La tecnologia può darci un nuovo miracolo

Nonostante una situazione che non potrebbe sembrare peggiore, lo sviluppo impetuoso della ricerca scientifica su vari fronti, dalle nanotecnologie ai nuovi materiali, potrebbe tradursi in un nuovo sviluppo molto diverso da quello passato. Se poi si aggiungesse la tanto necessaria manutenzione potremmo perfino permetterci un po’ di ottimismo

La previsione di una jobless economy, formulata un paio d'anni fa per l'Europa, si è purtroppo verificata al di là delle ragionevoli aspettative. Non è solo "jobless": per ora non c'è neppure "recovery". La Cgil con pessimismo cosmico da suicidio annunciato calcola in 13 anni il tempo per recuperare, in Italia, il livello di reddito del 2007 ed in 63 anni quello per raggiungere gli stessi livelli occupazionali, in assenza di interventi strategici.

 

Occorre però analizzare con attenzione i segnali che affiorano nell'informazione tecnico-scientifica. Vi sono fenomeni che sfuggono alla pubblica opinione assordata dal clangore della propaganda politica e sindacale. Esiste una tendenza ad immaginare il futuro come replica del passato. E' il processo mentale che affatica di meno, come ci avevano insegnato i filosofemi arboriani di Catalano. Questi fenomeni sono i cosiddetti "fatti portatori di futuro". In parallelo i cittadini avvertono il degrado delle strutture funzionali della vita comune. Ciò è dovuto alla carenza, da noi più volte richiamata, della manutenzione programmata dei beni collettivi: si noti che, nonostante gli artifizi contabili, il valore d'uso di questo patrimonio tende a ridursi rapidamente.

 

Guardando il bicchiere mezzo pieno possiamo affermare che si aprono due "bacini di opportunità" in grado di creare un ventaglio di posti di lavoro di tipo nuovo o di portare ad un radicale cambio di mentalità nella gestione delle infrastrutture pubbliche.

    

Intorno agli anni '70 un gruppo di studiosi che presero il nome di "futuribili" (in Italia vi furono un Centro Studi ed una rivista omonimi) affrontò in una serie di convegni a Berlino, Copenhagen, Oslo, Londra, Washington, Kyoto le prospettive socioeconomiche di orizzonte medio-lungo. Fra le varie ipotesi formulate si affacciò quella che individuava fra il 2010 e il 2015 un "cluster" (grappolo) di innovazioni di portata non inferiore a quelle della prima e della seconda rivoluzione industriale.

    

Molti sintomi convergenti - anche nel nostro Paese - sembrano far ritenere realizzabile in tempi relativamente brevi questa lontana profezia. Qualche cenno lo avevamo fatto in altri nostri articoli. Ne indichiamo qualcuno: i progressi nel campo dei nuovi materiali; lo sviluppo delle nanotecnologie nei settori più disparati, dal farmaceutico all'agroalimentare, dalle materie plastiche alle strutture molecolari dei metalli; lo sviluppo inatteso nella sua rapidità delle stampanti 3D e degli assemblers. Questo flusso di innovazioni produrrà forme di impiego di tipo finora sconosciuto. La nuova occupazione si caratterizzerà per un'alta intensità di lavoro e di ricerca ed una relativamente minore intensità di capitale. Esaminiamo alcune di queste tipologie innovative.

 

Tra i nuovi materiali citiamo per le sue proprietà straordinarie il grafene: sottilissimo, trasparente, con una resistenza superiore di centinaia di volte a quella di un analogo foglio di metallo. E' anche un ottimo semiconduttore. Si prospetta una vastissima gamma di utilizzazioni, in parte non ancora note, alle quali sono dedicate ricerche Cnr ed Enea. In uno dei campi di applicazione, quello medico, le nanotecnologie aprono la strada a sbocchi terapeutici che richiamano la lezione di Esculapio, consentendo la preparazione di farmaci personalizzati. Un parziale ritorno al passato, quando il medico di famiglia prescriveva a ciascun paziente in collaborazione con il farmacista una posologia ad hoc. In altri campi, dalle plastiche all'informatica, si preannunciano novità sorprendenti.

Ricordate il flop degli esperimenti sulla fusione fredda degli anni '80? Ebbene, la ricerca è ripresa negli Usa e in Giappone con evidenti probabilità di successo, poiché è stata chiesta ed ottenuta un'ampia copertura brevettuale.

    

Dove la tecnologia sta producendo eventi inaspettati è nel rapidissimo diffondersi, anche nel nostro Paese, delle stampanti 3D e degli assemblers. Si tratta della punta più avanzata delle macchine a controllo numerico. Le stampanti consentono di costruire su piccola scala oggetti di limitate dimensioni, realizzando, previo rifornimento di materie prime e semilavorati, modelli ideati al computer. Gli assemblers svolgono le stesse funzioni per oggetti di maggiori dimensioni. Queste apparecchiature non necessitano l'inserimento in una filiera produttiva, come ad esempio i robot industriali.

    

La novità consiste nell'alto coefficiente occupazionale, nel limitato costo unitario, nel fatto che per la prima volta dopo la grande rivoluzione industriale la piccola scala risulta più vantaggiosa di quella grande e la personalizzazione del prodotto prevale rispetto alla sua standardizzazione. Ciò rende decisivo l'apporto della genialità dell'operatore. E' come se, ad un livello ben più alto di tecnologia, si assistesse ad un ritorno del modo di produzione artigianale.

 

I giovani italiani (quelli stessi apostrofati come "choosy" o schizzinosi dalla Fornero) sembrano rispondere bene alle sollecitazioni dell'onda innovativa. L'Eni e l'Enel hanno recentemente sostenuto parecchie decine di start-up di giovanissimi inventori/imprenditori, con risultati ritenuti molto soddisfacenti. Per generare effetti imitazionali occorrerebbe una maggiore informazione sulla stampa quotidiana, nelle scuole, nelle università (e nel Parlamento!) su questi fenomeni che preludono ad una rivoluzione non solo economica, ma anche sociale e culturale. Si tratterà di un vero e proprio "fracking" mentale, con ripercussioni ben maggiori di quelle dello shale gas americano e canadese.

 

Un altro settore a coefficiente occupazionale potenzialmente elevato è quello della manutenzione programmata. Il Paese deve colmare un ritardo ormai pluridecennale dovuto al prevalere dei taglia-nastri rispetto alla conservazione funzionale dello stock di capitale. Dove il ritardo è di dimensioni maggiori è nel campo delle infrastrutture che forniscono servizi collettivi come marciapiedi, strade urbane ed edifici pubblici.

    

Per la verità la carenza di manutenzione programmata non si estende in generale alle aziende private. Soprattutto quelle all'apice delle tecnologie la praticano normalmente, sia sotto il profilo finanziario - accantonando le relative poste di bilancio e ottenendo quindi tassi di incremento produttivo veramente netti - sia destinando a questa attività reparti specializzati. Una manutenzione ordinaria e straordinaria, che includa gli ammodernamenti, può ridurre sensibilmente il tasso di obsolescenza.

    

Il fenomeno negativo, però, è particolarmente diffuso nelle Pmi meno efficienti ed ancor più nel settore pubblico. In una relazione a conclusione di una ricerca diretta dal sottoscritto per conto della Commissione per la Garanzia dell'Informazione Statistica nel 1994 (vent'anni fa!) si osservava che spesso quote di ammortamento e di manutenzione venivano classificate in un'unica posta contabile, di entità praticamente risibile, tranne che per il ministero della Difesa. E' notorio che nel settore pubblico si pratica quasi ovunque la manutenzione a guasto, con costi paradossalmente molto più elevati. Il caso esemplare è quello del dissesto idrogeologico. Ciò ha conseguenze gravi sotto il profilo reale nei confronti dei cittadini utenti ed anche sotto il profilo finanziario, perché rende difficile valutare l'incremento netto degli investimenti e il valore effettivo del patrimonio pubblico.

 

Dato e non concesso che si allenti il patto di stabilità, le indiscrezioni della stampa porrebbero in primo piano ottanta progetti cantierabili. Tra di essi, però, non spiccano programmi di manutenzione, ma spuntano sempre nuove infrastrutture, che richiedono alta intensità di capitale e bassi coefficienti occupazionali. Sembrerà strano, ma su queste scelte convergono i vari governi, le amministrazioni locali e la Confindustria. La stranezza discende dal fatto che la stessa Confindustria nei dibattiti pubblici ha più volte ribadito il concetto che la perdita di produttività del sistema Italia è parzialmente imputabile al degrado delle reti infrastrutturali: fenomeno chiaramente imputabile alla mancata manutenzione. Se, dunque, le cose stanno così, e non abbiamo alcun motivo per dubitarne, se ne deduce che è interesse degli stessi produttori privati concorrere alla manutenzione e all'ammodernamento delle infrastrutture del Paese. Non tanto con il project financing, applicabile solo in certi casi, quanto con meccanismi simili a quelli dei contributi di miglioria dei consorzi di bonifica, nei quali gli agricoltori coprono parte delle spese degli interventi che migliorano la produzione dei rispettivi fondi. Si passerebbe perciò dalla lamentazione alla partecipazione.

 

In conclusione l'occupazione giovanile ha di fronte a sé due grandi opportunità. In primo luogo l'ondata innovativa. Le fiammelle delle singole start up possono fondersi in un unico braciere. La propagazione delle innovazioni fluisce con rapido contagio lungo tre principali canali: a) trasferimento delle tecnologie (non solo data base, ma anche know how) che può essere agevolato dall'incubatore di aziende che stanno dando ottima prova; b) il credito, accompagnato da garanzie su brevetto o su progetto; c) procedure di autorizzazione e di controllo rapide, efficienti e non invasive.

    

In secondo luogo il recupero del degrado delle infrastrutture macro e micro, fisiche e immateriali. Ciò richiede un'amministrazione composta da funzionari dalla mente lucida, la schiena diritta e le mani pulite. Occorre accorciare la catena di sub-appalti ed evitare la "programmazione dei guasti" che crea rendite eterne. Per responsabilizzare le aziende è necessario prevedere sanzioni tali da rendere poco redditizi i lavori abborracciati dopo gare al ribasso.

    

Le due categorie di "nuovi" occupati saranno radicalmente diverse. I primi giovani, geniali, con solida preparazione tecnico-scientifica. I manutentori saranno di una certa età, con esperienza e know how e potrebbero essere tratti dalla riserva dei cassintegrati.

    

Attenzione però. Queste previsioni potranno verificarsi solo se e quando la politica economica italiana ed europea volgerà finalmente il suo sguardo al lato della domanda globale; il che implica una radicale e politicamente difficile redistribuzione dei redditi.

     

Con questa avvertenza ci rifiutiamo di credere che un Paese che ha costruito oltre la metà della Stazione Spaziale Internazionale, ha contribuito alle ricerche sulla particella di Dio, ha varato la più grande nave da crociera del mondo (la Royal Princess), ha realizzato splendidi manufatti di ingegneria civile, dal ponte sul Bosforo all'aeroporto di Tokyo e alle grandi dighe nell'Africa Centrale, non possegga le energie sopite e le riserve di genialità e di capacità organizzative per creare un nuovo miracolo italiano.

Venerdì, 14. Giugno 2013
 

SOCIAL

 

CONTATTI