La strategia per lo sviluppo possibile

La ripresina è più debole che negli altri paesi e soprattutto non crea occupazione. Bisogna promuovere la produzione di beni e servizi a forte intensità di lavoro e che abbiano conseguenze positive sia per i cittadini che per le imprese esportatrici. I soldi ci sarebbero, spostandoli da altri impieghi inutili o dannosi. In coda, un'altra perla del governo

Mentre il dibattito politico sta assumendo aspetti lunari, abissalmente lontani dai problemi del paese, affluiscono dati relativi all'economia italiana che, al di là dei consueti "tamburi lontani" della propaganda governativa, non appaiono confortanti e per la verità anche non molto omogenei. Li riassumiamo brevemente. L'Istat rivede al rialzo il calcolo del primo e secondo trimenstre (+0,5 e +1,3) e, conseguentemente, la proiezione di fine anno (+0,9). Nel frattempo l'Ocse rileva una probabile diminuzione del Pil del terzo trimestre; nonostante ciò la proiezione annuale è dell'1,1; mentre il Fmi scende allo 0,8. La Confindustria, infine, ipotizza l'1,2% nel 2010, ma riduce all'1,3% il dato del 2011. Il governo per ora tace, ma sembra ritenere valida una previsione dell'1,1% per quest'anno e dell'1,5 per il prossimo. Comunque, le differenze sono dell'ordine del 2 o 3 per mille; quel che è certo è che il tasso di sviluppo italiano rimane molto lento. Secondo Emma Marcegaglia - in aperto contrasto con Maurizio Sacconi - l'Italia esce dalla crisi con una dinamica inferiore a quella della maggior parte dei paesi europei. A questi ritmi occorrerebbero 5 anni per tornare ai livelli 2007, purchè nel frattempo non collassi qualche settore produttivo o qualche grande banca,

 

Quel che è peggio è che si sta verificando la nostra previsione della jobless recovery. Il tasso di disoccupazione oscilla intorno all'8,5%; ma raggiungerebbe il 10% con i cassintegrati e ancor più includendo gli "inattivi" (coloro che non cercano più lavoro perchè tanto è inutile). Il Bollettino della Banca d’Italia fa questo conto e arriva all’11%. Il tasso di occupazione della forza lavoro (57%) è fra i più bassi d'Europa. La tesi consolatoria del lavoro nero è indegna di un paese civile, non solo perchè esso è il naturale serbatoio dell'evasione generalizzata e della malavita, ma perchè crea una categoria di untermenschen, il cui peso ricadrà sulla collettività al termine di una vita lavorativa senza contributi.

 

Nella pressocchè totale assenza di indirizzi "sistematici" di politica economica - quelli invocati insistentemente da imprenditori e sindacati - possiamo cercare di individuare qualche elementare criterio di una strategia per lo sviluppo.

 

La dinamica delle esportazioni rimane, come noto, vivace. Per poter continuare e rafforzarsi deve caratterizzare le proprie produzioni con forte intensità di capitale tecnico, di qualità, di innovazione, di design creativo. Queste tipologie industriali non creano occupazione, ma la riducono: il che è perfettamente razionale se si vuol competere in un mercato globale in cui il costo del lavoro è quasi ovunque più basso.

 

Quali caratteristiche dunque dovrebbero avere le produzioni di merci e servizi atte ad accrescere l'occupazione e contemporaneamente alimentare una domanda interna che consenta di rialzare il tasso di crescita del Pil? E da quali fonti trarre i finanziamenti per una politica di sviluppo di questo tipo?

 

Rispondiamo alla prima domanda. Si deve trattare di produzione a forte localizzazione territoriale, proprio per evitare le sfide della competizione internazionale, che la costringerebbero lungo i binari propri delle industrie esportatrici; a forte intensità di lavoro, per assorbire la disoccupazione e sostenere con la massa salariale la domanda interna; i beni e servizi prodotti dovrebbero poter generare economie esterne a beneficio dei cittadini e di quelle stesse imprese esportatrici che per ora reggono quasi per intero lo sforzo della ripresa. Queste caratteristiche potrebbero riscontrarsi in un colossale piano di manutenzione programmata delle strutture geofisiche e urbane del territorio italiano. Tutte le indagini concordano nell'evidenziare l'enorme degrado di tali strutture nel nostro paese, degrado percepito anche dai singoli cittadini. Queste carenze di manutenzione riguardano non solo le infrastrutture (non tanto quelle grandi, ma soprattutto quelle piccole; per esempio non tanto l'alta velocità, ma i treni dei pendolari), ma anche i servizi, sia alle persone che alle imprese. L"arretrato", per così dire, è tale da garantire una domanda pluridecennale.

 

Naturalmente occorre rispondere anche alla seconda domanda: come finanziare, necessariamente con un forte sostegno pubblico, una strategia operativa di questa portata?

 

Possiamo individuare alcune delle principali fonti di finanziamento. In primo luogo gli stanziamenti operati ogni anno ex post per tamponare gli effetti del degrado idrogeologico e urbanistico. In secondo luogo quelle destinate a grandi opere di dubbia utilità, come il ponte sullo Stretto. In terzo luogo i flussi di denaro pubblico che stanno per riversarsi sul nucleare, per risolvere il problema delle scorie e per acquistare a caro prezzo l'acquiescenza delle popolazioni verso l'insediamento delle centrali, aggiungendovi gli sperperi causati dall'ostinato mantenimento di un centinaio di province e ottomila comuni in luogo dei mille calcolati in base alle dimensioni economiche ottime.

 

Vi è poi una quarta fonte di finanziamento volutamente poco esplorata: è quella della elusione. Si tratta di un complesso di agevolazioni perfettamente legali che consentono a certe categorie di contribuenti di detrarre costi che per altre categorie rappresenterebbero base imponibile, muovendosi lungo un labile confine tra l'elusione in senso stretto e l'evasione mascherata. Esempi preclari i megayachts di Briatore e compagni o le molte ville del presidente del Consiglio intestate a società immobiliari, cosicchè ricevimenti, feste ed altre spese, figurando come costi aziendali, contribuiscono a ridurre o azzerare l'imponibile. Disboscare questa giungla lussureggiante sarebbe un compito gratificante per molti funzionari pubblici che si vedono ridurre ad una modesta frazione le detrazioni per spese mediche per i propri parenti ammalati.

 

I paesi che trascurano la manutenzione dell'esistente privilegiando le inaugurazioni delle incompiute, assomigliano a quegli straccioni della Commedia dell'Arte che sotto sgargianti divise avevano il solo sparato della camicia, appoggiato sulla sottostante maglietta piena di buchi.

 
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Post scriptum
 
Un'altra perla del governo
 

E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale un decreto attuativo derivante dalla finanziaria 2009, che prevede l'istituzione di agenzie per lo snellimento delle pratiche delle imprese. Queste agenzie (private) saranno dotate di autorità certificatoria. Recita testualmente il commento ufficiale: "E' un passo ulteriore verso la privatizzazione della Pubblica Amministrazione".

 

Si tratta dunque della legalizzazione della mazzetta, che assumerà la forma di compenso per attività di snellimento pratiche e verrà regolarmente fatturata. E' l'evoluzione "epocale" del meccanismo del bakscisch, che ha caratterizzato gli anni della lunga decadenza dell'impero ottomano.

 

Può anche assimilarsi al metodo Cepu, nel quale la velocità di apprendimento è correlata all'entità delle somme sborsate. L'iniziativa rientra nella lotta alla criminalità, attuata tramite la legalizzazione di attività considerate punibili da una cultura giustizialista e repressiva di una certa sinistra. Si attende analogo provvedimento a favore delle famiglie, con l'istituzione di un "quoziente di criminalità familiare", che consenta di ridurre statisticamente il numero dei crimini commessi fra congiunti o parenti.
Domenica, 17. Ottobre 2010
 

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