Misure anticrisi, realtà e illusioni

Analisi del più recente pezzetto della manovra, enormemente più modesta di come la si è presentata. A parte un certo sentore classista, l'affermazione che il suo importo potrà raddoppiare grazie ai fondi europei è campata in aria

Dopo molti tentennamenti e bracci di ferro (occulti) il governo ha varato un altro "pezzo" di manovra anti-crisi, sempre sotto la pressione delle lobbies e sempre senza un organico piano di sviluppo. Gli interventi, secondo il presidente del Consiglio, consisterebbero in una manovra di 40 miliardi (in tre anni), che diventerebbero – sempre secondo Berlusconi - 80 per l'aggiunta di altri 40 certamente ottenibili dai fondi comunitari.

 

Si è ritenuto di agire direttamente sulla domanda di particolari prodotti e settori, mediante il meccanismo dei bonus e degli sgravi fiscali. I provvedimenti varati possono essere esaminati sotto vari punti di vista: la congruità dimensionale; l'efficacia a breve-medio periodo; la funzionalità rispetto alla natura della crisi, non più solo finanziaria, ma, come più volte da noi sostenuto - non da soli - strutturale. Come noto, tali interventi riguardano gli acquisti di autoveicoli, moto, elettrodomestici, nonchè alcuni limitati provvedimenti a favore delle imprese operanti nei distretti industriali.

 

Sulla congruità valgono le osservazioni fatte da molte parti e le comparazioni con altri paesi, per quanto concerne le esigue dimensioni di singole manovre a pezzi e bocconi che appartengono ormai ad una prassi consolidata di questo governo. Vorremmo solo ricordare che lo scampolo di manovra è pari all'1,3 per mille (!!) del Pil. Indubbiamente il peso del debito pubblico, il calo del gettito tributario anche per un certo allentamento della lotta all'evasione, l'esigenza di coprire gli sperperi Alitatia ed Ici, e infine l'incapacità di tagliare i costi della politica, hanno giocato un loro ruolo. Tuttavia nel breve periodo i provvedimenti sembrano tecnicamente ben congegnati. Poco è meglio di niente. Ricordiamo che analoghi provvedimenti furono adottati da altri governi di centro-sinistra, fra le grida di protesta dell'allora opposizione di centro-destra. Paradossalmente gli incentivi costeranno tanto meno quanto più avranno successo, perchè essi sono inferiori all'Iva sulle auto nuove.

 

Tuttavia gli effetti di breve-medio periodo saranno molto modesti. Altro che l'aumento di 0,5-1% del Pil, di cui vaneggiano Scajola e Berlusconi! Secondo il Sole 24 Ore, poiché la Fiat ha una quota di mercato del 32% e produce solo il 56% delle auto in Italia, gli incentivi beneficieranno un’auto prodotta in Italia su 5. Ovviamente la Fiat si avvantaggerà delle manovre di altri paesi, anche se in misura minore. Come anche altri hanno osservato, inoltre, anche l'impatto sul gettito Iva (e, aggiungiamo noi, sulla domanda globale) delle auto vendute in più si attenua per l'effetto di sostituzione. Infatti quasi certamente chi compra un bene durevole rinuncia all'acquisto di altro bene equivalente, a meno che non impieghi risparmi accumulati.

 

Pur riconoscendo l'importanza, anche se limitata, dei provvedimenti non possiamo non rilevare che alcuni di essi hanno un sentore classista. Anzichè aumentare il potere d'acquisto delle classi sociali in difficoltà si incentiva la domanda dei possessori di auto: forse poveri, ma non poverissimi e, in genere, non molto anziani. Considerazioni analoghe valgono per l'acquisto di mobili ed elettrodomestici. La detrazione del 20% dall'Irpef per coloro che ristrutturano abitazioni avvantaggia non solo quelli che hanno maggiore capacità di spesa, ma all'interno del gruppo, i più ricchi, perchè hanno l'aliquota marginale più alta. Meraviglia, infine, l'esclusione dal beneficio delle giovani coppie che entrino in un appartamento nuovo. Questi malevoli sospetti di una connotazione "classista" della manovra sono confermati da un parere del FMI, secondo il quale "ulteriori interventi parziali del governo italiano rischiano di aggravare le iniquità già esistenti".

 

Un altro provvedimento importante è quello del rifinanziamento del Piano Bersani per l'innovazione tecnologica "Industria 2015". L'ombra benefica di Prodi si riverbera ancora sul paese, anche se l'opinione pubblica lo ignora. Ma non lo ignora il già citato FMI che chiede all'attuale governo di rianimare il processo delle liberalizzazioni.

 

Per quanto concerne la funzionalità strutturale i dubbi sono molti, e non solo nel nostro paese. Il dibattito è molto vivace fra gli economisti inglesi, americani, francesi e tedeschi. Silenzio tombale in Italia. Nulla si dice della proposta avanzata, da noi e da molti altri autorevoli commentatori, riguardo alla manutenzione programmata. Ma il vero problema è quello di continuare a sostenere settori in crisi strutturale, anzichè iniziare un'opera di riconversione industriale, che implicherebbe però un impegno di programmazione globale.

 

Permangono preoccupazioni sulle coperture, che si accentuano per un'ulteriore manovra sugli ammortizzatori sociali. E' vero che si attinge a stanziamenti già effettuati, ma per scopi diversi, a cui si è costretti a rinunciare. Ci si è resi conto o no del fatto che la finanziaria blindata di giugno ha costituito un colossale errore?

 

Quanto al ricorso agli ulteriori 40 miliardi di fondi europei, è una balla spaziale. Spalmati su in certo numero di anni, sono vincolati a specifiche destinazioni, con coperture che solo eccezionalmente raggiungono il 50% delle spese (la quota restante è a carico dei singoli paesi). Mentre per gli stanziamenti nazionali il gioco delle 3 carte dipende dalla volontà dei governi, per quelli comunitari le somme non imputate alle specifiche destinazioni vanno semplicemente perdute, come sanno benissimo i tecnici del governo e delle Regioni. Gli imbonitori massmediatici svolgono dunque, anche in questo caso, un ruolo di travisamento della realtà.

 

Comunque, poichè la manovra procede a pezzettini, sinché non sarà compiuta è difficile esprimere un parere motivato sulla sua pur limitata efficacia. Due ultime considerazioni. Si attendono sussurri e grida dei settori non ancora beneficiati e, infine, possiamo già fare una facile profezia, secondo la quale i dati comunicati dal governo alla UE sul Pil (-2%) e sul rapporto deficit/Pil (3,7%) risulteranno quasi certamente errati per difetto.

 

Domenica, 15. Febbraio 2009
 

SOCIAL

 

CONTATTI