L'accesso d'irap di Christine

L’avvocato generale UE, signora Stix-Hackl, ha ripetuto la tesi già esposta dal suo predecessore secondo la quale l’irap sarebbe troppo simile all’iva e quindi andrebbe abolita. In realtà non è così. Se però la Corte di giustizia dovesse accogliere la tesi bisognerebbe intervenire. Ma la Confindustria sarebbe contenta di un ritorno alle imposte che l'irap ha sostituito?
L'avvocato generale UE Christine Stix-Hackl ha ripetuto, nella causa presso la Corte di Giustizia europea, la tesi già esposta dal suo predecessore Francis Jacobs secondo la quale l'irap sarebbe "troppo" simile all'iva, violando quindi il comandamento comunitario secondo il quale "non avrai altra imposta generale indiretta al di fuori dell'iva". In sostanza gli elementi di somiglianza sono dati dal fatto che gli operatori che versano l'irap sono gli stessi che versano l'iva, e che la base imponibile è il valore aggiunto.

La cosa un po' paradossale è che l'iva non è, malgrado il nome, un'imposta sul valore aggiunto dell'impresa; è un'imposta sui consumi finali delle famiglie. Se l'iva fosse sostituita da una imposta "monofase al dettaglio", cioè dal commerciante al consumatore, tutto rimarrebbe immutato. I francesi, che furono i primi ad introdurre negli anni cinquanta l'iva, preferirono il sistema in cui ciascun operatore calcola l'imposta sulle sue vendite e detrae quella pagata sui suoi acquisti, compresi gli investimenti. In questo modo avevano una specie di sistema input-output, cioè una mappa della struttura dei passaggi in tutto il sistema economico, cosa che poteva essere utile anche a fini programmatori.

L'irap è invece una vera imposta sul valore della produzione, cioè sul valore aggiunto. Si decise di togliere gli ammortamenti dalla base imponibile, costituita da salari, interessi e profitti, per non danneggiare le imprese che avevano fatto investimenti nel passato, ma in teoria l'imposta avrebbe potuto colpire il valore aggiunto lordo, anziché netto. E' noto che l'irap ha sostituito i contributi sanitari (oltre il 60% del prelievo complessivo), l'ilor, che colpiva ormai solo gli utili delle imprese, l'imposta sul capitale sociale (introdotta da Amato nell'ambito della maxi-manovra del 1992) e altre minori.
 
Le lamentele della Confindustria e delle altre organizzazioni sono nate dal fatto che si sarebbe voluto che a sostituire contributi ed imposte fosse non l'irap, ma l'irpef o l'iva, cioè imposte che gravano sulle famiglie. Si è detto ad esempio che poiché l'irap finanzia la spesa sanitaria, allora è più giusto che l'imposta sia pagata da coloro che utilizzano i servizi sanitari; le imprese come tali non si ammalano né subiscono operazioni.

Messa così si tratta di una tesi risibile: a parte il fatto che l'irap non è un'imposta di scopo, e finanzia qualunque spesa regionale, il punto fondamentale è che, in un modo o nell'altro, tutte le imposte vengono pagate con i redditi, redditi derivanti dalla partecipazione al processo produttivo. Del resto in Francia ed in Germania sono da tempo state istituite delle imposte, spesso per finanziare gli enti locali, che si avvicinano all'irap, e questa imposta aveva suscitato notevole interesse tra le amministrazioni fiscale di vari paesi europei, e di recente l'Ungheria ha introdotto una specie di irap.
Col senno del poi una misura che si poteva introdurre era quella di detrarre anche i contributi sociali dalla base imponibile, in modo da dare un maggior beneficio allo sgravio del costo del lavoro, spostando il peso dell'imposta sugli altri redditi. Questa è una misura che potrebbe essere adottata dal governo Prodi, se tra qualche mese la Corte europea dovesse fare propria la tesi dell'avvocato generale.

Va detto che  la stessa Stix-Hackl ha espresso qualche perplessità sull'uguaglianza iva-irap, dato che le differenze sono rilevanti: l'iva si applica con un meccanismo di rivalsa mentre l'irap no, l'iva esenta gli investimenti, l'irap invece gli ammortamenti, e così via. L'avvocato ha proposto anche un metodo per confermare o smentire la sua tesi: esaminare, per un campione rappresentativo di imprese, i versamenti effettuati per le due imposte, per verificare se il rapporto tra gli importi pagati risulti "sostanzialmente" costante. L'avvocato  cioè non vuole verificare se, in un anno, gli importi pagati siano uguali o differenti, perché sa già che sono differenti, come è logico aspettarsi, ma vuole vedere se gli andamenti sono in parallelo, se cioè i tassi di crescita degli importi sono uguali. Ovviamente tutto dipende da come si intende il termine "sostanzialmente"; basta infatti che un'impresa abbia fatto degli investimenti in un certo periodo perché si verifichi un andamento differenziato.  
 
E se, malgrado tutto, la Corte aderisse all'idea che sembra circolare nella Comunità, secondo la quale sulle imprese deve gravare, al più, l'imposta sugli utili, e solo quella? Si dovrebbero introdurre delle modifiche radicali alla struttura dell'irap, e proposte in questo senso non mancano. Oppure, volendo essere maliziosi, il governo potrebbe rendere felice Montezemolo eliminando completamente l'imposta e ripristinando i contributi sanitari e tutte, ma proprio tutte, le imposte precedenti. Chi sa se i nostri industriali sarebbero contenti.
Giovedì, 16. Marzo 2006
 

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