Mr. Bloomberg e Mr. Berlusconi, l’impossibile paragone

E' vero che la soluzione di New York non è perfetta. Ma con il caso italiano c'entra poco
I commenti sulla decisione del Conflict of Interest Board di New York sul sindaco Michael Bloomberg sembrano quelli del dopo-elezioni: tutti i partiti cercano di dimostrare di aver vinto, mettendo in evidenza quella parte dei dati che conforta la loro tesi. Così, i supporter di Silvio Berlusconi cantano vittoria perché il Board non ha imposto la vendita della rete tv, mentre gli oppositori sottolineano i molti obblighi che il sindaco dovrà rispettare e sostengono che si tratta di una soluzione assai migliore rispetto quelle prefigurate dalla legge preparata dal ministro Franco Frattini.

Prima di riassumere l’essenziale delle decisioni del Board (ma per chi ne avesse voglia, ecco il link al documento integrale) bisogna dire due cose: primo, quelle decisioni non risolvono completamente il problema del conflitto di interesse, e non lo risolvono proprio nella parte relativa al mantenimento della proprietà della tv; secondo, il paragone tra Bloomberg e Berlusconi è impossibile e improponibile. Il primo è alla guida di una delle più importanti città del mondo, ma è pur sempre un sindaco: i potenziali conflitti d’interesse a cui è esposto sono per ciò stesso limitati. Berlusconi, invece, è in oggettivo conflitto di interesse quasi ad ogni passo.
 
Si badi bene, parliamo di conflitto d’interesse “oggettivo”. Sarà bene fare un semplice esempio che non c’entra niente con Berlusconi.
 
Prendiamo l’ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco. Uno dei provvedimenti più importanti della sua gestione è stata l’introduzione dell’Irap, una nuova imposta sulle imprese che ne sostituiva varie altre. Il meccanismo di questa imposta era tale da creare, rispetto al regime precedente, uno svantaggio per alcuni tipi di imprese e un vantaggio per altre. In particolare furono avvantaggiate le banche, che nel primo anno di applicazione pagarono ben 3.300 miliardi di lire di imposte in meno. Che cosa si sarebbe potuto pensare, se Visco avesse avuto la “mera proprietà” di una banca? Oppure di un’altra grande impresa che era favorita dalla nuova legge? (Tra l’altro, anche Mediaset è stata avvantaggiata dalla produzione legislativa della gestione Visco...).
 
Questo per dire che si può essere la persona più onesta del mondo, come certamente risulterà Berlusconi quando tutti i processi a suo carico saranno conclusi (specie se nel frattempo saranno approvate le riforme della giustizia), ma se esiste un conflitto d’interesse “oggettivo” non si può mai essere al riparo da quello che potremmo chiamare un “legittimo sospetto” (no, non quello a cui tiene tanto la maggioranza!...).
Detto questo, veniamo alle decisioni su Bloomberg. Il sindaco dovrà vendere azioni per circa 45 milioni di dollari che possiede in 95 diverse società quotate e in un Hedge Fund. Questo perché, osserva il Board, le gestisce direttamente e deve evitare di trattare, nella sua veste pubblica, con aziende delle quali è azionista. Si fa l’esempio della Waste Management, colosso della gestione di rifiuti e appaltatore di servizi cittadini. Bloomberg deve vendere entro 90 giorni, anche se, come ha osservato il New York Times, “potrebbe costargli qualcosa”, perché alcune azioni possono aver perso valore ed altre possono essere state acquistate troppo di recente per poter beneficiare della tassazioni più favorevole sugli investimenti a lungo termine. Si noti che si tratta di tutto il patrimonio azionario posseduto da Bloomberg (tranne la sua azienda). Il ricavato potrà investirlo in un Fondo d’investimento “grande e molto diversificato”. Il sindaco possiede inoltre obbligazioni emesse dalla città di New York: quelle può tenerle e se vuole può anche acquistarne altre, ma poi non potrà venderle (a meno di comprovati casi di emergenza); e dovrà inoltre astenersi dalle eventuali decisioni su rimborsi anticipati dei titoli.
 
Già, ma “where is the beef?”, direbbe a questo punto Giuliano Ferrara, “dov’è la ciccia?” Finora abbiamo parlato di qualche milione di dollari, mentre la tv vale 4 miliardi di dollari. Vero, ma la tv di Bloomberg non è di quelle che ci si mette a vedere la sera in poltrona, per guardare uno spettacolo o un dibattito politico. E’ una tv via cavo, specializzata nella finanza e che richiede un abbonamento. E’ molto diffusa nei luoghi di lavoro dove si gestiscono soldi, ma solo i privati che hanno uno specifico interesse (per esempio i trader on line) la seguono, e infatti non ha neanche l’1% di quota di mercato. C’è qualche differenza rispetto a Berlusconi, le cui reti hanno quasi la metà del mercato e da cui dipendono i destini della Rai che ha l’altra metà.
Non c’è bisogno di dire che le occasioni di conflitto di interesse tra il sindaco di New York e una tv finanziaria sono incomparabilmente minori di quelle di Berlusconi. Il Board comunque si è esercitato come ha potuto - abbiamo già osservato che questa è la parte più debole del dispositivo - per controllarle. Bloomberg ha lasciato ogni incarico operativo, cosa che formalmente ha fatto anche Berlusconi. Si è impegnato a non partecipare alle decisioni che il Comune dovesse prendere riguardo alle televisioni via cavo, né a quelle in cui possa essere implicata la Merril Lynch, il grande gruppo d’investimenti che è socio al 20% della tv. Ha fornito l’elenco dei primi 100 clienti della sua società, precisando che il maggiore conta meno del 4% sul totale degli incassi e che ce ne sono vari altri fra l’1 e il 3%. Il Board ha stabilito che se uno di questi dovesse superare il 10% Bloomberg dovrà darne tempestivamente notizia. Si è persino sottolineato come punto specifico l’autorizzazione a Bloomberg a donare alcuni terminali che erano già installati da tempo in alcuni uffici cittadini.
 
Nonostante tutti questi provvedimenti, ripetiamo che questa parte non appare risolutrice di ogni possibile conflitto d’interesse. Ma ripetiamo anche che la situazione dei due tycoon non è confrontabile, e non è certo un caso che la stampa americana abbia dedicato più attenzione agli obblighi relativi alla vendita delle azioni che al possibile conflitto che deriva dal mantenimento della proprietà della tv.
 
Per fare davvero un confronto bisognerà aspettare che qualcuno compri la Nbc e la Abc e poi si faccia eleggere presidente. Ma forse bisognerà aspettare parecchio.
Giovedì, 12. Settembre 2002
 

SOCIAL

 

CONTATTI