Nella storia del Brasile nessun presidente era stato mai eletto con un così grande consenso popolare. Che la vittoria di Lula costituisca un evento che cambia la storia del Brasile sembra evidente. Ma, come ha scritto Le Monde, si tratta di un avvenimento che supera le frontiere del Brasile. Cambia la mappa politica dellAmerica latina ha scritto il New York Times.
Viviamo in unepoca di grigiore politico, e il desiderio di assistere a un grande cambiamento potrebbe alimentare la retorica intorno al giovane tornitore meccanico, ragazzo povero emigrato dal Nordest, che diventa presidente di uno dei più grandi, popolati e ricchi paesi del pianeta. Ma al di là del rischio della retorica, quello che si è prodotto il 27 ottobre, quando 52 milioni d brasiliani hanno votato per Luiz Inacio Lula da Silva presidente, è un effettivo evento storico.
La sfida che Lula ha lanciato, nel corso di quindici anni, lottando per la presidenza contro i candidati di una potente, quanto impermeabile a ogni idea di progresso sociale, oligarchia di grandi proprietari terrieri, banchieri, imprese multinazionali, giornali, televisioni è stata un capolavoro di intransigente fiducia nellidea che il cambiamento è non solo auspicabile ma possibile. Ma la sfida più grande, Lula laffronterà ora che la vittoria è stata conquistata.
Come ha scritto uno storico americano è la sfida fra la forza della democrazia e la potenza globale dei mercati finanziari. Lo straordinario consenso popolare lo obbliga politicamente e moralmente a mantenere le promesse del cambiamento: ridistribuire una parte della terra ai contadini, ridurre la disoccupazione, garantire la sanità di base alle donne brasiliane, uneducazione degna di questo nome ai ragazzi, costruire abitazioni per quelli che ne sono privi, ridurre la violenza nelle favelas.
Ma questo programma si scontra non solo con le difficoltà di unoligarchia conservatrice, ma con lattuale condizione di emergenza che attraversa il Brasile stretto nella tenaglia di una crisi finanziaria che potrebbe replicare la catastrofe dellArgentina. In vista delle elezioni presidenziali, la speculazione interna e internazionale ha ulteriormente forzato la svalutazione del cambio: il real, fissato a un cambio di uno a uno con il dollaro americano da Fernando Henrique Cardoso nellestate del 1994, alla vigilia delle elezioni era sceso a 3,90.
Il Fondo monetario internazionale ha accordato ad agosto un prestito di 30 miliardi di dollari, ma imponendo condizioni che tutti i candidati hanno dovuto sottoscrivere, tra le quali lavanzo primario nel bilancio federale del 3,75 del prodotto interno lordo. I tassi dinteresse sono saliti intorno al 20 per cento. E il debito pubblico, benché per i quattro quinti interno, è in larga misura indicizzato sul dollaro. Così, la svalutazione del cambio accresce il debito, linflazione e i tassi di interesse, creando un micidiale circolo vizioso che si autoalimenta, in un quadro che i mercati finanziari considerano a rischio di insolvenza.
Lula e il gruppo di economisti che ha forgiato in questi anni il suo programma conoscono perfettamente la minaccia costituita da una crisi finanziaria. Debbono stabilizzare la situazione finanziaria a breve per muovere poi le pedine sulla scacchiera delle riforme, a cominciare dalla riforma fiscale che è la premessa per accrescere gli investimenti pubblici e fornire al paese un sistema di servizi efficiente.
Lula arriva alla presidenza avendo ottenuto il consenso non solo dei ceti poveri e diseredati, e non solo di una parte dei ceti medi, ma anche di quella parte della borghesia produttiva che la politica neoliberista di Cardoso ha messo in crisi, aprendo indiscriminatamente il mercato interno alle multinazionali e alla speculazione finanziaria. Lula ha in mente un sistema di cooperazione con la borghesia produttiva basato su quello che il programma del PT definisce un nuovo modello di sviluppo e su un grande Patto sociale, secondo la tradizione socialdemocratica.
Ma si tratta di un programma politico che ha bisogno di tempo oltre che di consenso. E se il consenso gli proviene dal voto, i tempi sono dettati dai mercati finanziari. In condizioni di ragionevole libertà politica, in un sistema democratico, la crisi finanziaria imporrebbe una fase di moratoria e di allungamento delle scadenze del debito. Tempo e gradualità delle risposte sul terreno economico e sociale sono decisive. Ma il terrorismo economico e lassedio dei mercati finanziari minacciano di bloccare il processo sul nascere.
La sfida che Lula si accinge ad affrontare è quella di una strategia post-neoliberista. Non si tratta dellingenua negazione della forza dei mercati, ma lintroduzione di nuove regole, la restituzione di un ruolo di direzione, mediazione, controllo alla politica. Il Brasile ci dirà, dopo la straordinaria vittoria di Lula, se la democrazia politica, circondata da uno straordinario consenso popolare, può ancora prevalere sui condizionamenti di un mondo globalizzato, dominato dalle oligarchie finanziarie internazionali. Una sfida la cui posta supera, come si diceva allinizio, i confini del Brasile, e interessa il futuro della democrazia.
EL ha intervistato Lula appena prima del voto. Leggi l'intervista