Lo Statuto e la sinistra che si è persa

Cinquanta anni fa la legge più importante per il mondo del lavoro. Quelle stesse forze che lo avevano voluto hanno poi smarrito la strada della difesa di chi ha meno mezzi e meno potere e non riconquisteranno il loro popolo se non la ritroveranno. La registrazione del convegno promosso da Accademia dei Lincei, Economia civile e Fondazione Brodolini

I numerosi convegni per i 50 anni dall'approvazione dello Statuto dei diritti dei lavoratori lasciano la bocca amara. Mezzo secolo fa, dopo un decennio di lotte dei lavoratori, veniva approvata una legge che, come disse un personaggio che fu determinante in quella vicenda, il socialista ministro del Lavoro Giacomo Brodolini, "portava la Costituzione anche nelle fabbriche". Socialista era anche Gino Giugni, il giuslavorista che dirigeva la commissione che redasse lo Statuto, ma un ruolo fondamentale lo ebbe anche Carlo Donat Cattin, esponente della sinistra democristiana, succeduto a Brodolini dopo la sua prematura scomparsa, che si impegnò a portare a termine l'iter legislativo del provvedimento.

Lo Statuto è forse la più simbolica di quelle che allora si chiamavano "riforme di struttura" ed erano il cavallo di battaglia della sinistra riformista.Oggi, invece, le "riforme strutturali" sono il mantra del liberismo trionfante e consistono nello smontare via via i progressi che erano stati ottenuti da e per la parte della società con meno mezzi e meno potere.

L'amaro è accentuato dal fatto che i protagonisti di questa regressione vengono dalle stesse forze che quei progressi avevano guidato e realizzato. Furono il governo di Romano Prodi e il suo ministro del Lavoro Tiziano Treu (in passato considerato vicino ai socialisti) e varare quel famoso "pacchetto" di provvedimenti che fu la prima tappa della destrutturazione dei rapporti di lavoro. Un ex socialista passato a Forza Italia, Maurizio Sacconi, viene ricordato perché appena insediato si premurò di abrogare un provvedimento che contrastava la pratica ricattatoria delle "dimissioni in bianco" estorte all'atto dell'assunzione (che servivano soprattutto a liberarsi delle donne che rimanessero incinte). Il dilagare dei contratti a termine fu opera di Giuliano Poletti, ex comunista ed ex presidente della Lega delle Cooperative. Fino ad arrivare al segretario del maggior partito della (ex) sinistra, Matteo Renzi, che tra i più importanti provvedimenti del suo governo può vantare quel Jobs Act che - tra l'altro - ha abolito per i nuovi assunti l'articolo 18 dello Statuto, quello contro i licenziamenti senza giusta causa, la cui difesa era stata oggetto di infinite lotte e che nemmeno Berlusconi e Monti erano riusciti a cancellare.

La sinistra ha perso se stessa e gran parte del suo popolo, lasciato senza rappresentanza e spinto verso le sirene ingannatrici del populismo o di forze confusamente "anti-sistema".Solo se ritroverà la strada che proponga un'alternativa al liberismo dominante potrà riconquistare le masse crescenti di coloro che guardano al futuro con timore invece che con speranza.

Fra i tanti convegni che si sono svolti per fare il punto sullo Statuto e sulla situazione del mondo del lavoro, proponiamo quello promosso da una istituzione prestigiosa, l'Accademia dei Lincei, nella registrazione di Radio Radicale. Le relazioni saranno pubblicate sulla rivista Moneta e credito che uscirà a marzo del 2021.

A questo link sossono ascoltare anche le singole relazioni.
Qui sotto il programma del convegno.

(vedi anche: Come nacque lo Statuto)

Lunedì, 14. Dicembre 2020
 

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