Dopo lassemblea, alla quale avevano invitato il ministro Fornero, i lavoratori dellAlenia non mancarono di esprimere il loro apprezzamento per il fatto che il ministro aveva accolto il loro invito al confronto. Fornero aveva utilizzato tutta la sua capacità professorale per spiegare il senso delle riforme in cui è impegnato il governo ma, come era prevedibile, senza averli convinti. Ma anche i loro interventi ammisero i lavoratori per quanto motivati con inoppugnabili dati di fatto, non avevano minimamente scalfito le certezze del ministro. Rimane il fatto che i lavoratori avevano dalla loro parte gli argomenti di una schiera sempre più fitta di analisti e commentatori economici che considerano la politica europea di austerità un errore catastrofico, probabilmente destinato ad affondare leuro insieme con una parte dei paesi che ne fanno parte.
Lausterità è un cane che si morde la coda. I mercati chiedono misure restrittive per calmare il loro appetito speculativo ma, di fronte alla recessione che si aggrava, lappetito ricompare più vorace di prima. Paul Krugman riferendosi alle politiche europee, di cui il governo Monti è uno dei più fedeli e apprezzati esecutori, non ha esitato a definire una follia lostinazione della politica europea, guidata dallasse Berlino-Francoforte- Bruxelles. Ma si tratta, evidentemente, di giudizi che non scuotono il ministro del Lavoro. Le sue certezze hanno un fondamento che non può essere scalfito dalle critiche dei vari Krugman, Stiglitz, Fitoussi e, men che meno, dai lavoratori dellAlenia.
La domanda è: perché? Certamente Fornero e, più ancora, Monti non ignorano quelle critiche e il loro fondamento. Il punto è che si muovono sulla base di una filosofia diversa, e anzi contrapposta. Dal loro punto di vista, lausterità è solo un lato della medaglia, quella più contingente che prima o poi avrà esaurito i suoi effetti, per quanto dolorosi. Ciò che li interessa è laltro lato della medaglia, le riforme di struttura. Ieri le pensioni, oggi il mercato del lavoro. (Le liberalizzazioni dei taxi, delle farmacie o delle edicole di giornali sono la parte estetica del fervore riformista, per non dire il fumo negli occhi). Nella loro filosofia neoliberista, ciò che più conta nellambito del paradigma delle liberalizzazioni, è la liberalizzazione del mercato del lavoro. In un certo senso, per quanto paradossale, la concorrenza fra i lavoratori a caccia di un posto di lavoro.
Lorganizzazione del mercato del lavoro condiziona inevitabilmente il rapporto fra le imprese e milioni di lavoratori sui temi del salario e delle condizioni di lavoro. La rimozione dei vincoli, delle regole collettive, in primo luogo contrattuali, fa parte di una filosofia economica antica, riportata in auge non senza successi dalle politiche neoconservatrici degli ultimi trentanni soprattutto nel mondo anglosassone ma, sia pure incontrando una grande resistenza, anche nei confronti di quello che si definisce il modello sociale europeo.
Lattacco alla contrattazione nazionale, un vincolo di solidarietà e di bilanciamento tra le aree più forti e le più deboli del mondo del lavoro, rientra in questa filosofia. Se la contrattazione si frantuma, il salario perde i suoi punti di riferimento. I rapporti di forza si misurano senza schermi di protezione. Vince il più forte. In definitiva, la parte che dà e toglie il lavoro.
La crisi, così ragionano i sacerdoti della dottrina liberista, primo o poi passerà, ma ciò che conta sarà il lascito di riforme del governo dei tecnici, che finalmente sarà riuscito dove i politici, vittime dellordinaria dialettica democratica, sono soliti fallire. In questo quadro la crisi diventa unopportunità e i tecnici sono chiamati per sfruttarla. Lausterità è la parte più immediatamente disastrosa del binomio che comprende le riforme di struttura. La componente nel lungo periodo più rilevante, il cambiamento più profondo, è nella strategia delle riforme di struttura: il ridimensionamento dello stato sociale e la deregolazione del mercato del lavoro.