Salario minimo legale, i conti non tornano

Il problema è il suo rapporto con i minimi contrattuali. Se fosse fissato più in basso ci sarebbe la corsa a disdire i contratti nazionali per abbassare legalmente le paghe; se più in alto, oltre a spiazzare la contrattazione, certamente farebbe crescere il lavoro nero

Le successive iniziative del duo Di Maio/Salvini, hanno rafforzato i motivi di profondo disaccordo politico rispetto a provvedimenti che condivido poco o, addirittura, reputo profondamente errati: alludo all’istituzione del cosiddetto “Reddito di cittadinanza” e al progetto, per tutti i tipi di contribuenti, di una flat-tax; a una o due aliquote.

Senza dimenticare la possibilità che anche quest’esecutivo assuma, quanto prima, la decisione di valutare l’opportunità d’istituire, anche nel nostro paese, un salario minimo legale (SmL). È proprio a quest’ultimo tema che, a supporto della mia contrarietà, intendo riservare alcune considerazioni di merito.

Il punto di partenza, naturalmente, è precisare che, quando si parla di salario minimo legale, ci si riferisce a una paga-oraria base, stabilita dalla legge, che rappresenta la retribuzione minima da corrispondere a qualsiasi lavoratore. Scendere al di sotto della stessa significa violare la legge.

È anche opportuno rilevare che, già in altra occasione (1), ritenni opportuno alimentare la discussione in atto sul SmL attraverso una serie di rilievi e valutazioni personali che, naturalmente, non ripeterò in questa sede, se non per sommi capi.

Al riguardo, un elemento importante è che - a differenza dello scorso anno, in cui della istituzione anche nel nostro paese di un salario minimo con forza di legge, si discusse solo nel corso della campagna elettorale - oggi, sull’argomento, risultano già presentati, al Senato, due disegni di legge (2). Nella Commissione Lavoro di Palazzo Madama è stato anche avviato l’iter per una serie di audizioni, allo scopo di approfondire l’esame delle proposte.

Un punto interessante, ma di certo non determinante, è rappresentato dal fatto che il SmL è già presente nella maggioranza dell’Ue. Manca però in Austria, Finlandia, Danimarca, Svezia e Cipro; siamo, quindi, in buona compagnia.

In effetti, da questa situazione già si evince che la presenza di un salario minimo stabilito dalla legge caratterizza, in genere, quei paesi nei quali non esiste una sufficiente “copertura” da parte dei contratti collettivi nazionali. La Germania, che ha adottato il SmL dal gennaio 2015, rappresenta un caso particolare; da approfondire successivamente.

Il SmL, dopo essere stato aumentato (3), in 18 dei 22 paesi dell’Ue in cui è in vigore, va dal minimo della Bulgaria (pari a 260€) al massimo del Lussemburgo, dove raggiunge i 1.998,6 € mensili. Il record di crescita (nel 2017) spetta alla Romania, con un + 50,4 per cento. In Lussemburgo, che resta comunque il paese con il SmL più alto in assoluto, nello stesso periodo è diminuito del 2,1 per cento.

Il SmL, quindi, nasce e si afferma allo scopo di istituire una paga base di riferimento minimo, valevole per tutti i lavoratori, allo scopo - principale - di evitare forme di sfruttamento, attraverso la corresponsione di salari inferiori.

Nel nostro paese, però, i contratti collettivi di lavoro non mancano; anzi, sono troppi, perché se ne contano oltre 800! Non a caso, le ultime rilevazioni nazionali indicano nell’84 per cento la quota di lavoratori dipendenti coperti dalla contrattazione collettiva. Il dato negativo, piuttosto, è rappresentato dal fatto che, secondo il Cnel, i due terzi dei suddetti contratti sono “pirata”, cioè stipulati - di norma, a livello territoriale, settoriale e di azienda - da organizzazioni sindacali diverse da Cgil, Cisl e Uil e con livelli retributivi inferiori al dovuto.

Ma quali sono le motivazioni a sostegno dell’introduzione in Italia del SmL? Tito Boeri, già Presidente dell’Inps e ascoltato studioso, ad esempio, ha sempre teorizzato che esso contribuirebbe a proteggere le categorie di lavoratori a “rischio emarginazione”, che avrebbero, come unica alternativa, solo il sommerso; con lavoro “nero”, “grigio” e in mille altre tonalità. In sostanza, si dice, stabilire un salario minimo faciliterebbe la fuoriuscita dal sommerso di tante aziende che oggi, non potendo corrispondere ai propri dipendenti le retribuzioni previste dai minimi contrattuali dei Ccnl, ricorrono al “nero”, corrispondendo salari notevolmente più bassi.

Quindi, se la logica non è un opzional, se ne dovrebbe dedurre che, per svolgere questo tipo di benefica funzione, il SmL dovrebbe essere fissato a un livello “compatibile”.

Compatibile con cosa?

Come è facilmente intuibile, un SmL superiore ai minimi tabellari medi dei nostri contratti - attualmente pari a circa 7 € orari - non avrebbe senso. Allo stesso modo, un suo valore più basso produrrebbe, come riconoscono gli stessi fautori della riforma, una vera e propria corsa al ribasso delle attuali retribuzioni orarie (4). Per assurdo, si approverebbe una norma inderogabile che autorizzerebbe, però, i datori di lavoro a tagliare le retribuzioni ai propri dipendenti; con la garanzia di non essere perseguibili perché rispettosi di una legge dello Stato!

La soluzione è quella adottata, appunto, dai paesi che hanno già istituito il Sml. Si tratta di fissare l’ammontare dell’eventuale salario minimo in termini percentuali rispetto a un altro, importantissimo, parametro: l’entità del cosiddetto “salario mediano”. A questo riguardo, gli ultimi dati in mio possesso, rispetto a quanto previsto nell’Ue, risalgono, purtroppo, al lontano 2014. Ciò nulla toglie, però, al merito della questione. I due valori devono essere in stretta e compatibile relazione.

Rilevo, quindi, che in Europa - così come nel resto del mondo dov’è presente il SmL - la stragrande maggioranza dei salari minimi fissati dalla legge oscilla tra il 40 e il 50 per cento del valore assegnato al salario mediano. Poche eccezioni - Francia, Portogallo e Slovenia - arrivano a superare la soglia del 60 per cento.

Per analogia, considerato il salario mediano italiano corrispondente a circa 11,50 € l’ora, un SmL pari al suo 40 per cento corrisponderebbe a un valore di circa 5 €; al 50 per cento, corrisponderebbe a circa 6 € e, portato alla pari delle più alte percentuali presenti in Europa, supererebbe i 7 € l’ora; superiore ai nostri attuali minimi contrattuali!

A questo punto, credo appaia sin troppo chiaro che le due proposte di legge, presentate, come già detto, dal M5S e dal Pd, rappresentano una solenne presa in giro. Due indigeribili bufale! Quella del Pd, in misura ancora maggiore rispetto all’altra. Infatti, mentre la senatrice Catalfo propone - bontà sua - un salario minimo orario pari a ben 9 € lordi, il Pd prevede che i suoi 9 € debbano, addirittura, rappresentare il netto da corrispondere ai fortunati lavoratori italiani. In sostanza, entrambe le formazioni politiche hanno la spudoratezza di proporre un SmL tra i più alti in Europa, nel paese in cui le retribuzioni dei lavoratori - a parte quelli dell’Est - sono tra le più basse dell’Unione.

Senza dimenticare che l’Italia già vanta il triste e affatto invidiabile primato di paese europeo nel quale è presente il massimo dell’evasione fiscale e contributiva. Le loro proposte la farebbero esplodere!

In sostanza, grazie al M5S e, in particolare, a Renzi e al suo Pd - attraverso la farneticante proposta del senatore Laus - si realizzerebbe, finalmente, il sogno di quel Lulù Massa (5) che, nelle sue visioni, farneticava su quel paradiso che, oltre il muro, attenderebbe ancora la classe operaia.

Tornando a quanto verificatosi in Germania, è opportuno evidenziare che la stessa ritenne opportuno istituire un SmL, a partire dal 1° gennaio 2015, perché, secondo Oliver Cyran (6), attraverso un’approfondita indagine sugli effetti delle riforme Hartz,(7) appariva chiaro che era stato realizzato un processo di profonda deregolamentazione del mercato del lavoro tedesco; con precarietà diffusa, bassi salari e una generazione di working poor (lavoratori poveri). Da qui, l’esigenza di attuare un salario minimo che - fissato nella misura di 8,5 € all’ora - risollevasse le sorti di oltre 5,5 milioni di lavoratori tedeschi.

In definitiva e per concludere, occorre evidenziare che, a parere di molti addetti ai lavori, di là dei numeri “sparati” dai 5 stelle e dal Pd, dall’ipotesi di arrivare, anche in Italia, alla determinazione di un salario minimo di natura legale, che, nei fatti, comprometterebbe - forse, definitivamente - la forza e la valenza della contrattazione collettiva nazionale, emerge una volontà politica tesa, in sostanza, ad assestare un altro, poderoso, colpo alle rappresentanze sindacali dei lavoratori e ai diritti degli stessi.


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NOTE

(1) “Perché sono contrario al Salario minimo legale” (“finestrasulterritorio”, “Micromegablog” e altri, 28 gennaio 2018)

(2)La prima proposta è stata presentata dalla senatrice Catalfo (M5S), la seconda, dal senatore Laus (Pd)

(3)(fonte: Eurostat)

(4)(fonte: Statutory minimum wages 2018, dell’agenzia Ue Eurofound)

(5) Si realizzerebbe una vera e propria “corsa” alla disdetta dei Ccnl, per retribuire i lavoratori con il nuovo minimo

(6) “La classe operaia va in paradiso”, film di Elio Petri, con il grande Gian Maria Volontè nella parte di Lulù, un operaio metalmeccanico milanese stakanovista

(7)Autore dell’indagine “Del modello sociale tedesco fondato sulle riforme Hartz”

(8)Imprenditore e dirigente della Wolksvagen, consigliere di Gerhard Schroder e ideatore delle riforme.

Venerdì, 1. Marzo 2019
 

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