Ricchezza finanziaria, perché è giusto tassarla di più

Il "fisco diverso" invocato nell'articolo di Maurizio Benetti dovrebbe preoccuparsi anche di riequilibrare il prelievo, alleggerendo quello sul lavoro dipendente e attingendo invece risorse dall'abnorme massa di attività finanziarie che si è formata come contraltare dell'altrettanto gigantesco debito pubblico

Credo utile integrare il ragionamento di Maurizio Benetti con una considerazione sul particolare aspetto della tassazione delle rendite finanziarie. Su questo tema il centro-sinistra è venuto meno ai principi che afferma in astratto e che dovrebbe applicare nella prassi. È comprensibile la difficoltà di fronteggiare uno schieramento che della riduzione delle tasse ha fatto la sua bandiera (anche se sul tema ha fatto ben poco), ma è ancor più difficile se l’ipotesi della tassazione non viene argomentata ed inserita in un più compiuto progetto politico da sottoporre al vaglio dell’elettorato.

In Italia, si sa, la ricchezza finanziaria è abnorme rispetto a qualsiasi parametro la si voglia rapportare. Il motivo solitamente addotto – anche per lisciare l’elettorato nel verso del pelo – è che il nostro è un popolo che unisce alla virtù della laboriosità quella del risparmio. Poiché non devo essere eletto da chicchessia, mi sento di poter serenamente affermare che questa è pura retorica. Certo, da noi la cultura del risparmio ha radici profonde più che altrove, ma questo spiega solo una parte, per di più piccola, della patrimonializzazione finanziaria delle famiglie.

Questa è stata gonfiata dalla circostanza che per almeno un quarto di secolo motivi geopolitici hanno indotto i governi di allora (l’alternanza era di là da venire) a mantenere moderata l’imposizione fiscale finanziando i conseguenti disavanzi con debito. Quasi sempre si trascura che non ci può essere un debito senza che a fronte vi sia un corrispondente credito, trascurando così, di conseguenza, che a fronte del gigantesco stock di debito pubblico si è formato anche un parimenti gigantesco stock di credito privato. È questo stock di credito, formatosi per altro quando i mercati finanziari erano chiusi e rigorosamente limitati i movimenti di capitale, che ha concorso ad elevare a livelli anomali la ricchezza finanziaria delle famiglie; una ricchezza che non esisterebbe se i conti pubblici fossero stati costantemente in equilibrio.

E non basta. Questo processo ha determinato profonde iniquità distributive sia perché di esso hanno potuto beneficiare quanti già disponevano di un reddito col quale sottoscrivere i titoli di debito emessi dallo Stato; sia perché gli elevati tassi di interesse di quegli anni hanno determinato una sorta di auto alimentazione dei patrimoni finanziari; sia infine perché (ciliegina sulla torta) la partecipazione alla moneta unica ha imposto un preventivo processo di armonizzazione in virtù del quale il valore di mercato di una buona parte dei titoli di Stato è mediamente raddoppiato. La circostanza che con le liberalizzazioni questi patrimoni hanno cominciato a differenziarsi (ma anche qui, irrobustendosi ulteriormente con le speculazioni contro la lira dei primi anni ’90 e la conseguente “privatizzazione” delle riserve valutarie della Banca d’Italia) investe la forma, non la sostanza o tanto meno l’origine di quella ricchezza finanziaria.

E allora c’è da chiedersi: posto che quel che è stato è stato, sui frutti di una ricchezza così formata; di una ricchezza molto più simile a manna piovuta dal cielo che a più o meno sudati risparmi, vogliamo imporre una tassazione che non sia quella risibile attuale?

Non si tratta di presentarsi come “il partito delle tasse”, ma con un serio progetto di sostituzione di una parte del gettito prodotto dalla tassazione del lavoro dipendente con gettito tratto da frutti delle attività finanziarie, con tanto di effetti apprezzabili e durevoli sulla equità distributiva, sul costo del lavoro, sulla domanda interna. Non sarebbe un bel colpo che il centro-sinistra, anziché inseguire il centro-destra sul suo populistico terreno, potrebbe battere per testimoniare una sua autonoma capacità propositiva coerente con i principi che va affermando?

Giovedì, 5. Novembre 2009
 

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