La manovra topolino e lo sforamento preventivo

Ripercorriamo i capitoli di una manovra che vale il 3 per mille del Pil. Fare di più, approfittando della possibilità di sforare i parametri di Maastricht? Già fatto: tra abolizione Ici, vicenda Alitalia e riduzione del gettito fiscale saremo al 4,5 di deficit

Si è detto che la recente manovra del governo equivale ad un topolino partorito da una montagna (di chiacchiere). Le sue dimensioni sono per ora quelle da noi previste in una nota precedente (grosso modo, meno del 3 per mille del Pil). In buona parte, le somme verranno erogate dopo l'inizio del 2009. Too little, too late, come detto.

 

La direzione sembra, per ora, con qualche rilevante eccezione, quella del demand-side, in quanto i beneficiari sono cittadini a basso reddito. Le eccezioni sono costituite dalla riduzione di imposte alle imprese (detraibilità del 10% dell'IRAP dall'imponibile dei redditi di impresa) e revisione dei cosiddetti studi di settore (nell'intento di far pagare meno imposte agli operatori economici che siano in vere o presunte difficoltà congiunturali. In qualche caso si tratta di contribuenti infedeli ma fedeli elettori).

 

La tecnica operativa è straordinariamente complicata. La trafila per la social card è defatigante. Anche il meccanismo di detrazione dell'IRAP dall'IRES sembra non solo complesso, ma anche illusorio, in una fase nella quale i redditi di impresa non sembrano positivi. Ricordiamo che in condizioni normali quasi la metà delle aziende italiane denunciano utili negativi o nulli.

 

I singoli provvedimenti sembrano raffazzonati, per tenere insieme una coalizione di interessi, che "fa quadrato" solo nelle immagini televisive. Così, ad esempio, la detassazione del salario di produttività è estesa alle forze dell'ordine, ma non agli altri statali;  quella sugli staordinari, fiore all'occhiello di una manovra precedente, a quanto sembra scompare; la Cassa Integrazione per i precari disoccupati risulterebbe del 5% (sic!) del reddito annuo percepito quando erano occupati (ma sembra che per i lavoratori a progetto il meccanismo sia più liberale); il blocco al 4% del tasso sui mutui a tasso variabile, con l'accollo allo Stato della parte eccedente, avviene quando l'Euribor, su cui l'onere è calcolato, è al 3,83%; il raddoppio dell'IVA sulle TV a pagamento colpisce 4 milioni e mezzo di utenti SKY e, en passant, favorisce indirettamente il presidente del Consiglio; la porno-tax è la comica finale e potrebbe colpire, se fosse retroattiva, qualche ministro in carica.

 

Per quanto concerne le opere pubbliche (gli strombazzati 80 miliardi si proiettano fino al 2013) quelle approvabili entro l'anno sarebbero di 16,5 miliardi di euro; non si sa con quale ritmo di spesa effettiva. Ci si augura che si tratti di completamento di opere già in cantiere. E' un'antica e deprecabile tradizione della politica italiana quella di aprire cantieri anzichè chiuderli (come cercò di fare Prodi). Fa capolino inoltre un'altra proposta Prodi mai realizzata: proseguire i lavori anche in caso di ricorso, garantendo comunque al ricorrente, se risultasse vincitore, un equo indennizzo e il subentro per completamento opera.

 

Paradossalmente la manovra di 10 minuti (quella attuale) mantiene tutti o quasi i tagli di spesa di quella da 9 minuti e mezzo (la finanziaria). La governance della politica economica rischia una multa per guida pericolosa.

 
L'esiguità della manovra, e soprattutto lo spostamento di alcuni flussi di spesa a febbraio-marzo 2009 induce a due ordini di considerazioni. La prima è relativa alla cosiddetta "teoria dei minimi quanti". Al di sotto di un certo livello minimo, l'efficacia della pressione esercitata su un punto, non è piccola, ma nulla. Un uomo, premendo anche per molte ore su un'automobile del peso di 12 quintali, non riesce a spostarla; ma quattro uomini contemporaneamente si.

 

Una seconda ed ultima considerazione riguarda il sorgere di qualche dubbio sulla effettiva situazione dei conti pubblici. Su di essi gravano i 3 miliardi (o 3,5?) persi con l'abolizione dell'ICI sulle abitazioni di tipo medio-alto; i 3 miliardi (o 3,5?) che stiamo perdendo con l'Alitalia, più gli eventuali rimborsi ai 30.000 azionisti, se dovessero vincere le cause sicuramente promosse; la riduzione del gettito fiscale, sia per l'avversa congiuntura, sia per il probabile allargarsi dell'area di evasione dopo la scomparsa dello spauracchio Visco. Nel frattempo i lavoratori dipendenti vedono continuamente aumentare la loro pressione fiscale per la mancata restituzione del fiscal drag (nonostante le battute con sorriso saputello di Bonaiuti).

 
Se così fosse, le affermazioni un po' avventate di qualche politico, anche di opposizione (perchè non ci avvaliamo dei margini di elasticità che ora consente la Commissione per lo sforamento del 3% del rapporto deficit/Pil?) sarebbero largamente superate dal fatto che "abbiamo già sforato". Personalmente credo che ci stiamo avviando verso il 4,5%.
Mercoledì, 3. Dicembre 2008
 

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