In ricordo di Pierre

Un grande sindacalista, un intellettuale e insieme un uomo ricco di passione, una persona a suo modo austera e ricca di umanità. Anche dopo aver lasciato la segreteria generale della Cisl, le iniziative e la riflessione politica di Carniti rimasero indissolubilmente legate ai temi del lavoro, della sofferenza derivante dalla disoccupazione che considerava una ferita della dignità dei lavoratori, della lotta alla diseguaglianza. Continuò a coltivare l’obiettivo del pieno impiego proponendo forme più avanzate di riduzione dell’orario di lavoro

Questa rivista on line alla quale state rivolgendo la vostra attenzione, e forse uno sguardo rattristato dagli eventi, ebbe origine sedici anni or sono per iniziativa di Pierre Carniti e di un gruppo di amici comuni. Oggi, di fronte alla sua scomparsa, tutti, amici e compagni, c’inchiniamo con affetto fraterno e con il ricordo e il ringraziamento per la sua dedizione, per la guida intelligente e per la passione che sapeva infondere nel collettivo che lo circondava.

Pierre è stato al tempo stesso un sindacalista, un grande sindacalista, un intellettuale e insieme un uomo ricco di passione. Una persona a suo modo austera e ricca di umanità. Aveva una voce con un timbro particolare, un po’ rauca, che con toni più alti o più lievi lo caratterizzavano nei grandi comizi di piazza come nelle riunioni ristrette delle stanze del sindacato. Era sempre uguale a se stesso. Parlargli era un'esperienza gratificante, anche quando accadeva di non essere d’accordo. Nelle sue posizioni si mescolavano la convinzione, la razionalità dell’argomento e la passione politica, innalzando il discorso sindacale dalla necessaria concretezza e operatività al livello di una posizione politicamente e moralmente motivata.

Cominciai a frequentare Pierre negli anni sessanta, quando era un dirigente della FIM-Cisl a Milano. Nella primavera del 1965 gli chiesi di partecipare a una tavola rotonda su Problemi del socialismo, la rivista diretta da Lelio Basso, con Luciano Lama, Bruno Trentin, Piero Boni e Elio Giovannini sul tema dell’unità sindacale. Era ancora una prospettiva lontana, ma Pierre con la chiarezza che lo distingueva già a quell'epoca ne tracciò le difficoltà e insieme la necessità di procedere su quella strada fondendola con quella della piena autonomia del sindacato. Il traguardo sembrava lontano, ma ormai il discorso unitario si faceva strada nelle fabbriche e tra i delegati.

L’autunno caldo del ’69 con la forte lotta dei metalmeccanici consentì di bruciare le tappe. La Fiom, la Fim e la Uilm costituirono la FLM, e nella sede del Palazzetto verde di corso Trieste i dirigenti sindacali delle tre categorie si mescolarono, superando l’unità d’azione nel segno dell’unità organica, come allora si diceva, che pur non cancellandole, superava le distinzioni provenienza.

Pierre Carniti, Bruno Trentin e Giorgio Benvenuto inaugurarono una nuova stagione del sindacalismo italiano. La sede della FLM divenne meta di delegazioni dei sindacati di mezza Europa, che con curiosità e interesse guardavano al processo unitario del sindacalismo italiano conosciuto per la sua forza, ma anche per la sua divisione. Centinaia di migliaia di lavoratori metalmeccanici , fino ad allora estranei all’organizzazione sindacale, presero la tessere della FLM. Senza la determinazione di Pierre, quel passaggio storico si sarebbe infranto sulla molteplicità delle resistenze che provenivano da altre ali del sindacato italiano.

Ciò che non riuscì – e so che Pierre era pienamente convinto della necessità di quel passaggio - fu il tentativo di fare dell’unità dei metalmeccanici la piattaforma di lancio dell’unità organica delle tre confederazioni, CGIL CISL e UIL. Sarebbe nato uno dei giù forti, se non il più forte, sindacato confederale in Europa.

Quando, anni dopo, Carniti giunse alla segreteria generale della Cisl molte cose erano cambiate. La straordinaria occasione dell’unificazione sindacale era stata dissipata. L’unità d’azione non era più sufficiente per confrontarsi con le difficoltà dei primi anni Ottanta. La sconfitta dei metalmeccanici alla Fiat nel 1980 era stato un segno premonitore. Ricordo la delusione e la contenuta tristezza di Pierre a Mirafiori dove si dovette presentare un accordo difficile, dopo un lungo sciopero, che i lavoratori non potevano non leggere come una sconfitta.

 Gli anni successivi furono connotati da momenti di scontro non solo col padronato, ma col governo sul tema della scala mobile. Il quadro politico era deteriorato e la rottura fra il PCI e il governo Craxi incise profondamente sul movimento sindacale.

Dopo aver lasciato la segreteria generale della Cisl, Pierre fu deputato del Parlamento europeo. Ma la sua iniziativa e la sua riflessione politica rimasero indissolubilmente legate ai temi del lavoro, della sofferenza derivante dalla disoccupazione che considerava una ferita della dignità dei lavoratori. Continuò a coltivare l’obiettivo del pieno impiego proponendo forme più avanzate di riduzione dell’orario di lavoro. Il tema della lotta alla diseguaglianza fu costantemente il centro del suo orizzonte sindacale e politico.

Non ostante il trascorrere degli anni, la sua vivezza intellettuale era sempre la stessa che avevo conosciuto in età giovanile. In più vi era una dimensione culturale che approfondiva l’acutezza del suo pensiero. Ne fanno fede i contributi di una freschezza sempre sorprendente con i quali coltivava la crescita di questo modesto strumento di analisi e di confronto per il quale, non a caso, aveva proposto il titolo che porta: "Eguaglianza e Libertà". Mancherà molto a noi e a una straordinaria quantità di amici e compagni che hanno avuto la fortuna e il piacere di conoscerlo e fruire della sua amicizia. Ci mancherà molto. Con questi sentimenti, esprimiamo le nostre sentite condoglianze alla moglie e ai figli.

Mercoledì, 6. Giugno 2018
 

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