La propaganda in uno stato di guerra è una necessità. Ma chi comanda, se finisce per credere nella propaganda che racconta, va incontro a disastri.
Per la propaganda ucraina si deve risalire all’annessione della Crimea alla Russia, che l’Occidente avrebbe archiviato senza reagire come sarebbe stato doveroso perché da quella annessione la Russia si sarebbe sentita incoraggiata ad andare oltre e che la Crimea e il Donbass devono invece tornare ucraine non solo per ripristinare i confini riconosciuti nel 1994 ma perché cedere sui territori occupati dall’invasione porterebbe come passo successivo all’invasione dell’intera Ucraina.
La propaganda dei paesi UE parte da qui, andando oltre: se si lascia che la Russia minacci l’intera Ucraina, in un secondo momento proverà a tornare a quelli che erano i confini dell’URSS a occidente, quindi ai paesi baltici. L’Europa, a partire dai paesi scandinavi e da quelli già compresi nell’antica “cortina di ferro” (Polonia in primis) avrebbe di che temere. L’Europa intera, fino a Lisbona. La geografia, la demografia, per non dire la logica elementare, indurrebbero a considerare delirante la parte riguardante l’Europa occidentale: ma la tesi riguardante l’Ucraina è presa sul serio, oltre che da esponenti autorevoli delle istituzioni di quel paese, dalla Polonia e dai paesi baltici e scandinavi aderenti all’UE.
Quanto può influire questo sentimento sulla trattativa? Dopo la svolta trumpiana, sfrondata delle spacconate inquietanti del personaggio, è opinione diffusa che si debba riprendere la trattativa risolvendo il nodo rimasto aperto quando Zelensky ha deciso di mandare a monte il negoziato in coso a Istanbul, in coincidenza (casuale, a suo dire) con una visita lampo di Johnson a Kiev al termine di un rocambolesco viaggio: se deve essere richiesta l’unanimità per le decisioni delle potenze chiamate a garantire la sicurezza dello stato ucraino, ovvero, secondo l’ipotesi allora avanzata, i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU, oltre a Germania, Italia, Polonia, Canada, Israele, Turchia. La Russia poneva il diritto di veto come condizione dirimente per i suoi interessi in quanto la presenza dei paesi NATO, tra cui i quattro maggiori UE (Francia, Germania, Italia e Polonia) sarebbe stata soverchiante. Con queste premesse, se i due più potenti componenti del Consiglio di Sicurezza ONU (USA e Cina) si astengono dall’intervenire come garanti (con Turchia e Israele occupate in altri conflitti) il significato della presenza di forze armate UE in Ucraina al confine con la Russia sarebbe una tregua armata al confine tra UE (Ucraina) e Russia (Donbass e Crimea comprese) che Trump avrebbe concordato con Putin, alle spalle della UE, di cui l’Ucraina entrerebbe a far parte. La narrazione su cui si è basata la propaganda a proposito della guerra in Ucraina si rivelerebbe una profezia auto-avverantesi: non in quanto la Russia invaderebbe l’Europa ma perché l’UE (in ritrovata sintonia con l’UK) le dichiarerebbe guerra (in stato di tregua armata) come paese ostile per decisione degli USA, tornati potenza egemone in uno schema bipolare (anti-cinese). L’Europa Occidentale, compresa l’UK, smentirebbe così l’auspicio solenne con cui si apre lo Statuto dell’ONU, formulato proprio in base all’insegnamento ricavato dalle guerre che avevano segnato la storia europea. Questo è il passo che i reggitori delle sorti dei popoli dell’Europa occidentale starebbero per compiere.
Tuttavia, visto che per l’Europa il prezzo degli errori commessi sarà comunque alto, ora si presenta un’occasione: sarà possibile pagare quel prezzo per correggere la rotta piuttosto che per insistere nella sudditanza e nell’autolesionismo. Proposte in questo senso stanno emergendo da parte degli europei (di sinistra) che in questi anni di guerra hanno mantenuto una visione lucida e, senza nulla concedere al putinismo e senza inginocchiarsi ai piedi dell’osceno re Trump, si sono impegnati nella difesa delle ragioni dell’Europa: non di quella vassalla dell’impero americano in decadenza ma di quella che ha estirpato il nazifascismo dalla sua cultura e dalle sue Costituzioni e ora sa riconoscerlo in tutte le sue forme.
L’Europa, a dispetto dei disegni dei due autocrati che si pongono ai vertici del mondo, può trovare uno spazio basato sulla democrazia: partendo dall’includere l’Ucraina nell’Unione Europea, una volta che con la tregua abbia abolito le leggi marziali e ripristinato la democrazia in tutti gli aspetti. Il costo della sua ricostruzione sarà caro, ma si tratterà di ricostruire un pezzo di Europa. E le risorse che tanto fanno gola a Trump saranno interne al mercato europeo. Andando oltre, si potrà razionalizzare la spesa militare europea, che è già più alta di quella russa, e compiere finalmente il passo liberatorio di smantellare la NATO e, ringraziando gli USA per il loro aiuto, sollevarli dall’incombenza di gestire le basi militari, che passerebbero all’UE. Il debito comune potrà essere così indirizzato dove serve: a rilanciare il reddito dei più svantaggiati oltre che della classe media impoverita, a modernizzare l’apparato produttivo tenendo il passo delle innovazioni tecnologiche che si stanno sviluppando nel mondo e a riprendere il cammino verso l’equilibrio ambientale (che sempre più si configura come un riequilibrio che deve sanare ferite profonde ormai inferte al pianeta).
Per finire con la questione da cui siamo partiti, la forza di interposizione al confine tra Ucraina e Russia dovrebbe tornare ad essere sotto le insegne dell’ONU, provenendo da altri continenti che non siano Europa e nord-America. L’UE tornerebbe così a pensare alle sue regole e a riprendere in mano l’indispensabile riforma dell’ONU. E quanto alle sue regole, l'architettura dell'UE attuale non funziona in quanto aggrava l'afasia, l'incapacità di formulare una visione di prospettiva coerente con la sua ragion d'essere. La ragione principale è che gran parte della sinistra l'ha dimenticata e si è smarrita, ma la regola dell'unanimità aggrava l’afasia con il suo effetto paralizzante. Ebbene, meglio perdere pezzi che perdere la propria ragion d'essere: aver perso un Farage non ha fatto danni (li ha fatti semmai all'UK), la presenza di altri Farage sta facendo male all'UE. La maggioranza del popolo italiano, Meloni o non Meloni, saprebbe da che parte stare.