L’illusionista di Arcore e la realtà del declino

I sondaggi danno Berlusconi in ripresa: il taglio alle tasse funziona. anche se è finto per i più e favorisce solo i più facoltosi. Intanto l'Italia crolla nella classifica internazionale della competitività. E il centro-sinistra non trova una politica

Pare che i sondaggi più recenti, successivi al provvedimento fiscale, diano Berlusconi in forte ripresa. Tanto da averlo spinto non solo ad annunciare altri "tagli" di tasse per il 2006, ma anche a richiamare alla ribalta il teorico di questa linea, l'ex ministro dell'economia Giulio Tremonti, da poco trombato.

E' vero che con questa mossa ha sventato il rischio che Tremonti fondasse un suo partito che poteva complicare le cose per il Polo, ma è anche un chiaro segno di un colpo di reni con cui, mentre si sentiva affogare, pensa di essere tornato a galla. Quanto agli alleati riottosi, Follini e Fini, promossi e sistemati, con una mossa che ricorda quella di Craxi quando, assediato dai tre "colonnelli" (Manca, Signorile e De Michelis) e a rischio di perdere la segreteria, accettò un accordo che sembrava "commissariarlo": invece era la svolta dopo la quale, in non molto tempo, si sarebbe mangiato tutti e tre i colonnelli conquistando tutto il potere nel partito.

Come sia questo "taglio delle tasse" lo spiega bene l'articolo di Pierre Carniti: un taglio finto che per molti si tradurrà in un aggravio e che però avvantaggerà la (piccola) parte più facoltosa dei contribuenti. Sono stati sentiti solo questi contribuenti, nei sondaggi? Evidentemente no: ed altrettanto evidentemente l'illusionismo fiscale ha funzionato, almeno per ora. Come avevano funzionato nelle precedenti elezioni gli slogan sui cartelloni tre-per-sei, come ha funzionato la campagna dio-patria-famiglia di Bush.

Se si vuole battere Berlusconi qualcosa da questi fatti bisognerà pure imparare. Certo, è difficile combattere contro la demagogia, come diceva già Platone. Ma ci saranno pure dei modi per parlare agli elettori in modo comprensibile proponendo sia valori (veri, possibilmente) che programmi semplici e concreti, traducibili in slogan altrettanto efficaci di quelli dei forzisti. La controproposta fiscale della sinistra, tanto per fare un esempio, certamente NON rientra tra questi modi. Un ragionamento aggrovigliato in partenza ("La riforma non si può fare: ma se si facesse"…. Ma scherziamo?), un meccanismo comprensibile solo ai professori di scienza delle finanze, che addirittura prevede aliquote più alte per redditi non certo da nababbo (ma con le detrazioni… sì, vallo a spiegare! E comunque una proposta politica è come una barzelletta: se la devi spiegare, vuol dire che l'hai raccontata male).

Bisognerà trovarla in fretta, una linea efficace,  perché un'altra legislatura di Berlusconi non ce la possiamo permettere. Basta leggere l'articolo di Marco Panara, che ha analizzato una ricerca del World Economic Forum: tra il 2001 e il 2003 l'Italia è passata da ventiseiesimo al quarantasettesimo posto nella classifica internazionale della competitività, un disastro che non trova confronti nell'andamento dei nostri concorrenti, sia quelli più forti che quelli meno. Tra l'altro la ricerca mette in evidenza che la pressione fiscale non c'entra niente con la competitività, come dimostra il fatto che parecchi dei primi posti in classifica sono occupati da paesi dove si pagano molte più tasse che in Italia.

E basta leggere l'articolo di Antonio Lettieri, in cui si racconta come Berlusconi vorrebbe liberarsi dal Patto di stabilità per poter ridurre ancora di più le tasse, con tanti saluti al controllo del deficit: e chi se ne importa se il nostro debito pubblico è ancora al 106% del Pil. Intanto eleggetemi, poi si vedrà: con quel debito faranno i conti i nostri figli (ma anche noi, quando cambierà governo).

Per fortuna, questa mossa così scriteriata l'Unione europea non ce la farà fare. Ma basta chiederla, come sta facendo il nostro presidente del Consiglio, per squalificare ancora di più la nostra credibilità già duramente provata.

Lunedì, 6. Dicembre 2004
 

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