Saldi, Tremonti e videogames

L'Italia uscirà rafforzata dalla crisi perchè "i consumi di Natale hanno tenuto", ha detto il ministro dell'Economia. Sorvolando sull'appropriatezza della correlazione, c'è però un altro punto di questa tesi che merita un chiarimento

Narrano le cronache che il nostro ministro dell'Economia - definito con sottile perfidia britannica il più colto d'Europa da Tony Blair - intervenendo ad un Convegno internazionale, dopo una furia citazionistica degna di una mediocre tesi di laurea in Economia (un brivido è scorso lungo il filo della schiena del cronista inginocchiato quando egli ha citato persino Carlo Marx), ha descritto le sequenze della crisi mondiale come il susseguirsi dei mostriciattoli di un videogame. Dopo aver abbacinato l'uditorio con questa geniale intuizione del nocciolo delle problematiche economiche - il Nobel si avvicina a larghi passi - lo stesso Tremonti ha dichiarato che l'Italia uscirà rafforzata dalla crisi perchè "i consumi di Natale hanno tenuto". Anche se ci sfugge una troppo stretta correlazione fra panettoni e sviluppo industriale (per colpa nostra, digiuni come siamo di analisi di videogames), vi è un punto di questa tesi che merita un chiarimento.

Il presidente del Consiglio, la Confcommercio e - con qualche riserva - la Confesercenti sostengono che i consumi di fine anno e i primi giorni di saldi hanno avuto un andamento soddisfacente. In particolare, la Confcommercio parla di un aumento del 5% del volume dei saldi, che compenserebbe parzialmente la riduzione del 2% delle vendite nel 2008. L'Adiconsum, il Codacons e i sindacati di categoria sostengono il contrario.

Apparentemente il contrasto è singolare perchè la statistica sembra essere una disciplina quantitativa e, quindi, poco soggetta ad interpretazioni difformi. Nella fattispecie non è così. Un'indagine globale è costosa e richiede tempo; come ognuno sa i dati complessivi (del Pil, della produzione, delle vendite) sono forniti dall'Istat dai 3 ai 5 mesi dopo il momento in cui i fenomeni si sono verificati, rendendo così l'informazione poco utile per le scelte di periodo breve. Donde il ricorso al metodo del campione. Nel nostro caso si può ipotizzare che sia stato selezionato un certo numero di imprese commerciali, stratificato per settore merceologico, volume d'affari e territorio e che su di esso si siano compiute le rilevazioni, i cui risultati vengano considerati significativi dell'andamento generale. Ciò che non sappiamo - benchè una normativa largamente disattesa prescriva che la pubblicazione delle indagini a campione debba essere preceduta o accompagnata dalla descrizione della metodologia con cui i dati sono stati elaborati - è a quale campione si è fatto riferimento. Se ad esempio si fossero scelti un certo numero di negozi nel dicembre del 2008, chiedendo ad ognuno di essi se le vendite in questo periodo sono state maggiori o minori di quelle del corrispondente periodo del 2007, si sarebbe potuto commettere un errore, come mi ha fatto osservare un piccolo esercente durante un colloquio da "economia di bar". Se, infatti, nel corso dell'anno il numero di esercizi che hanno chiuso i battenti fosse superiore a quello dei nuovi entrati, si sarebbe dovuta conteggiare la differenza negativa, includendo in proporzione nel campione un certo numero di esercizi a fatturato zero. Ciò perchè i superstiti acquisiscono, sia pure solo parzialmente, le vendite dei colleghi, per così dire "defunti".

Attendendo quindi precisazioni sul modello di rilevazione impiegato, non ci sfugge, però, un sintomo forse indicativo. E' stato presentato in sede di dibattito parlamentare sul decreto anti-crisi un emendamento che prevede una sorta di cassa integrazione (anomala, come molti dei provvedimenti presentati o immaginati da una coalizione che assomiglia sempre più ad un'arnia di api impazzite) per i titolari di esercizi che abbiano chiuso i battenti. Citando Andreotti (ci scusiamo per la distanza dai livelli culturali di Tremonti) "a pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina".

Non possiamo concludere questa nota senza una comica finale. Richiesto da un sempre tremebondo giornalista di formulare qualche previsione sugli effetti della manovra di cui è titolare sull'andamento del Pil italiano nel 2009, il Nostro, con l'arroganza tipica dei geni, ha bruscamente risposto: "Non mi occupo di astrologia.....ma ho fiducia in Berlusconi, che è un vincente". Con ciò confermando non solo la sua visione magica dell'economia, ma anche una spiccata propensione per quella che l'allora venerando Vittorio Emanuele Orlando definì, in un memorabile discorso alle Camere, parlando di una certa parte della classe politica "cupidigia di servilismo".

Lunedì, 19. Gennaio 2009
 

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