Sinistra, lo spreco dell’8%

L’aspetto più rilevante delle elezioni è stato ovviamente il trionfo della destra a trazione leghista, che, se si aggiungesse la manciata di voti di Casapound e Forza Nuova, supererebbe la fatidica soglia del 50%. Ma – cosa di cui non si è parlato – la somma dei partitini a sinistra del Pd ha raggiunto l’8%, addirittura con un piccolo aumento rispetto al 7,42 del 2018. I dirigenti di quest’area hanno buttato via un risultato rispettabile per l’incapacità di trovare una sintesi

Nelle elezioni europee il tema del futuro dell’Europa non è stato al centro dell’attenzione come avrebbe meritato. È però indubbio che abbiano rappresentato un momento importante di verifica del quadro nazionale in quanto prima prova elettorale di carattere generale per i partiti al governo.

Dando per scontato il ridimensionamento dei Cinquestelle se ne doveva misurare l’entità ponendola a confronto con quella della crescita leghista. Mentre per la sinistra italiana si trattava di una sorta di ultima chiamata, dovendo dare prova di riuscire ad attrarre il voto in uscita dai Cinquestelle riportando nell’alveo dell’offerta politica di sinistra almeno quello che ne proveniva.

Il popolo si è espresso e il responso dei numeri impone un’attenta riflessione. Partendo dal numero più grande, che spicca su tutti gli altri: la percentuale raggiunta dalla destra. I tre partiti che hanno ottenuto seggi hanno sommato il 49,58%. Se aggiungessimo lo 0,48 di Casapound e Forza Nuova supereremmo il fatidico 50%. A una destra che non si ricorda così di destra dal 25 luglio 1943.

Dobbiamo trarne la conclusione che il fascismo è alle porte, o che il popolo italiano ha nuovamente manifestato la sua intrinseca natura di destra (una tesi che dalle parti della sinistra è sempre molto popolare)? Meglio non dare una risposta affrettata e fare prima qualche rapida verifica. Tralasciando il voto amministrativo, in cui entrano in gioco fattori diversi da quelli determinanti per la politica nazionale, la verifica deve basarsi sui movimenti tra le ultime elezioni di carattere generale. In termini di saldi netti, rimandando per un ulteriore affinamento all’analisi dei flussi che l’Istituto Cattaneo ha reso disponibili (vedi qui). https://www.corriere.it/elezioni-2019/notizie/dove-sono-finiti-voti-movi...

Con una doverosa premessa: quello che ci interessa interpretare è l’orientamento dell’elettorato, più che l’andamento dei seggi assegnati nell’Europarlamento. Se anche volessimo interpretare il risultato delle europee come guida per comprendere come risulterebbe composto il Parlamento italiano se si votasse oggi, dovremmo guardare all’elettorato nel complesso, comprendendo gli astenuti. Perché, posta l’ipotesi che la partecipazione ad eventuali elezioni politiche si allinei a quella dello scorso anno, dovremo assegnare ai partiti in lizza il voto di chi dopo essersi astenuto alle Europee tornerà a votare. Parliamo (facendo la mera differenza aritmetica) di 6.245.113 elettori: virtualmente, il secondo partito dopo la Lega, più numeroso del PD.

Ciò premesso, guardiamo all’andamento del voto di destra, comprendendo anche CasaPound:

PARTITI           EUROPEE 2014                      POLITICHE 2018                     EUROPEE 2019

LEGA                           1.686.556                               5.698.687                                 9.153.634

FORZA ITALIA            4.605.331                               4.596.956                                 2.344.465

FRATELLI D’IT.            1.004.037                               1.429.550                                 1.723.232

UDC                            1.199.703                                  427.152

CASAPOUND                                                                312.432                                       88.724

TOTALE                       8.495.627                              12.464.777                             13.310.055

Osserviamo che ha compiuto un balzo di ben 4 milioni di voti tra le europee del 2014 e le politiche del 2018 e in queste ultime ne ha guadagnati altri 850mila. Al suo interno è avvenuta una vera e propria rivoluzione: la Lega ha fatto da calamita, nel 2014 pesava per un 20%, nel 2019 per il 69%; Forza Italia riduce il suo peso percentuale a un terzo di quello iniziale, dal 54% al 18%; Fratelli d’Italia tiene il passo oscillando attorno al 12-13%. Scompare l’UDC (vedi la candidatura di Casini a Bologna) mentre Casapound che si era affacciata nel 2018 travasa i voti nella Lega.

Pesa su questi dati l’andamento degli astenuti, per il diverso richiamo delle Europee rispetto alle politiche: tanto più che crescono anche rispetto al 2014. Ma il dato rilevante è che non si è trattato di un fenomeno equamente distribuito tra gli schieramenti. E se la Lega, in particolare, non ne è stata toccata è anche perché è stato l’unico partito che ha esaltato il valore politico di queste elezioni: prima come resa dei conti con i burocrati di Bruxelles, poi sul finire della campagna elettorale dipingendo il voto come un referendum sulla Lega.

Radicalizzare ha pagato. Ne abbiamo la controprova osservando l’andamento di Cinquestelle e PD.

PARTITI                      EUROPEE 2014           POLITICHE 2018                     EUROPEE 2019

CINQUESTELLE             5.792.865                 10.732.066                               4.552.527

P. DEMOCRATICO(*)11.172.861                   6.530.604                               6.050.351

(*) Il dato del 2018 comprende anche due delle liste in coalizione (esclusa +Europa per omogeneità di confronto con il 2019 in cui si è presentata in una lista a sé)

Non aver colto il valore radicale della partita che si giocava è stato pagato a caro prezzo dai Cinquestelle. O meglio, se ne sono resi conto ma solo quando le scelte più radicali erano alle spalle. E le avevano sbagliate tutte, dall’ambiente alla legalità: le due stelle che pesavano di più sul voto della loro base elettorale. Come risultato, quasi sei elettori su dieci che li avevano votati nel 2018 hanno preferito fare una scelta diversa nel 2019, soprattutto astenendosi e solo in misura molto minore portando il loro voto altrove: a destra – la parte del loro elettorato trasversale più sensibile ai temi tipici della destra radicale, identitaria e securitaria – e in parte anche a sinistra, dividendosi tra il PD, nei limiti di un rimpiazzo degli astenuti, e le liste alternative.

Che cosa continua a tenere lontano quell’elettorato, pure animato da valori e aspirazioni che in gran parte apparterrebbero al campo della sinistra, dai partiti che si collocano in quello schieramento? Una risposta molto gettonata chiama in causa personalismi e ostilità che affondano nel passato, ma con questo non si tocca la sostanza, che riguarda in modo preminente la cultura politica. La risposta è forse più preoccupante e risale invece all’incapacità della sinistra italiana (tutta), figlia del Novecento, di intercettare le istanze emerse dopo la fine del “secolo breve” e la globalizzazione. Si divide, è vero, sulla storia passata ma il guaio è che così perde di vista il presente che cambia.

Il PD oscilla senza risolversi tra la scelta di un moderatismo imbevuto di cultura liberista e quella di un laburismo ancorato ai paradigmi del ford-taylorismo e a un mondo del lavoro che non c’è più, spacciando ancora questa dicotomia come un problema irrisolto di sintesi tra ex-democristiani e ex-comunisti che solo gli archeologi ormai possono comprendere.  Così, nell’attesa di risolvere con un divorzio (consensuale o conflittuale non si sa) la dicotomia, va perdendo contatto con i giovani e con le nuove vittime della globalizzazione che si orientano verso l’astensione o i Cinquestelle.

Ma non va meglio, anzi, alla sinistra che si dice alternativa. È stata condannata dagli elettori: meritatamente, sarebbe da dire, visto che i loro gruppi dirigenti hanno prodotto il disastro di quattro liste, naufragate sotto al quorum nonché sotto le peggiori previsioni della vigilia.

+EUROPA - ITALIA IN COMUNE - PDE ITALIA

822.764

3,09

EUROPA VERDE

609.678

2,29

LA SINISTRA

465.092

1,74

PARTITO COMUNISTA

234.232

0,88

Totale

2.131.766

8,00

 

La somma delle percentuali raccolte fa 8,00. Nelle precedenti elezioni i risultati erano stati questi:

 

2014

 

2018

L'ALTRA EUROPA CON TSIPRAS

1.103.203

4,03

   

VERDI EUROPEI-GREEN ITALIA

245.443

0,90

   

ITALIA DEI VALORI

179.693

0,66

   

+EUROPA

   

841.468

2,56

LIBERI E UGUALI

   

1.114.799

3,39

POTERE AL POPOLO!

   

372.179

1,13

PARTITO COMUNISTA

   

106.816

0,33

totale

1.528.339

5,58

 

2.435.262

7,42

         

N.B. - Nel 2018 +Europa era in coalizione con il PD, diversamente dal 2019. Nel 2019 la parte di Liberi e Uguali di provenienza Articolo 1-MDP ha appoggiato la lista del PD inserendovi due candidati, che non sono risultati eletti.

L’ultima cosa che il gruppo dirigente delle quattro liste può fare è prendersela con gli elettori. Se si confronta il voto di oggi con il 2014 quelle liste, prese nel loro insieme, rappresentano l’unica area in crescita di consensi – al di là, ovviamente, della Lega e, in misura minore, di Fratelli d’Italia. Cresce perfino rispetto alle politiche del 2018, se non comprendiamo nei voti di allora la lista di +Europa che era in coalizione con il PD. Eppure quel gruppo dirigente non è stato in grado di trovare una sintesi, oltre che per effetto delle diverse appartenenze europee, perché avviluppato anch’esso nei retaggi del passato: il che fa temere che non prenderà atto della realtà per fare spazio a una nuova generazione, portatrice di una nuova cultura e frutto di una selezione democratica.

Eppure le due crisi, del PD e della sinistra, si tengono. È ora che prenda corpo una formazione saldamente ancorata alle istanze espresse, per dire, dalle vittime della crescita delle diseguaglianze (movimento 99%, lavoratori precarizzati e atomizzati, popoli spogliati delle risorse dei loro territori, costretti ad emigrare per essere sfruttati), dai giovani che si ribellano allo sviluppo predatorio che minaccia il loro futuro, dai movimenti attivi sui diritti, di quelli per la pace, per la cooperazione e l’arricchimento reciproco tra popoli e culture diverse, contro la guerra e il terrorismo, di quelli che si battono per superare gli squilibri di genere e per l’affermazione di una cultura del riconoscimento e della valorizzazione delle differenze (e del pluralismo).

Qualcuno potrà dire che sono tutte bandiere della sinistra, ma se andiamo a vedere gli atti politici, a tutti i livelli, ci accorgiamo che non c’è sinistra che possa vantare risultati significativi in questi ambiti e che non abbia da rimproverarsi tradimenti imperdonabili. Per questo è difficile, per non dire impossibile, che quella formazione prenda corpo dalle convulsioni del PD o dalla coazione a ripetere della sinistra che si dice alternativa.

Tutto fa ritenere che invece, per non continuare negli errori che stanno determinando un vuoto a sinistra disastroso per la società italiana, debba esserecreata dalle fondamenta, offrendo nuovi spazi, accoglienti, ariosi, sani. E che, piuttosto, se questa novità prenderà corpo,allora sarà forse possibile che anche la storia del PD e delle formazioni alla sua sinistra si sottragga alla condanna a cui, se si deve stare agli anni recenti, sembra irrimediabilmente destinata.

Mercoledì, 19. Giugno 2019
 

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