Prima è stato dichiarato morto il comunismo, poi il socialismo, poi la socialdemocrazia. La nuova frontiera, oggi, consiste nel dichiarare obsoleta la distinzione fra destra e sinistra, perché in fondo ci sarebbe un solo modo giusto di governare e basta essere persone sensate e di buona volontà per trovare un punto dincontro su quello che è necessario fare.
Prima di continuare bisogna forse ricordare un fatto. Nella maggior parte dei casi sono le idee ad essere al servizio degli obiettivi che ci si propongono, e non viceversa come ci insegnavano a scuola. Oggi lobiettivo di una larga parte dei ceti dirigenti è ottenere alcune riforme in senso liberista e antistatalista e di ridurre le garanzie, considerate eccessive, nel mondo del lavoro. Intorno a questi obiettivi si esercitano i nuovi intellettuali organici, che hanno il compito di spiegare che le cose non sono come sembrano, ma proprio allopposto: che conservare garanzie faticosamente conquistate è, appunto, da conservatori. Un liberista integralista come il professor Alberto Alesina ha scritto persino un libro per sostenere che competizione, concorrenza e riduzione del ruolo dello Stato sono le vere, nuove idee di sinistra (ma come, non era obsoleto il concetto di sinistra?).
Poi cè la competizione sul mercato politico, specie ora che le elezioni sono alle porte. Il Partito democratico di Walter Veltroni, partito in forte svantaggio, ha evidentemente puntato a recuperare quella parte dellelettorato che vorrebbe un governo moderato, ma non si fida della destra indecente e inconcludente di Silvio Berlusconi. Non in altro modo si possono spiegare le candidature di persone come il giuslavorista Pietro Ichino, alfiere della battaglia contro larticolo 18, e lex leader degli imprenditori veneti e falco delle Federmeccanica Massimo Calearo, tra le cui prime dichiarazioni da candidato si segnala quella di sollievo per la caduta del governo Prodi. Non in altro modo si può spiegare che Veltroni in unintervista al Pais abbia tenuto a precisare che il Pd non è un partito di sinistra, ma riformista, termine buono per tutte le politiche. A fidarsi dei sondaggi sembra che il recupero stia riuscendo, Resta da vedere, ove il Pd riuscisse a vincere, in che cosa si sostanzierebbe il riformismo del suo governo. Non sono le parole, che spaventano, specie in campagna elettorale. Ma poi si passa ai fatti, e allora bisogna fare delle scelte che non sono mai neutrali.
Ma torniamo al dibattito su destra e sinistra, in cui tra gli altri sono recentemente intervenuti (su Repubblica) due intellettuali di livello europeo come Antony Giddens e Marc Lazar. In entrambi i casi nel definire che cosa genericamente è di sinistra si fa riferimento anche a fattori culturali come le istanze di tipo libertario e lattenzione ellevoluzione dei costumi, mentre la destra viene identificata tra laltro con una certa maggiore rigidità morale e con il tradizionalismo culturale. Ebbene, può darsi che di fatto qui ed ora le cose stiano effettivamente in questo modo, ma dal punto di vista analitico e generale questo tipo di osservazione appare del tutto sbagliato. Le persone si dividono rispetto a un certo numero di discriminanti: latteggiamento di fronte alla religione; o di fronte alla morale; o di fronte ai problemi ambientali; o di fronte ai problemi economici (naturalmente si potrebbe continuare). Se si vuole mantenere un significato al concetto di sinistra, è solo a questi ultimi che bisogna guardare, perché allargando il campo si entra in un terreno in cui tutto si confonde.
Non è affatto vero che le istanze libertarie e a favore dei diritti civili siano una caratteristica della sinistra. In Italia, per esempio, i più accaniti e coerenti sostenitori di queste istanze sono da almeno mezzo secolo i Radicali, figli senza alcun dubbio della cultura liberale. Non è un caso che nella scorsa legislatura avessero aderito al Polo berlusconiano (e una parte di loro tuttora vi alberga). Nemmeno latteggiamento di fronte alla religione organizzata può essere considerato un elemento essenziale dellessere di sinistra. Personaggi di destra come De Gaulle e Giscard non assomigliano di certo ai nostri baciapile, e in Italia abbiamo avuto i cattolici comunisti e quelli reazionari, e nello stesso Pd coesistono cattolici laici come Rosy Bindi, Paolo Gentiloni e Livia Turco e cattolici-col-cilicio come Paola Binetti e Luigi Bobba. Daltronde, quale personaggio politico più di Amintore Fanfani ha rappresentato il conservatorismo morale e lintegralismo cattolico? Eppure, la sua riforma agraria è stata forse la riforma più di sinistra che sia mai stata fatta in Italia e il suo Piano casa è lultimo provvedimento organico in materia che si ricordi. Analoghi discorsi si potrebbero fare per lambientalismo. In questi casi si può parlare forse di progressismo e conservatorismo (un progressista non è necessariamente di sinistra; un conservatore può non essere di destra), di maggiore o minore apertura mentale e disponibilità al nuovo, di maggiore o minore tolleranza: tutti aspetti che non sono specifici dellessere di destra o di sinistra.
E nella concezione dellorganizzazione sociale e delleconomia in particolare, invece, che si può trovare il vero discrimine tra destra e sinistra. E un discrimine, per esempio, privilegiare la competizione sociale anche a costo del rischio di far trovare le persone in situazioni di gravi difficoltà. E un discrimine porsi il problema dellequità sociale, ossia cercare di mitigare il livello di disuguaglianza. E un discrimine tentare di ridurre larea dei diritti civili (alla salute, allistruzione, alla previdenza) in nome del fatto che ognuno debba prendersi le proprie responsabilità, e quindi in sostanza cavarsela quanto più possibile da solo. E un discrimine ma qui molti non saranno daccordo sostenere che larea del welfare va ridotta per lasciare spazio ad attività volontarie in favore del prossimo e alla generosità collettiva.
In un mondo in cui, mentre aumenta enormemente la ricchezza globale, si spiega ai lavoratori dei paesi di più antico sviluppo che letà delloro è finita e che i figli staranno peggio dei padri, che bisogna rinunciare a sicurezze (sempre relative) e garanzie pena la bancarotta dellindustria e del paese, in un mondo di questo genere certo ha senso proclamare che la distinzione fra destra e sinistra è sorpassata. Ma un senso, però, molto preciso: un senso di destra.
Tutti questi discorsi teorico-culturali, nella situazione italiana attuale, mirano a un obiettivo niente affatto teorico. Le prossime elezioni, fatte di nuovo con il porcellum, non danno alcuna garanzia che dalle urne esca una maggioranza con numeri sufficienti per costituire un governo stabile. E se anche questa maggioranza ci fosse e andasse allo schieramento di destra, Berlusconi ha già fornito ampie prove, nella legislatura che ha guidato, di essere assolutamente incapace (o di non avere alcuna volontà, il risultato non cambia) di attuare il programma ritenuto necessario da quella parte dei ceti dirigenti di cui si diceva (la definizione è rozza, ma comunque rende lidea). Meglio puntare fin da subito, allora, su una grande coalizione Pd-Pdl: non solo si supererebbe largamente il problema dei numeri, ma nel nuovo Partito democratico si possono forse riporre quelle speranze che Berlusconi ha già deluso.
La grande coalizione potrebbe nascere con il pretesto di riscrivere in modo bipartisan le regole del giuoco: e chi potrebbe contestare una simile necessità? Ma poi un governo deve governare, non può occuparsi solo della riforma istituzionale, perché il mondo continua a girare e molto in fretta. E se lazione di governo dovesse rivelarsi soddisfacente, non si vedrebbe il motivo che si dimettesse appena approvata la riforma. Il problema è: soddisfacente per chi?
Fino ad ora Veltroni ha mostrato di voler giocare questa partita, con la rottura a sinistra e le candidature-shock. Del resto, essendo il problema quello di recuperare voti, la concorrenza a sinistra era impossibile, e dunque era giocoforza puntare decisamente al centro, con numerose incursioni nellarea moderata a caccia di voti scontenti. Una tattica che potrebbe persino riuscire in quello che solo un mese fa sembrava impossibile, cioè vincere le elezioni o almeno pareggiare. Resta un mistero quello che potrà accadere dopo: nellipotesi, oggi ancora poco probabile, che il Pd vinca, come sarà il suo riformismo? E accetterà di costituire un governo con un partito che schiera Berlusconi, Ciarrapico, Cuffaro?. La speranza è lultima a morire. Basta che dopo le elezioni non la uccidano.