Salari e Pil - I morti di Torino

Leonello Tronti ci regala un grafico che mostra una relazione diretta tra crescita dei salari e del Pil - Maurilio Menegaldo sulla tragedia ThyssenKrupp

Più salario fa crescere il Pil

Mi permetto di aggiungere, ad integrazione del pezzo di Lettieri, che il fatto di assumere come criterio per la fissazione della retribuzione di primo livello (che copre un biennio alla volta) anche quello della diffusione della contrattazione di secondo livello non è un piccolo miglioramento, ma una scelta di portata molto rilevante.

In primo luogo il significato è quello di spingere i partner sociali a organizzare la contrattazione decentrata: se non vi date da fare a livello locale, si provvede keynesianamente al centro, con le limitazioni che questo comporta. Infatti la crescita delle retribuzioni tabellari di un importo medio corrispondente ai guadagni di produttività ottenuti nel precedente biennio frusta le imprese la cui produttività è cresciuta meno della media. Potrebbe anche spingerle fuori mercato o al nero, ma è un rischio che, dati gli attuali tassi di disoccupazione, possiamo correre.

In secondo luogo, però, allo stato questo è l'unico modo di prevedere una manovra chiara sulla quota dei salari, e quindi sulla possibilità di salvaguardare la crescita del potere d'acquisto e la domanda interna da un lato, e la funzione del salario di pungolo alla riorganizzazione delle imprese e alla produttività dall'altro.

Il punto sulla manovra chiara della quota dei salari è legato al fatto, ampiamente noto, che c'è un legame diretto tra quanta parte dei guadagni di produttività viene distribuita ai salari e l'andamento della loro quota nel reddito: la quota resta costante solo se i guadagni di produttività del lavoro vanno in toto ai salari; se ne va di meno la quota scende, se di più la quota sale.

Una cosa meno nota, invece, è che nel caso italiano si riscontra una relazione significativa tra quota del lavoro dipendente e crescita; guardando i dati dell'economia italiana dal 1970 ad oggi si dimostra un legame piuttosto forte tra quota dei salari e tasso di crescita del Pil nei tre anni successivi. E il livello della quota che si coniugherebbe con una crescita al 3 per cento è più di 5 punti superiore a quello attuale (vedi grafico). E' questa una buona ragione per rirpistinare una legame forte tra crescita della produttività del lavoro e dei salari, anche attraverso il contratto nazionale.

Leonello Tronti

 
 
Urlare al paese che al lavoro c'è chi muore
 

Qualche settimana fa scrivevo delle morti poco televisive: poi sono arrivati i cinque morti di Torino (cinque colleghi, sono metalmeccanico anch'io) e la televisione è intervenuta. Bisogna ammettere che stavolta il boccone era ghiotto: morire bruciati (subito o dopo ore e ore di agonia) è sicuramente raccapricciante e commovente. Ma forse a far arrivare le TV è stata la vecchia Torino industriale: data per morta e sepolta, specialmente dopo il rutilante spettacolo olimpico del 2006, e nonostante la FIAT si ostini a lavorare e a risorgere da una crisi che pareva irreversibile, la vecchia Torino delle fabbriche è riapparsa in piazza con le sue bandiere e il suo dolore per cinque dei suoi che sono morti. Ecco, forse bisogna fare proprio questo, anche perché la strage continua: dire, anzi urlare a tutto il Paese che ogni giorno c'è chi va al lavoro, fa il suo dovere, soffre e muore, ma non da solo; ci sono tanti intorno a lui, solidali, in vita come in morte , disposti ancora a lottare per un domani migliore. Al di là della rabbia e delle polemiche che ci auguriamo tutti che siano almeno per una volta utili, credo che questa sia la miglior lezione che lavoratrici e lavoratori possono dare a una nazione che sprofonda, giorno per giorno, nell'indifferenza e nell'egoismo.

Maurilio Menegaldo
Lunedì, 17. Dicembre 2007
 

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