L'incredibile Silvio

“Ho rispettato tutti i miei impegni, quindi sono credibile”. Così disse Silvio Berlusconi, con invidiabile sicurezza e senza farsi infastidire dalla realtà. Per fortuna gli elettori hanno elementi ben più concreti di un dibattito in tv per decidere
"Ho rispettato tutti i miei impegni, quindi sono credibile". Così disse Silvio Berlusconi, con invidiabile sicurezza e senza farsi infastidire dalla realtà. Anche stavolta, nel "faccia a faccia" con Prodi, maneggiando cifre e concetti avariati ha fornito una fantastica prova della sua capacità di inventare un mondo e poi essere il primo a crederci.
 
Alcune delle cifre che ha ripetuto sono state già sbugiardate da economisti o da giornalisti attenti, ma il nostro premier non si fa certo condizionare da tali quisquilie. Non c'è differenza fra la realtà e la rappresentazione, anzi: la rappresentazione è la realtà. D'altronde, secondo Platone, del mondo noi non vediamo che ombre proiettate sul muro di una caverna. E allora, tanto vale impadronirsene, di queste ombre, e plasmarle come meglio conviene. Fosse stato un dibattito di filosofia della scienza, invece che l'esposizione agli elettori di quanto fatto e di cosa si vuol fare, avrebbe avuto una sua dignità. E' noto del resto che Berlusconi è così appassionato di filosofia che, avendo letto un'introduzione del professor Luigi Firpo all'Utopia di Tommaso Moro, pensò bene di appropriarsene e di farla stampare col suo nome. Come i bambini: se vuole una cosa, se la prende. A cinque anni è un capriccio; a cinquanta (tanti, più o meno, ne aveva quando è successo il fatto) è una mascalzonata.

Non rende al suo meglio, Berlusconi, in questi dibattiti regolati, lui che le regole non le sopporta. E lunedì sera, infatti, ogni tanto ha debordato. Non come tempi, stavolta, ma per esempio un paio di volte, invece di rispondere alle domande che gli avevano fatto i giornalisti, ha parlato di quel che voleva lui. E nell'appello finale, approfittando di essere l'ultimo a parlare, ha ripetuto una serie di cose che Prodi aveva smentito nel corso del dibattito (tasse sui titoli pubblici e sui risparmi, tasse di successione sul bicamere di periferia).

E poi, proprio in extremis, ha calato l'asso, il colpo ad effetto: "Aboliremo l'Ici sulla prima casa". Ora, delle due una: o questa promessa vale come quella di diminuire le tasse fatta cinque anni fa (alla fine, la pressione fiscale è calata dello zero-virgola-sette per cento); oppure ridurrà i Comuni a non poter nemmeno rattoppare le buche sull'asfalto. Ma che importa cosa accadrà in futuro? L'importante è parlare, adesso, alle tasche degli elettori.

Se si dovesse decidere per chi votare solo sulla base di questi dibattiti, davvero l'incertezza sarebbe grande. Solo un numero non elevatissimo di addetti ai lavori possiede gli strumenti per valutare criticamente le affermazioni dei contendenti, che siano sul passato o sul futuro. In questo caso, però, non c'era bisogno di una particolare preparazione, perché i leader dei due schieramenti hanno entrambi già governato, li si è potuti vedere alla prova.

Prodi andò alla guida del paese in una situazione a dir poco difficile: poco prima eravamo stati a un pelo dal far la fine che ha fatto poi l'Argentina, e la possibilità che l'Italia entrasse nella moneta europea insieme agli altri era considerata infinitesimale. Lui e gli altri due governi di centro sinistra hanno lasciato un paese in ordine e che aveva stupito tutti per essere riuscito in quell'impresa.

Berlusconi lascia un paese che, senza parlare dei danni al bilancio pubblico, delle leggi ad personam, dei mille condoni, delle riforma elettorale definita "una porcata" dal suo autore e via elencando, è, soprattutto, profondamente diviso, incattivito, demoralizzato.
Per rendersi conto di queste cose non c'è bisogno di ascoltare dibattiti. Sta agli elettori non fargli fare altri danni
Martedì, 4. Aprile 2006
 

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