La tesi che lItalia debba uscire dalleuro per non subire danni irreparabili non ha avuto fino ad oggi molti sostenitori nel nostro paese. A livello politico due partiti di opposizione, 5Stelle (ma con una posizione altalenante e non del tutto chiara) e la Lega, alla ricerca di uno spazio politico dopo essere arrivata a un passo dalla scomparsa e sullesempio del Front National di Marine Le Pen, con il quale è alleata in Europa. Tra gli economisti, pochi e per lo più eterodossi, con la ragguardevole eccezione di Paolo Savona che è stato forse il primo a porre con decisione il problema. La maggior parte degli economisti si è piuttosto dedicata a proporre soluzioni di politica economica che fossero in grado di far superare allEuropa questa crisi che sembra infinita.
Dove siamo e come ci siamo arrivati
Le soluzioni capaci di imprimere una svolta alleconomia europea, impantanata tra stagnazione e depressione, passano inevitabilmente per il livello unitario: nessun paese può riuscire da solo a rovesciare landamento della congiuntura, neanche la Germania che ha leconomia più grande delleurozona.
Questa linea politica cara alle tecnocrazie conservatrici si trova più o meno casualmente in sintonia con gli interessi del paese dominante in Europa, la Germania. Lideologia tedesca non è precisamente omogenea a quella liberista. Questultima mira per esempio a distruggere i sindacati, che invece in Germania hanno un ruolo fondamentale; ha il feticcio della concorrenza, che i tedeschi non mostrano di perseguire a tutti i costi e in tutti i settori; aborrisce lintervento pubblico, che la Germania invece non disdegna. Insomma tra le due visioni delleconomia ci sono differenze importanti.
Gli aiuti serviti a permettere alle banche tedesche (e francesi) di rientrare dai crediti, aiuti a cui hanno contribuito tutti i paesi delleuro, anche quelli in difficoltà, sono stati fatti passare come un generoso soccorso ai greci spreconi, così come i contributi ai Fondi salva-Stati (pagati da tutti anche quelli), come una sgradevole necessità provocata dal comportamento dissennato di quei paesi che per questo si trovavano sotto attacco. Dunque per loro colpa, e non per la colpa tedesca di aver imposto una gestione egoistica e dissennata della crisi greca, che come detto aveva scatenato quella generalizzata.
Tutto questo nel quadro di una globalizzazione che ha messo sotto ricatto i lavoratori dei paesi di più antica industrializzazione, di una finanziarizzazione incontrollata che ha messo sotto ricatto gli Stati, della definitiva affermazione di protagonisti come le mega-corporation, i cui bilanci sono più grandi di quelli della maggior parte dei paesi sovrani del mondo e il cui potere è grande di conseguenza.
Una prima conclusione
Questa lunga premessa serve a trarre una prima conclusione. Leuro non è di per sé negativo e distruttivo nei confronti dei paesi europei oggi in difficoltà. Ad essere distruttiva è la politica europea. Se domani miracolosamente lUnione decidesse la mutualizzazione dei debiti pubblici e una massicia emissione di Eurobond per rilanciare gli investimenti, cancellasse le regole demenziali su deficit, riduzione del debito e pareggio di bilancio, accettasse lipotesi di trasferimenti fiscali interni allarea (cioè che, quando è necessario, i paesi più forti aiutano quelli più deboli, come avviene tra regioni di uno stesso Stato), non limitasse lazione della Bce, la crisi finirebbe rapidamente, leuro non sarebbe più un problema.
Ma il tempo stringe
Un mutamento delle condizioni politiche dunque non è impossibile. Ma è improbabile che sia domani. Domani, invece, potrebbe scatenarsi unaltra fase acuta della crisi. Per questo il piano B è necessario. Ma anche se non arriverà unaltra tempesta ogni giorno che passa in queste condizioni continua a deteriorare la nostra economia, le imprese continuano a chiudere, la disoccupazione rimane a livelli insopportabili, il debito pubblico continua ad aumentare rispetto al Pil, perché il Pil non cresce e non crescerà. Le ultime previsioni Ocse hanno già ridotto allo 0,2% la stima per il 2015, un terzo del pur misero 0,6 dei nostri documenti economici. Verosimilmente ci avviamo al quarto anno consecutivo di recessione e il governo è impegnato essenzialmente in giochi di illusionismo come gli 80 euro o il Tfr in busta paga.
E allora?
E dunque, che cosa si può ragionevolmente fare? Non moltissimo, se questa è la situazione. Magari studiare strade come quella tentata con il referendum anti-austerità, che non è riuscito ad arrivare in porto, ma era una buona idea, anche se non risolutiva. Ci sarà nei trattati o negli statuti delle istituzioni qualche cosa da impugnare, investendo magari la Corte di giustizia europea? Possibile che solo la Germania riesca a farlo per i suoi scopi? E poi, certo, continuare a denunciare lassurdità di questa politica, sperando che lopinione pubblica arrivi a convincersene e smetta di seguire i pifferai che la portano ad affogare.