Machiavelli e il Quirinale

La ricerca di un consenso di Berlusconi, più o meno aperto o nascosto nell’urna, sarebbe stata rovinosa. Il problema italiano non è che ci sia il centro destra, ma il suo leader. Ora l’incrinatura del centrodestra potrebbe aprire un nuovo ciclo politico
I pronostici per l'elezione al Quirinale sono stati nella storia della repubblica quasi sempre smentiti, e lo sono stati anche quelli su cui si è dibattuto fino a domenica sera, a poche ore dall'inizio delle votazioni, quando l'Unione ha formalizzato il "passo indietro" di D'Alema e la candidatura di Giorgio Napolitano. Una parte del centrodestra è sembrata improvvisamente disponibile a sostenere la candidatura di Napolitano, dopo che Berlusconi aveva appena finito di gridare il suo "No" a qualsiasi candidato della sinistra.
 
La svolta al momento in cui scriviamo potrebbe essere nella rottura del centrodestra. La partita in cui si era impegnato Giuliano Ferrara, consigliere principe del Cavaliere, si è dimostrata troppo astuta per riuscire. Ferrara e altri autorevoli amici del Cavaliere avevano fatto di tutto per convincere Berlusconi che D'Alema sarebbe stato preferibile a ogni altro candidato di centrosinistra. E, a stare alle cronache, c'erano riusciti, dal momento che Berlusconi rimaneva fermo sulla candidatura puramente di facciata di Gianni Letta, mentre Casini e Fini, in palese disaccordo, allargavano la rosa fino a comprendervi Giuliano Amato. 
 
Se la candidatura di Napolitano risulterà vincente, si tratterà di una vittoria chiara e trasparente del centrosinistra e della sconfitta dei machiavellismi di provincia degli uomini del Cavaliere. Ma a poche ore dal voto, Berlusconi sembra tutt'altro che rassegnato. E "Il Giornale" scrive sorprendentemente che "Napolitano per il suo carattere per così dire "prudente" (darebbe) ancora meno garanzie, di fronte a momenti difficili, di quelle che poteva offrire un duro come D'Alema". Il commento continua a riflettere il teorema di Ferrara e dei principali consiglieri di Berlusconi.
 
Ora il Cavaliere rischia di risultare perdente non solo di fronte alla possibile elezione di Napolitano, dopo aver gridato contro qualsiasi candidatura della sinistra e aver minacciato lo sciopero fiscale, ma anche all'interno del centrodestra. In questo caso, potremmo essere alla soglia di un nuovo ciclo politico, finalmente post-berlusconiano.
 
Questo non significa che i problemi siano risolti. Rimane il fatto che il centrodestra, non ostante i disastri di cinque anni di governo di Berlusconi, ha avuto l'adesione di metà del paese. E, tuttavia, bisogna, tornare a insistere sulla specificità della recente storia politica italiana. Il problema che ha sperimentato il paese nell'ultimo decennio e, in particolare, negli ultimi cinque anni, non è quello di avere avuto un governo di centrodestra. Succede in tutte le democrazie. In Francia c'è un governo di centrodestra, e abbiamo visto l'intensità dello scontro sociale e il riconoscimento della sconfitta da parte del governo, in un quadro di trasparente dialettica repubblicana. In Germania abbiamo visto per diversi lustri un governo di centrodestra, guidato da Kohl, senza rotture interne, e perfino con qualche non secondario successo per l'Europa. Il problema italiano non è il centrodestra in sé, ma l'anomalia Berlusconi: un leader insieme dell'antipolitica e della tendenza a piegare la politica ai propri interessi, mettendo a repentaglio le istituzioni.
 
Che fosse giusto o sbagliato, le elezioni sono state percepite in larga misura come un referendum sulla politica, e ancora di più, sulla figura di Berlusconi. Ha perduto la sfida, e il suo potere di aggregazione del centrodestra è oggi in crisi. In questo scenario l'idea che è rimasta sullo sfondo della ricerca di un consenso di Berlusconi, più o meno aperto o nascosto nell'urna, sarebbe stata rovinosa.
 
Ora spetta al centrosinistra cercare nuove soluzioni per rafforzarsi all'interno, profittando dall'incrinatura dell'egemonia berlusconiana sullo schieramento di centrodestra. Nel corso della campagna elettorale sono stati certamente commessi errori che hanno rischiato di essere fatali. Il dopo-elezioni non è stato privo di confusione e incertezza. Ora, se al Quirinale salirà un uomo della sinistra come Napolitano, con un consenso sufficientemente largo, tale da ridicolizzare la canea berlusconiana anti-sinistra e anticomunista, un nuovo ciclo politico potrebbe veramente aprirsi, insieme al ritorno di un autentico dibattito politico, come avviene in tutte le normali democrazie europee.
Domenica, 7. Maggio 2006
 

SOCIAL

 

CONTATTI