La ripresa c’è, ma quanta benzina resta?

La crescita è trainata dagli investimenti, stimolati dagli incentivi, e dalle esportazioni. Ma negli altri paesi è iniziata molto prima: osserva Ref che in Germania dura da 35 trimestri, mai negli ultimi 25 anni era durata tanto. Quanto ancora reggerà? Anche il QE ha i mesi contati. E intanto il ritardo verso i partner europei continua ad aumentare

Gli ultimi dati di contabilità nazionale confermano che la ripresa si sta consolidando. Nel terzo trimestre il Pil è cresciuto dello 0,4% sul secondo trimestre e dell’1,7% tendenziale, un buon risultato, anche se leggermente inferiore alla stima flash (0,5% trimestre/trimestre, 1,8% anno/anno). La crescita acquisita per quest’anno è dell’1,4% e probabilmente, se il quarto trimestre non deluderà le aspettative, si potrà arrivare all’1,5-1,6 per cento come consuntivo 2017. Alla crescita congiunturale del terzo trimestre hanno contribuito sia la domanda interna (+0,7 punti percentuali al netto delle scorte) sia quella estera (+0,2 punti), mentre le scorte hanno fornito un contributo negativo, “assorbendo” 0,5 punti di domanda interna.

A trainare la crescita sono stati gli investimenti e le esportazioni. I primi (3% t/t, 4,6% a/a) hanno beneficiato (finalmente!) della maggiore spesa per i macchinari e impianti (6% t/t, 5,4% a/a) e per i mezzi di trasporto (1,9% t/t, 23,3% a/a), che però stanno esaurendo la spinta propulsiva degli ultimi due anni, mentre ancora faticano a ripartire le costruzioni (0,3% t/t, 1,1% a/a). Le esportazioni (1,6% t/t, 5,3% a/a) si sono giovate della ripresa in corso in Europa e nel mondo, oltre che della tenuta delle quote di mercato avvenuta negli ultimi due anni. Guardando a questi risultati si capisce perché sia l’industria manifatturiera la protagonista della ripresa (1,65 t/t, 3,2% a/a considerando anche l’energia). In effetti, anche altri indicatori, come la produzione industriale (a parte il dato di settembre), l’indice PMI dei direttori agli acquisti del manifatturiero, che a novembre ha raggiunto quota 58,3, la più alta da marzo 2011, il clima di fiducia dell’Istat confermano il momento favorevole dell’industria, costruzioni escluse.

Non sono andati male nel terzo trimestre i consumi delle famiglie (0,3% t/t, 1,5% a/a), grazie soprattutto all’acquisto di beni durevoli, aumentati del 2,3% rispetto al secondo trimestre. Anche questo è un elemento che contribuisce a rafforzare l’industria, mentre langue l’acquisto di servizi (0,2% t/t), che trova riscontro nella stagnazione del settore (appena +0,1% t/t).

Quanto è destinata a durare questa ripresa? Le prospettive per il quarto trimestre del 2017 e per gli inizi del 2018 sono ancora favorevoli per gli investimenti e le esportazioni, quindi per l’industria. Sugli investimenti continueranno ad agire due fattori estremamente importanti: da un lato, i generosi incentivi fiscali decisi dal ministro Calenda, che, secondo le stime di Prometeia, dovrebbero dare un impulso alla crescita stimato in 3 punti percentuali nel periodo 2015-2018; dall’altro, la necessità di recuperare il pesante ritardo in termini di stock di capitale accumulato dall’Italia negli anni della crisi rispetto ai principali paesi. E’ più difficile invece pensare che il vigore della ripresa si estenda in maniera forte e duratura alle famiglie, il cui potere d’acquisto è indebolito da troppi anni di mancati aumenti salariali e dal lento recupero dell’occupazione. Nella legge di bilancio il governo ha messo sul piatto il rinnovo del contratto del pubblico impiego, che dovrebbe portare a un aumento medio di 85 euro per gli statali con i redditi più bassi, e gli sgravi fiscali triennali sui contributi per le assunzioni a tempo indeterminato dei giovani. Occorrerà vedere quanto potranno incidere queste misure, che comunque difficilmente potranno alterare un quadro di fondo dominato da un diffuso senso di precarietà soprattutto tra i giovani e tra le categorie più deboli.

Infine, occorre considerare un ultimo elemento che impone di non farsi andare a troppo facili euforie: quello di un quadro internazionale, ed europeo in particolare, che sconta una ripresa cominciata molto prima rispetto all’Italia e che quindi fra non molto potrebbe vedere un rallentamento significativo. Come ha calcolato il Ref, la ripresa in Germania, iniziata nel 2009, dura da 35 trimestri ed è la più lunga degli ultimi venticinque anni. Le due precedenti fasi di ripresa - fra il 1993 e il 2001 e fra il 2003 e il 2008 - sono infatti durate, rispettivamente, 30 e 19 trimestri. Da tempo Weidmann e Schäuble chiedono a Draghi di rientrare dal Quantitative easing e di cominciare a tirare i freni. Questo non avverrà nell’immediato, ma già dalla seconda metà del 2018 l’aria è destinata a cambiare. In Italia la ripresa dura da 13 trimestri, se si considerano le variazioni congiunturali, da 16, se si considerano quelle tendenziali. Siamo saliti troppo tardi sul treno della ripresa e rischiamo di essere, fra poco, a fine corsa. Nel frattempo, continuiamo ad aumentare il nostro ritardo verso i paesi leader europei. In trent’anni, come rileva Prometeia, la nostra crescita cumulata è stata di 22 punti in meno rispetto a Germania e Francia, di 18 se si considera il reddito pro-capite. Fino a che non si invertirà questa spirale continueremo a rimanere tra i vagoni di coda e a contare sempre meno in Europa.

Martedì, 5. Dicembre 2017
 

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