Se c’è un problema l’Europa è sorda e muta

Sempre pronte e puntuali quando c’è da richiamarci al rispetto delle regole, Bruxelles e Berlino restano inerti, o addirittura ci ostacolano, quando dobbiamo affrontare qualche difficoltà, come per le banche e per i migranti. E come è accaduto con le prime mosse di Macron, che non promettono nulla di buono

E’ ormai diventato un luogo comune dire che agli occhi dell’Italia l’Europa appare sempre più lontana. Sorda e muta rispetto ai nostri problemi e ai nostri desideri. La vicenda drammatica dei migranti, di fronte ai quali nessun Paese europeo tranne l’Italia è disposto ad aprire i propri porti, è solo l’ultima conferma del distacco tra noi e l’Unione europea. Ma purtroppo questo sentimento di lontananza, di diversità è condiviso anche dall’altra parte. Basta fare un giro per i principali ambienti economici e finanziari europei, da Bruxelles a Francoforte, per avere la precisa consapevolezza che il Nord Europa non ci sopporta. Ultimamente, i salvataggi del Monte dei Paschi di Siena e delle due banche venete, avvenuti con soldi pubblici, hanno fatto storcere il naso ai vari think tanks che influenzano l’opinione di una larga parte della classe dirigente europea, quella che si specchia nel neo-liberismo imperante. E hanno acuito la diffidenza verso il Paese europeo che, dopo la Grecia, ha il più alto debito pubblico in rapporto al Pil. Tra i cinque Piigs l’Italia viene messa in compagnia della Grecia, mentre Spagna, Irlanda e persino il piccolo Portogallo sono considerati più virtuosi di noi, perché hanno un debito più basso e crescono più velocemente. Gli economisti e i funzionari italiani che vanno a parlare in Europa di condivisione del debito, attuazione dell’unione bancaria e del mercato unico dei capitali ricevono risposte fredde, se non piccate.

Va detto, a onor del vero, che la Commissione europea e la Bce, e dietro ad esse le cancellerie del Nord Europa, hanno avallato, pur a seguito di difficili negoziati, le operazioni di salvataggio delle nostre banche. E questo ha salvato anche la reputazione dell’Italia sui mercati finanziari internazionali. Forse perché era troppo difficile dimenticare che la Germania prima ha messo in sicurezza il proprio sistema bancario grazie alle sovvenzioni pubbliche e poi ha promosso la direttiva sul bail-in, che obbliga azionisti, obbligazionisti e correntisti sopra i 100.000 euro a ripianare i bilanci delle banche dissestate. Si è così messo una pietra sopra a quello che poteva diventare un pesante contenzioso.

Dall’altra parte però ecco che la rigidità nell’applicazione delle regole riemerge in tema di migranti, con la netta chiusura ad aiutare l’Italia nella fase di prima accoglienza dei rifugiati. Anche qui ci sarebbe da rinfacciare ai tedeschi e all’Europa centro-orientale di aver ricoperto d’oro Erdogan per chiudere la rotta balcanica e di non fare altrettanto con la Libia o altre nazioni africane di provenienza dei profughi. Ma l’Europa obietta che manca sulla sponda sud del Mediterraneo un interlocutore forte e affidabile, che – dietro lauto compenso – si faccia carico di bloccare le ondate di disperati. E ci si rifugia nell’ipocrisia di sostenere – questa volta sì a totale condivisione – che bisogna creare le condizioni per impedire a centinaia di migliaia di esseri umani di fuggire dalle condizioni disperate in cui vivono. In sostanza, si propone un piano Marshall per l’Africa, fingendo di ignorare in mano a quali efferati dittatori gli aiuti finirebbero.

Le conclusioni da trarre sono due. La prima, più che una conclusione, è un sospetto. Il sospetto che in qualche modo ci sia stato nelle vicende più recenti una sorta di scambio, un trade-off direbbero gli economisti, tra la messa in sicurezza con denaro pubblico del sistema bancario italiano e la chiusura a forme di collaborazione più avanzata in materia di immigrazione. Ovviamente nessuno ufficialmente avallerà questa ipotesi. La seconda conclusione è che ancora una volta non si può fare a meno di constatare come manchi in Italia e in Europa la politica con la P maiuscola, quella in grado di guardare oltre il proprio naso e di puntare alla costruzione di una seria idea d’Europa, che, riaffermando i doveri, non neghi i diritti più elementari a chi ne è totalmente sprovvisto. Lasciando perdere le miserie dei politici italiani, erano e sono ancora in molti a sperare che Macron fosse il nuovo leader che potesse imprimere una svolta al vecchio continente. Alla prima prova dei fatti queste speranze sono andate deluse: anche lui, come i suoi predecessori francesi ha lo sguardo rivolto alla Germania, e la Merkel in questo momento se ne avvale per contrapporre a Trump l’idea tedesca di Europa, quella che misura il successo sulla base del numero dei mercati conquistati. Senza parlare poi delle ultime mosse del presidente francese, quelle sulla Libia e lo stop a Fincantieri sull’acquisizione di Stx: anche in questi casi, dall’Europa è giunto solo un assordante silenzio.

Sabato, 29. Luglio 2017
 

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