E noto lapprezzamento col quale lelite tecnocratica europea guarda al governo di Mario Monti. José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, si è spinto fino a parlare di un nuovo Modello italiano. Un plauso esagerato, che può avere un sapore di piaggeria, ma non è il solo.
Nei giorni scorsi Les Echos, ipotizzando il possibile programma dei primi cento giorni del nuovo governo francese dopo le elezioni di maggio, suggeriva che il programma dovrebbe essere ricalcato sullesempio dei primi cento giorni del governo Monti. Dovrebbe essere scriveva l autorevole giornale finanziario francese - un governo al di sopra dei partiti, in grado di riformare le pensioni e il mercato del lavoro e di sperimentare una gestione alternativa dei servizi pubblici. E un istituto di ricerca di segno neoliberista specifica che la classe politica dovrà farsi da parte pel lasciare spazio a una personalità indipendente, in breve bisognerà trovare il nostro Mario Monti. Naturalmente in Francia non succederà nulla di questo, Ma è significativa lidea che le elite tecnocratiche e della destra europea si sono fatte dellesperimento italiano, Lentusiasmo può essere esagerato, ma alla sua base vi sono due ragioni effettive.
La prima è che nei suoi tre mesi di governo, Monti è stato il capo del governo più sinceramente e attivamente esecutore della politica dellasse Berlino-Francoforte-Bruxelles, basata sulla coppia: austerità-riforme di struttura. Nessun paese delleurozona ha in programma lazzeramento del disavanzo di bilancio entro il 2013. Tutti prendono tempo, ammesso che si diano questobiettivo, consapevoli del fatto che un ulteriore drastica stretta fiscale, nel mezzo della recessione, comporta esiti micidiali per la crescita e loccupazione.
Nessun paese ha attuato una riforma del sistema pensionistico, che è di gran lunga la più drastica e la più irragionevole fra quante ne sono state realizzate o proposte in Europa, col prolungamento delletà del pensionamento fino a 67- 70 anni. E In nessun paese esclusa la Spagna di Mariano Rajoy, alla testa di uno dei più aggressivi governi di destra - è stata proposta una riforma del mercato del lavoro che ha al centro la sostanziale liberalizzazione dei licenziamenti individuali per ragioni economiche, la cui determinazione è nelle mani dellimpresa: in pratica licenziamenti "ad nutum" o at wish, a volontà, secondo il modello americano.
Ma la seconda ragione di apprezzamento per il nuovo modello italiano non è meno rilevante. LItalia è il paese dove, sotto la maschera dei tecnici, si muove un governo che partecipa con convinta adesione alla politica del nuovo consenso Berlino-Francoforte -Bruxelles, basato appunto sul binomio austerità-riforme di struttura. E riesce a farlo e questo è laspetto più straordinario - con alle spalle una maggioranza bulgara, senza lopposizione del maggiore partito della sinistra. Ma ecco la novità: potrà continuare a farlo? E destinato a durare il nuovo "modello italiano" post-democratico tanto apprezzato da Barroso e dalla destra francese?
Qualcosa è successo. Lattacco allarticolo 18, che Monti ha offerto alla destra europea come la prova del fuoco del suo autentico riformismo, è andato oltre il segno. Ha puntato a spezzare quel tanto di unità sindacale che si era profilata, ha costretto la CGIL alla rottura, ha posto il PD di fronte a un dilemma insostenibile.
La riforma promessa da Monti entro il termine solenne di marzo avrà altri tempi. Larrogante sicurezza del governo tecnico mostra la corda. Non sappiamo quali potranno essere gli esiti della prima battaglia che il governo dovrà sostenere in un Parlamento risuscitato sotto lurto dei movimenti di massa. Ma un fatto si è già verificato. Con la coraggiosa iniziativa della CGIL è stato rotto il clima di assuefazione alle scorribande del governo diventato col passare delle settimane sempre più arrogante nel disprezzo del ruolo del sindacato fino a ridicolizzare la negoziazione, la concertazione, la ricerca del consenso, tutte cose che in una misura più o meno importante connotano il modello sociale europeo. E il PD, o quanto meno Bersani, col suo solennemente dignitoso No - nessuno può dirci prendere o lasciare - ha spezzato lincantesimo della dittatura tecnocratica che opera senza controllo, pretendendo di avere come solo riferimento ma anche come alibi i mercati finanziari.
E inutile esercitarsi nellarte sciamanica delle predizioni. Non sappiamo come finirà. Ma qualcosa è già successo con la decisione della CGIL di passare alla mobilitazione e la presa di distanza del Partito democratico o, per essere più cauti, del suo segretario.