La ripresa e il governo dei miracoli

Mentre il paese annaspa accodandosi con fatica agli accenni di crescita mondiale, ma senza nessuna riduzione della disoccupazione, l’esecutivo e i suoi corifei vantano successi strepitosi. Che ad esaminarli bene…

I sintomi di ripresa in Europa si vanno profilando. In misura più accentuata in Francia, Germania e Gran Bretagna: penultima l'Italia, contrariamente a quanto cercano di farci credere gli imbonitori di turno, sbandierando degli indicatori OCSE che non hanno misurabilità quantitativa, ma sono soltanto una sintesi di buone intenzioni. I tassi di sviluppo previsti vanno dal 6 per mille dell'ABI, all'1% di Tremonti. E' possibile che la seconda metà di gennaio e la prima metà di febbraio segnino una battuta di arresto nei consumi interni e forse nella produzione industriale. Ci salvano dalle posizioni di coda Spagna e Grecia. Come avevamo ipotizzato in precedente articolo, la ripresa sarà senza aumenti occupazionali. I sindacati temono 200.000 disoccupati in più nel 2010, e cioè circa la metà degli attuali cassaintegrati. Altri osservatori, basandosi sul tasso di attività, che è fra i più bassi d'Europa, parlano di 4 milioni di senza lavoro, includendovi coloro che non lo cercano più. Mi sembra però una visione parziale, che non considera né il lavoro nero né le militanze criminali.

 

In questo panorama non esaltante, gli organi di stampa e audiovisivi filo-governativi (di fatto, quasi tutti) intonano peana di vittoria, attribuendo il trend di moderata crescita non all'effetto trainante dello sviluppo mondiale, come sembrerebbe potersi dedurre dalla produzione export-oriented, ma alla formidabile azione di politica economica del governo.

 

Siamo dunque di fronte al governo dei miracoli o a una corte dei miracoli? Esamineremo alcuni provvedimenti attuati, deliberati o attesi (nel Milleproroghe, nel decreto sullo sviluppo o nel Piano - manco a dirlo, Berlusconi - per il Sud) per rammentare agli immemori le mirabilia del governo in carica e risvegliare i dormienti.

 

In primo luogo, il fabbisogno è salito a 86 miliardi di euro. Ma Tremonti esulta perchè (udite! udite!) aveva preventivato 88 miliardi. Ci ricorda quel maldestro cavaliere che, cadendo da cavallo, esclamò: "tanto volevo scendere....". In realtà il fabbisogno è stato tamponato per 5 miliardi dal gettito una tantum dello scudo fiscale, nonchè dai prelievi sulle liquidazioni dei lavoratori dipendenti e sui fondi per lo sviluppo delle aree arretrate, usati come bancomat.

 

Il secondo miracolo consisterebbe proprio nel successo dello scudo fiscale. Sono rientrati i capitali degli evasori e forse - come sostengono i "fomentatori dell'odio" - anche capitali della malavita, con accorte triangolazioni di somme che escono "nere" e rientrano "bianche", con retrodatazioni compiacenti. Bisogna riconoscere però che le cifre incassate hanno favorito capillari manovre clientelari, chiaramente visibili nel Milleproroghe.

 

Il terzo miracolo consisterebbe nell'accresciuto potere d'acquisto di salari e pensioni per la debolissima inflazione. A parte il fatto che i pensionati "pagheranno caro e pagheranno tutti" nei conguagli, avrete notato che è scomparso il dibattito sulla forte differenza fra l'indice di inflazione riferito alla totalità delle merci e dei servizi e quello parametrato sul "paniere" di acquisti dei redditieri medio-bassi (indice promesso dall'Istat ma non realizzato). Il pensionato al minimo non trae giovamento dal crollo del prezzo del cobalto, ma subisce i rincari di pasta, riso, pane e benzina. Si dimentica inoltre il fatto che i rinnovi contrattuali non riguardano il vasto popolo dei pensionati e che comunque vengono pagati con uno, due anni di ritardo, senza rimborsare mai il fiscal drag.

 

Si è inoltre esaltato il ruolo della Cassa integrazione ordinaria e in deroga, come se fosse un regalo del governo ai lavoratori, e non un dimezzamento dei salari per un milione di persone. Per non parlare dell'elemosina offerta solamente ad una parte dei precari (un quinto dei guadagni dell'anno precedente!).

 

Sulle grandi opere, il rullo dei tamburi è di tipo africano. In realtà vediamo promesse e stanziamenti. Ma flussi di cassa ben pochi, se è vero, come è vero, che lo Stato deve alle imprese, per lavori già eseguiti, 70 miliardi di euro (quasi otto finanziarie) che sono costati alle imprese una decina di miliardi di interessi passivi. Signora Marcegaglia, batta un colpo......

 

Nuovi miracoli si profilano all'orizzonte. Ne ricordiamo due: incentivi alla ricerca per due miliardi (spalmati su qualche anno), gabellati come novità assolute. Molti ignorano che essi furono istituiti mezzo secolo fa con il Fondo Imi Ricerca e con i contratti Cnr per i progetti finalizzati; il provvedimento fu rivisitato da Bersani nel programma Industria 2015, abolito e poi risuscitato in forma diversa nelle metamorfosi di Silvio-Ovidio. L'ombra dei fantasmi di Prodi e Bersani aleggia anche sul Piano per il Sud (secondo miracolo atteso). Si prevedono sgravi fiscali per le assunzioni a tempo indeterminato: misure contenute nella finanziaria di Prodi, fulmineamente abolite e poi reintegrate.

 

Questa corte dei miracoli, con il suo caleidoscopio di provvedimenti più annunciati che realizzati (ma il presidente del Consiglio ci ha promesso di fare uno studio per dimostrarne l'esistenza) dovrà prima o poi fronteggiare, previo prevedibile passaggio alla Corte Costituzionale, la scure della Corte dei Conti. E' infatti destinato a fallire il maldestro tentativo di evitarne l'esame creando Spa di comodo (per gli immobili della Difesa, per la gestione privatizzata delle risorse idriche) o accampando motivi di urgenza per commissariamenti che coprono sperperi su larga scala, come per il Piano Case (costi quasi doppi rispetto al normale immobiliare, con affidamenti a ditte "amiche"), per l'acquisto di vaccini e per le stesse operazioni "Monnezza" a Napoli, Palermo e Catania.

 

La ciliegina sulla torta è il Piano Carceri. La rappresentazione è sempre la stessa: risveglio dopo un lungo sonno - sette anni di governo con il breve intervallo Prodi -  stupefatta constatazione di problemi gravissimi e urgentissimi, dichiarazione di emergenza, che implica procedure di appalto straordinariamente semplificate. Citando una ben nota "sura" di Andreotti, possiamo concludere che "a pensar male si fa peccato, ma il più delle volte si indovina".

Sabato, 23. Gennaio 2010
 

SOCIAL

 

CONTATTI