La trattativa a tre stadi

I sindacati, prima di trattare con la controparte, discutono e decidono ognuno solo al proprio interno; poi i leader trovano un compromesso tra loro. Dato che il metodo del referendum tra i lavoratori è di fatto bloccato, si dovrebbe almeno tornare a discutere dei problemi insieme, come nella migliore stagione unitaria

Il tentativo di dare vita ad una legge sulla rappresentanza nell’impiego privato è fallito per molte ragioni. Ma soprattutto perché si è perso oltre un anno di tempo ad inseguire una pura corbelleria secondo la quale le Rappresentanze sindacali unitarie dei lavoratori  dovevano essere strutture autonome e perfino, secondo il loro gusto, alternative alle organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti di lavoro. Tutti sanno che le leggi servono a disciplinare i fenomeni e che non si può dare una legge che abbia per scopo la sovversione dell’ordine. Quando finalmente questa faccenda è stata tolta di mezzo il vento era cambiato e abbiamo assistito al finale conosciuto.

 

Un punto decisivo del contendere lo ha sollevato Giuliano Cazzola. E’ tornato a spiegare la linea del governo discendente dal Libro bianco dell’ottobre 2001, quello anche di Marco Biagi. In quel testo, tra molte altre cose in parte anche accettabili, è enunciato il principio secondo il quale non si deve regolamentare per legge la rappresentanza degli attori negoziali “nel pieno rispetto della tradizione autoregolamentare delle parti sociali italiane ed in ossequio al principio di reciproco riconoscimento, consolidatosi ormai anche in sede comunitaria”. Cioè non sono i lavoratori a scegliere chi li rappresenta, ma i padroni a “riconoscere” chi li può e deve rappresentare. Dove sia la reciprocità rimane un mistero, essendo evidente che i sindacati dei lavoratori non hanno alcuna possibilità di scegliersi la controparte da riconoscere e, quando ci hanno provato, nelle poche occasioni di contratti stipulati prima con la Confapi che con la Confindustria, hanno dovuto accettare apposite “clausole di salvaguardia”, secondo le quali il costo finale sarebbe stato non superiore a quello della organizzazione concorrente. Per avere un test di come possono funzionare in determinate circostanze i sistemi di reciproco riconoscimento suggerisco di rivedere il film “Fist” nel quale Silvester Stallone interpreta il capo dei camionisti americani.

 

E’ stato un passo veramente importante soprattutto per la Cisl, ma evidentemente per tutti, il riconoscimento che i risultati delle trattative vadano sottoposti al vaglio decisionale di tutti i lavoratori interessati. La novità è ben descritta nella piattaforma Cgil, Cisl, Uil concordata per la trattativa generale sul sistema contrattuale. Purtroppo, si poteva facilmente intuire che tale passo era inerente a conclusioni concordi e non implicava la possibilità di passare la parola ai lavoratori a fronte di dissensi rilevanti tra le organizzazioni. E’ avvenuto soltanto nel caso del gruppo Carrefour che ci si è rivolti ai lavoratori per un referendum. Ma era anche ben prevedibile quale proposta avrebbe vinto. Chi dissentiva dall’ipotesi di accordo sapeva di perdere, ma si accontentava di far conoscere una opinione diversa. Infatti, quando si è arrivati all’appuntamento del contratto nazionale del commercio non vi è stata alcuna possibilità di rimettere la decisione ai lavoratori.

 

 Resta pertanto non risolto il come amministrare dissensi e diversità di opinioni. Oggi i meccanismi decisionali, nella relazione fra le tre organizzazioni sindacali, sono tali che ognuna discute e decide al proprio interno, in seguito a questo si svolge un confronto tra i massimi vertici che spesso si risolve in un negoziato tra loro. Quando raggiungono una intesa essa non può che essere blindata, e nella riunione dei Direttivi unitari viene approvata più o meno all’ unanimità. E’ stata, infatti, quasi completamente abolita la prassi di discutere insieme le problematiche che si presentano, e anche nella gestione delle trattative ognuno ragiona in casa propria. Ciò evita il “pericolo” che tra dirigenti e tra strutture (di categoria o territoriali) si trovino intese anche parziali dissonanti dal verbo dei vertici. Al tempo stesso, si spreca una potenzialità che, con tutte le sue tensioni, è stata la chiave di funzionamento concorde nelle fasi più ricche ed efficaci del lavoro unitario tra Cgil, Cisl e Uil.

 

So bene che questo può essere considerato da taluni una modesta soluzione di ripiego rispetto alla bellezza dell’esercizio referendario. Resto di opinione che sia ben difficile fare il molto quando è evidente che non si riesce a fare il poco.

Giovedì, 12. Marzo 2009
 

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