisfatti.

In questi casi può essere opportuno sollevare lo sguardo e dare un'occhiata a quello che è successo alla finanza pubblica italiana nell'arco del decennio 1995-2005, per poi scendere a guardare più da vicino l'anno appena trascorso e le stime per i prossimi anni. Nella tabella abbiamo le percentuali rispetto al PIL:
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     Spese totali          Spese primarie    
 1995         53,2%          41,5%
 2000         47,4%          40,9%
 2005         48,5%          43,6%
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I dati del 2000 sono al lordo dei proventi delle licenze UMTS (1,2% rispetto al PIL) che vengono registrate nella contabilità come diminuzioni delle spese in conto capitale, ma in questo modo le cifre sono più correttamente raffrontabili.

Come si nota, la quota della spesa totale della P.A. è scesa nel decennio sotto il 50% del PIL, e questo risultato si deve al forte calo della spesa per interessi, scesa di quasi sette punti percentuali. Le spese pubbliche al netto di quella per interessi (c.d. spesa primaria) ha avuto invece una leggera flessione nella prima metà del decennio, per poi risalire più decisamente nella seconda metà, risultando complessivamente più alta di buoni due punti.

Se si presta orecchio ai giornali e telegiornali, verrebbe da pensare che questi due punti di aumento siano dovuti alle pensioni; se prendiamo la voce delle prestazioni sociali in denaro (appunto costituita principalmente dalle pensioni), vediamo che in effetti un aumento c'è stato: dal 16,7% del 1995 al 17,1% del 2005, insomma lo 0,4, cioè il 15% dell'incremento complessivo della spesa primaria. Anche il 2006 dovrebbe assestarsi sulla percentuale del 17,1%, mentre nel 2007 dovremmo salire di ben 0,1% (cioè al 17,2%).

Insomma, sul fronte dei trasferimenti monetari (cioè al 90% spesa pensionistica) calma piatta. Nei dieci anni la crescita è stata mediamente del 4,59%, rispetto ad una crescita del resto della spesa primaria del 5,18%. Certo, è ben noto che tra una decina di anni la curva della spesa pensionistica comincerà a salire, per via della grande fluttuazione demografica che l'Italia, come ed in maggior misura degli altri paese, sta attraversando. Allora le generazioni del baby boom degli anni sessanta incominceranno ad andare in pensione, ed il rapporto anziani-giovani subirà una forte crescita.
 
E' bene ragionare in tempo su questo tema. Ma questo di per se non spiega lo scalone di Maroni; il quale può essere meglio spiegato considerando che la spesa pensionistica è l'unico comparto dove possono essere realizzati nell'arco di breve tempo significativi risparmi. La curva dovrebbe abbassarsi in tre-quattro anni fino ad uno 0,7% del PIL, e generare circa nove miliardi di minore spesa, per un ventennio; sono questi miliardi che fanno gola. Certo poi dopo il 2040 la riforma Maroni determinerà addirittura un aumento della spesa, ma per quella data vale il detto di Keynes "nel lungo periodo siamo tutti morti".  Intanto prendiamoci questo 0,7%.

E tutti quei lavoratori cinquantenni che rimangono senza lavoro? Non è forse vero che in Francia e Germania ci sono ammortizzatori sociali ( e a volte prepensionamenti) indirizzati proprio a questi lavoratori anziani, che nessuno vuole? non è forse un caso che in quei paesi la spesa per ammortizzatori sociali è doppia o tripla rispetto alla nostra?  
Venerdì, 19. Gennaio 2007
 

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