L’austerità e il paradosso di Giffen

Ci sono fenomeni in cui dosi successive sempre maggiori invece di soddisfare generano una ulteriore necessità come l’assuefazione alle droghe. Così è stata la politica europea dei tagli, che invece di ridurre ha fatto crescere i debiti pubblici. Ora che appare una timida inversione di rotta è bene riflettere sulle linee da seguire per il lavoro e le tecnologie

Il paradosso di Giffen è il fenomeno economico per cui l'assunzione di dosi successive sempre maggiori di un prodotto anzichè seguire la linea della decrescenza dell'utilità marginale tende ad aumentarne la domanda. In medicina porta il nome di "bulimia" o, nel caso delle droghe, di "dipendenza".

    

Un vero e proprio paradosso di Giffen è quello che ha generato nelle economie europee la politica dell'austerirà a tutti i costi. Motivata dall'obiettivo del risanamento dei pubblici bilanci, ad ogni dose di intervento ha provocato il peggioramento dei bilanci stessi. L'assurda terapia è consistita nell'aumento ulteriore delle dosi di rigore e contrazione della spesa pubblica innestando una prevedibilissima spirale recessiva.

    

Questa politica sembra giunta ad un punto di inversione di rotta. Il gelido Katainen ha ammesso, parlando alla Camera dei deputati, che la Commissione, di cui è vicepresidente, ha "cambiato verso". Con cortesia istituzionale ne ha attribuito il merito alla presidenza italiana nel semestre testè trascorso. Facendo riferimento al Piano Juncker, ha invocato una ripresa degli investimenti (che, sempre secondo Katainen, dovrebbero essere prevalentemente privati) con l'obiettivo dichiarato di promuovere l'occupazione e lo sviluppo.

    

Dobbiamo dunque porci le seguenti domande:

A. Quali correlazioni sussistono tra costo del lavoro per unità di prodotto, salari e orari di lavoro, qualificazione professionale e livello della tecnica?

B. In quali direzioni si sta di fatto muovendo la politica industriale, sia comunitaria che nazionale?

C. Quali potrebbero essere - a nostro avviso - i più efficaci indirizzi programmatici di questa politica?

 

Per quel che riguarda gli effetti del livello della tecnica su salari, orari di lavoro, qualificazione professionale e occupazione, due pensatori del secolo scorso hanno disegnato in tempi, contesti e scopi diversi, scenari alternativi: Keynes e Gandhi.

    

Tentando di prevedere il mondo del suo domani, che è il nostro oggi, Keynes immaginava che ad un alto livello di tecnologie applicate facessero riscontro elevati salari di lavoratori professionalizzati con orari di lavoro drasticamente ridotti. L'ampio tempo libero così ottenuto sarebbe stato colmato dal fiorire di un'economia di beni comuni e di attività anche immateriali, come quelle ludiche, artistiche, di cura della persona, etc.

    

Gandhi, con lo scopo non secondario di attaccare la potenza coloniale che allora governava il suo paese e che aveva il dominio delle tecniche. auspicava uno sbocco neo-luddistico con un vero e proprio "regresso delle tecniche" soprattutto nel settore tessile. Donde la simbologia dell'arcolaio. Questo arretramento delle tecniche sarebbe stato anche il modo per ottenere la piena occupazione resa altrimenti impossibile - prescindendo dalla presenza dei dominatori coloniali - dalla sroporzione fra capitale umano e capitale finanziario.

    

Storicamente si sono registrati esempi parzialmente comparabili sia con l'uno che con l'altro scenario. Quello che chiameremo "futuribile keynesiano" si è verificato per periodi anche lunghi in alcuni paesi del Nord-Europa ed è stato caratterizzato da un ottimo welfare sostenuto da un'imposizione fortemente progressiva. Quello "gandhiano" si evidenzia soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Talora i due modelli convivono: nei rapporti fra madrepatria e colonie grazie a ragioni di scambio imposte artificialmente; nelle relazioni neo-colonialiste tramite il potere finanziario e subdolamente politico delle multinazionali. Con larga approssimazione si può affermare che i lunghi orari di lavoro e i bassi salari del terzo o quarto mondo insieme al divario tecnologico sostengono indirettamente non solo i profitti, ma anche i più alti salari e i più contenuti orari di lavoro dei Paesi progrediti.

 

Tra queste due alternative quali sono le scelte concrete di politica industriale comunitarie e nazionali? In altro articolo avevamo osservato che l'attuale fase storica è caratterizzata dalla ricerca del consenso in una società liquida e parcellizzata da parte di una dirigenza economica e politica short-sighted, che non guarda lontano. Non desta quindi meraviglia il fatto che vengano adottati provvedimenti tra loro incoerenti, così da poter paragonare la Commissione e molti governi all'asino di Buridano.

    

L'UE prevede programmi di lungo periodo - Horizon 2020 con uno stanziamento di 70 miliardi di euro - di promozione della ricerca scientifica e tecnologica. Nel silenzio tombale dei mass-media italiani, i progetti di ricerca del nostro paese occupano il terzo posto su 28. E scusate se è poco! Ma contemporaneamente figurano interventi che oggettivamente favoriscono settori o aziende a livello tecnologico non elevato e a dimensioni minori di quelle ottimali (argomento su cui torneremo fra breve). Basti pensare all'agriturismo, alle economie montane, a certi aspetti del Fondo Sociale Europeo.

    

A livello nazionale molti provvedimenti in corso di attuazione sono fra loro oggettivamente scoordinati. Abbiamo da un lato interventi a favore di imprese piccole o piccolissime, di natura creditizia e fiscale (de minimis, forfettoni, garanzie pubbliche; dall'altro (Investment Compact, trasformazione in Spa di alcune grandi Popolari) sembra si vogliano favorire le grandi imprese e le aggregazioni aziendali. Altri provvedimenti privilegiano la ricerca avanzata (deduzione spese di ricerca e sconti fiscali per commercializzazione di marchi e brevetti).

 

Sorgono due domande cruciali. La prima (che riguarda gli effetti del Jobs Act) è la seguente: come incidono il costo e gli orari di lavoro sulle scelte del livello della tecnica e sull'occupazione e viceversa? La seconda riguarda i rapporti fra dimensioni d'impresa e qualità della tecnologia applicata.

    

Un primo punto sembra assodato ed è quello fatto proprio da Keynes. Le tecnologie di avanguardia riducono l'incidenza del costo del lavoro ed implicano - per evitare la disoccupazione e le crisi di domanda - alti salari, orari di lavoro ridotti ed una organizzazione del lavoro stesso radicalmente diversa. Vedi il caso del settore automotive. E' valida però anche la correlazione inversa: una riduzione del costo del lavoro, naturale (salari bassi e orari lunghi) o artificiale (sgravi contributivi) può rallentare la spinta imprenditoriale verso l'introduzionne di processi più avanzati che, proprio perché innovativi, comportano una certa dose di rischio.

    

Se così fosse alcune scelte del Jobs Act sembrerebbero muoversi in direzione opposta rispetto alle esigenze di rapido ammodernamento del paese che incombono nei settori della siderurgia, della cantieristica, della logistica, dell'informatica e delle tecnologie dei materiali.

    

Quanto alle dimensioni di impresa in altro scritto avevamo stigmatizzato l'ottuso mantra del "piccolo è bello": la sua valenza è politico-elettorale, non ha nessun riscontro nella teoria economica. O un'impresa ha le dimensioni ottime rispetto al livello della tecnica prevalente ed al mercato in cui opera, o è in fase di crescita (infant industry), o è sull'orlo del fallimento. L'intervento promozionale si giustifica solo nel caso di scuola ottocentesca germanica - dell'industria bambina. Non è interesse nazionale mantenere un popolo di pigmei industriali. La classificazione in base a standard numerici di fatturato e/o occupazione è comunque non realistica: la microtecnica consente ad imprese molto piccole di conseguire dimensioni ottimali. Si pensi ai tagliatori di diamanti olandesi.

    

Due settori comprendenti imprese di dimensioni molto diverse hanno sofferto meno della lunga crisi e sono tuttora in espansione: l'agrindustria e l'artigianato di qualità. In ambedue i casi le innovazioni della microtecnica hanno avuto un ruolo rilevante. Per l'artigianato i nuovi materiali, più avanzate strumentazioni e l'eccellenza del design hanno promosso una rinascita poderosa nel settore del lusso, con esempi significativi di alta professionalità, alti salari, assenza di conflittualità sindacale (si pensi al caso di Brunello Cucinelli). Nell'agrindustria si sono manifestati fenomeni aggregativi di tipo stellare, con reti e filiere di aziende piccole ma efficienti articolate intorno a strutture organizzative e commerciali pilotate da grandi imprese. Purtroppo la presidenza italiana della Ue non è riuscita a chiudere il provvedimento di protezione del made in Italy in campo alimentare. E' improbabile che dalle nebbie del Baltico la presidenza estone si impegni strenuamente per difendere la pizza doc.

 

Le possibili linee-guida di un intervento organico per evitare lo zigzagare normativo che amplia temporaneamente il consenso ma riduce o azzera l'efficacia, possono essere così sinteticamente elencate.

     A. Riportare l'attenzione su due temi apparentemente trascurati dai sindacati, stremati dalla battaglia sui licenziamenti individuali condotta nel bel mezzo delle macerie dei licenziamenti collettivi: quello della riduzione dell'orario di lavoro accompagnata da radicali modifiche organizzative e quello delle rivalutazioni salariali sostenute da una massiccia riqualificazione professionale. Quest'ultima andrebbe tolta dalle competenze delle Regioni (dove ha dato pessima prova) ed affidata ad organismi collegati con il mondo delle imprese e della ricerca.

     B. Promuovere i meccanismi di trasferimento delle tecnologie nelle imprese, agendo sull'intera filiera, coordinando centri di ricerca pubblici e privati, individuando e creando stazioni di sperimentazione, potenziando gli incubatori di impresa e stimolando i venture capital con garanzie pubbliche.

     C. Un ruolo importante è quello svolto dall'informazione. Citiamo un esempio. Nel 1981 un organismo promosso dalla Confindustria (Cnos-Tecnoservizi) pubblicò un repertorio dei centri di ricerca pubblici e privati, nel quale erano indicate le ricerche in corso, le principali apparecchiature in dotazione, i servizi che erano in grado di svolgere per specifiche tipologie industriali. (Cfr: Guida ai Centri di Ricerca per l'Industria, Eri, Milano, seconda ed.) . Ripetere l'iniziativa supportata da piattaforma informatica risulterebbe di notevole utilità per gli stessi ricercatori, creando un'interfaccia permanente con il mondo delle imprese.

     D. Occorrera' inoltre rinsaldare il rapporto con i corpi sociali intermedi (sindacati, associazioni di categoria). Chi non si chiama Alessandro non può tagliare i nodi gordiani con un colpo di spada; meglio scioglierli. Al motto di Hobbes "homo homini lupus" è più conveniente per lo sviluppo armonico contrapporre quello dei Moschettieri di Dumas "uno per tutti, tutti per uno".

 

Passando a considerazioni più generali riteniamo che la manovra del cambio, il deprezzamento del petrolio, la riduzione del costo del denaro avranno un'efficacia maggiore dell'abbattimento del costo del lavoro: spalmandosi su tutti i fattori di produzione però dovrebbero non rallentare ma favorire l'introduzione di nuove tecnologie. Anche il QE, iniettando liquidità nel sistema, potrebbe fornire agli start-uppers italiani quel capitale di avviamento che oggi vanno cercando in Usa o in Cina.

    

Per concludere, smettiamola di descrivere il paese come una processione di Flagellanti. E' vero che è indispensabile uno sforzo collettivo, inquadrato, senza preclusioni nominalistiche, in una programmazione globale di medio periodo. Ma è altrettanto vero che il combinato disposto dei fattori favorevoli sovraindicati può spingere l'incremento del Pil anche oltre l'1,8% (la Confindustria azzarda il 2,1 in due anni). Di fronte all'ondata incombente di innovazioni il nostro Paese dev'essere pronto ad allineare una schiera di bicchieri mezzi pieni.
Mercoledì, 4. Febbraio 2015
 

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