La crisi delleurozona nella quale abbiamo assistito alla
ribellione di Matteo Renzi viene da lontano. Lorigine risale alle conseguenze
del collasso finanziario egli stati Uniti nel 2008. Ma la crisi delleurozona
non era fatele. E il risultato di politiche sbagliate e autolesioniste. Il
confronto fra le due sponde dellAtlantico è istruttivo.
1. Dopo il collasso della Lehman
Brothers nellautunno del 2008, il governo americano decise senza esitazioni di
intervenire per bloccare il contagio. Il Congresso mise a disposizione del
governo (erano gli ultimi giorni di George Bush) 700 miliardi dollari da impiegare
per disinnescare la crisi bancaria. Loperazione ebbe successo. Il temuto ripetersi
di della catastrofe del 1929 fu scongiurato.
Una politica equivalente fu negli anni successivi adottata
in Europa. Gli Stati investirono centinaia di miliardi di euro nel salvataggio
delle banche: da quelle britanniche, che furono nazionalizzate, a quelle
tedesche e francesi, nonché irlandesi, spagnole, e così via. Si trattò di una
reazione analoga a quella adottata in America. Ma lanalogia si ferma qui.
A parte il salvataggio delle banche, le politiche cominciarono a divergere
radicalmente. In America, Barack Obama decise, non appena approdato alla Casa
Bianca, una manovra di bilancio di 800 miliardi di dollari per ridare fiato all'economia,
con la crescita di investimenti e consumi. In Europa si adottò la linea
opposta. Poiché il salvataggio delle banche aveva accresciuto i disavanzi di
bilancio e del debito pubblico, le autorità delleurozona imposero una politica
di austerità finalizzata al rientro del disavanzo. In sostanza, una politica
deflazionista, il cui unico esito sarebbe stato una lunga fase prima di recessione,
poi di sostanziale ristagno delleconomia.
Otto anni dopo linizio della crisi, nelleurozona il
reddito nazionale rimane al di sotto di quello pre- crisi; il debito, che
lausterità doveva ridurre, è aumentato; la disoccupazione, che era circa il 10
per cento nelle due aree, è scesa al di sotto del 5 per cento negli Stati
Uniti, mentre ha continuato a crescere nelleurozona, toccando punte estreme
del 25 per cento in Grecia e Spagna.
Levidenza del fallimento delle politiche praticate nelleurozona è un dato di
fatto. Che non è dimostrato solo dal confronto con gli Usa. Se, infatti,
guardiamo allinterno dellUnione europea, scopriamo che la Gran Bretagna, la
Polonia e la Svezia, per citare tre paesi diversamente importanti, fanno
registrare una crescita pari o superiore a quella americana. Lassurdità della
politica imposta dai signori delleurozona, in sostanza dallasse Bruxelles -
Berlino, non può dare adito a dubbi.
In questo quadro, la situazione dellItalia è nel confronto con i maggiori
paesi dellUe la più sconcertante. Ha perduto il 9 per cento del prodotto
interno lordo; la produzione industriale è diminuita di un quarto; la
disoccupazione è raddoppiata, passando dal 6 al 13 per cento al culmine della
crisi.
2. Un tentativo di uscire dalla trappola nella quale si è cacciata leurozona è stato fatto da Mario Draghi, con la decisione di salvare leuro da un rischio di disintegrazione, facendo qualsiasi cosa fosse necessaria. In sostanza inondando di liquidità i mercati monetari. Una misura che se pure in ritardo, replicava la politica della Federal Reserve di Ben Bernanke. Ma, ancora una volta, lanalogia si ferma qui.
Labbondante liquidità consentita dalla Bce a tassi dinteresse vicino o al di sotto dello zero in termini reali avrebbe potuto incentivare gli investimenti pubblici per recuperare la crescita, fare da sponda agli investimenti privati, migliorare gli standard di efficienza del paese, combattere la disoccupazione di massa. Sarebbe stato ragionevole, ma è proibito: le regole della zona euro, infatti, impongono una chimerica marcia forzata verso il pareggio di bilancio. Non è possibile attuare una spesa di investimenti diretti alla crescita. E la mancanza di crescita aggrava gli squilibri della finanza pubblica. Un infernale circolo vizioso.
Non sorprende che, al di là della retorica dellottimismo di facciata, Renzi si sia sentito in trappola. Lausterità è un macigno sulla crescita. E le riforme strutturali servono solo alla Confindustria e a guadagnare consensi a destra, ma non producono crescita. Col risultato di passare dopo la più lunga recessione della storia nazionale a una fase di sostanziale stagnazione.
3. In questo quadro deludente e allarmante, la ribellione di Renzi è spiegabile
e, per molti versi, ragionevole. Il suo torto è di arrivare in ritardo. Il
contenzioso con Bruxelles riguarda apparentemente qualche decimale di punto di
maggiore disavanzo di bilancio. Ma se si trattasse solo di questo, un
compromesso, come auspicato dal francese Moscovici, il commissario europeo per
la politica economica, sarebbe alla fine praticabile.
Ma il vero problema non è questo. Ad aprile il governo
deve presentare il programma di stabilità per il 2017 e il 2018. Il programma
deve indicare le misure di bilancio per ridurre il disavanzo all1,1 per cento del
Pil lanno prossimo e pervenire al pareggio strutturale nel 2018. Semplificando
la cabala dei numeri, questo significa che, mentre l'attuale contenzioso con la
Commissione europea riguarda tre miliardi di euro, per i prossimi due anni il
governo dovrebbe programmare e attuare una riduzione del disavanzo di circa
quaranta miliardi.
Come se non bastasse, è previsto un aumento dellavanzo primario (la differenza
fra entrate fiscali e spesa pubblica) dallattuale 1,8 fino al 4,3 percento del
Pil nel 2019, finalizzato alla riduzione del debito prevista dal Fiscal compact.
Una missione impossibile. O politicamente suicida.
4. Il 2015 è stato un annus horribilis per i governi al servizio di Berlino. In una sequenza impressionante, prima ha perduto le elezioni Samaras in Grecia, poi Passos Coelho in Portogallo, infine Rajoy in Spagna. La politica dell'asse Berlino-Bruxelles si dimostra letale per i governi che gli sono fedeli.
Renzi è consapevole del rischio di fare la stessa fine, come dimostra in un intervista al Financial Times appena dopo la sconfitta di Mariano Rajoy in Spagna: Non so come siano andate le cose col mio amico Mariano - dice - ma è un fatto che i governi che si sono esposti in prima linea come fedeli alleati della politica del rigore senza crescita ne sono usciti sconfitti E successo a Varsavia, sia pure in circostanze particolari, è successo ad Atene, ed è successo a Lisbona.
La situazione non è più confortante per la Francia, dove François Hollande ha fatto registrare il consenso popolare più basso fra tutti i presidenti della V Repubblica. Mentre il Fronte Nazionale di Marine Le Pen si è collocato al primo posto nelle elezioni regionali, ed è pronto alla sfida del ballottaggio per la presidenza della Repubblica nelle elezioni del prossimo anno.
In sostanza, Renzi teme di finire nella stessa trappola
nella quale sono incappati i governi, non importa se di centrodestra o centro
sinistra, fedeli alle politiche dell'eurozona.
Tra laltro, il 2017 è lanno delle elezioni in Germania, e la posizione
tedesca sarà, se possibile, ancora più rigida nei confronti dei satelliti che
girano intorno al pianeta Germania. Merkel cercherà di eguagliare il primato di
Kohl riconquistando la cancelleria per la quarta volta. Ma deve fare i conti
con il falco Schäuble, inflessibile nei confronti dei governi delleurozona.
I governi ribelli rischiano la sorte della Grecia, come ha dimostrato la durezza del ricatto esercitato in prima persona da Schäuble nei confronti del governo Tsipras: o la piena sottomissione ai vincoli imposti da Bruxelles (e Berlino), o luscita dalleurozona. Un risultato, in ogni caso, provvisorio. In Grecia la situazione sociale è peggiorata come esito delle micidiali riforme imposte dalla rediviva Troika, e sono ripresi gli scioperi.
Ma il cambiamento appare inarrestabile. Il nuovo governo
socialista portoghese si regge su una maggioranza che comprende due partiti
anti-austerity, fra i quali il Partito comunista favorevole alluscita
dalleurozona. In Spagna, la grande alleanza fra Psoe e Popolari, raccomandata
da Berlino, si è dimostrata impraticabile. Pedro Sanchez, incaricato di formare
il nuovo governo ha bisogno della partecipazione di Podemos: unalleanza possibile
solo sulla base di un programma anti-austerity. Lalternativa sono nuove
elezioni in primavera.
5. La politica delleurozona, autoritaria quanto
inefficace, ha provocato una profonda crisi nel funzionamento della democrazia.
Il ruolo dei Parlamenti degli Stati membri è stato svuotato. Nel campo delle
scelte economiche e sociali che definiscono per molti aspetti i diritti di
cittadinanza e sono il sale della dialettica democratica, i governi sono
sottoposti ai diktat imposti da una tecnocrazia priva di rappresentanza
democratica. Agli Stati nazionali è di fatto impedita la formulazione e l'attuazione
di politiche economiche e sociali basate sulle scelte democratiche espresse
attraverso il voto dei cittadini. Le politiche sono subordinate al consenso preventivo
di Bruxelles. Il voto popolare diventa un esercizio ridondante. Mentre i
partiti e i movimenti di opposizione sono cumulativamente etichettati come populisti
e anti-europei.
Eppure, lo svuotamento delle funzioni statali non era previsto nella piattaforma
su cui sono stati costruiti l'Unione europea e al suo interno la moneta unica.
Alla vigilia della conclusione della sua presidenza
dellUnione europea, Jacques Delors, che ne era stato il principale architetto, espresse limpidamente in un
libro-intervista la sua concezione dei rapporti fra gli Stati membri e lUnione.
Lo Stato - disse - progetta, a medio e lungo termine, lo sviluppo
delleconomia e del sociale e, dopo aver definito gli orientamenti generali,
fornisce, per realizzarli, i mezzi che il mercato non offre spontaneamente. E
per non lasciare dubbi sulla funzione dello Stato nel quadro dellUnione
europea, riproponendo il concetto di funzioni essenziali e irrinunciabili dello
Stato, aggiungeva: Respingo lidea di uno Stato modesto, perché nella crisi
attuale della società francese, cè bisogno di uno Stato forte
nel villaggio
globale, lo Stato ha un ruolo
essenziale da svolgere(1)
Renzi evidentemente intuisce che la riduzione dello Stato a una condizione di semicolonia
porta prima o poi alla liquidazione dei governi che vi si sottopongono.
6.
La ribellione di Renzi intreccia aspetti economici e
altri esplicitamente politici. Prima si rivolge ai tecnocrati di Bruxelles: Non si può mettere al centro lideologia dello 0,1% o
0,2% del deficit di bilancio. E quanto alla minaccia di una procedura
dinfrazione: Facciano pure: noi andiamo avanti
il nostro mestiere non è
andare in qualche palazzo di Bruxelles a prendere ordini".
Poi, nellintervista alla Frankfurter Allgemeine prima
dellincontro con Merkel, Renzi pone direttamente la questione politica: Uno
dei punti di contrasto - afferma - è il comportamento della Germania, che
inizia ogni appuntamento dellUnione europea con un incontro bilaterale con i
francesi. Sarei grato se Angela (Merkel) e François (Hollande) potessero
risolvere tutti i problemi, ma in genere non funziona così».
La reazione di Renzi non è il riflesso di un pregiudizio anti-europeo. Piuttosto è l'effetto di una delusione crescente. "Gli italiani ha scritto Il Financial Times - sono sempre stati considerati tra i maggiori sostenitori dell'integrazione europea, ma gli anni di stagnazione economica e la recessione hanno generato disillusione, in particolare quando si tratta dei risultati delleuro". Il giudizio è avvalorato dai risultati dei sondaggi promossi dallEurobarometro per conto della Commissione europea, secondo i quali il 55 per cento del campione italiano è favorevole alluscita dellItalia dalleuro.
Non ci si può sorprendere che Renzi, allarmato, nonostante
i proclami di ottimismo mediatici, abbia scoperchiato nei confronti
delle autorità europee il vaso di Pandora. La domanda è: con quali sbocchi?
Il suo atteggiamento conflittuale nei
confronti di Bruxelles e Berlino può sfociare in differenti, anche opposti, risultati.
Da un lato, un cedimento può significare
un suo pericoloso indebolimento politico rispetto a scadenze importanti come le elezioni
amministrative in primavera, poi il referendum costituzionale in autunno, sul
quale ha messo in gioco i suo stesso futuro politico.
Dallaltro, approfondire la linea della contestazione nei confronti delle autorità europee rischia di innescare una rottura profonda con lasse Berlino-Bruxelles. Ma, in compenso, potrebbe rafforzare la sua posizione elettorale soprattutto in vista delle possibili elezioni politiche anticipate al 2017, e favorire la costruzione del sempre più spesso evocato "Partito nazionale", conquistando voti sulle due sponde di destra e di sinistra oggi fuori dalla composita maggioranza d governo.
Ma ogni previsione rischia di essere aleatoria,
trattandosi di un politico che ha dimostrato di intrecciare senza remore
ambizione personale e trasformismo politico.
7.
Più sicuro è attenersi ai fatti. Leurozona è entrata in una fase critica
che può preludere alla sua disgregazione. Non a caso, quando si verifica la possibilità di fare una scelta politica effettiva
attraverso il voto, un numero crescente di paesi membri coglie loccasione per
prendere posizione contro i partiti tradizionali, considerandoli asserviti agli
interessi e al potere delle élite europee dominanti.
Leuro si è dimostrato un sostanziale travestimento
del marco, lasciando nelle mani della Germania, e del braccio esecutivo di
Bruxelles, unimplicita, appena mascherata, sovranità sulle politiche economiche
e sociali dei paesi membri. Con la conseguenza di consentire
alleconomia tedesca di beneficiare di una valuta sottovalutata (a sostegno del
suo astronomico avanzo commerciale), mentre gli altri paesi delleurozona devono
operare con una valuta sopravvalutata da compensare con un regime di bassi
salari e di riduzione della spesa sociale.
Aprire un dibattito sui fatti così come effettivamente si presentano, non come, in una visone utopica, si supponeva potessero essere, può salvare
ciò che merita di essere salvato, a cominciare dallUnione europea, oggi
minacciata dal comportamento neo-imperiale di uno Stato dominate e di una
tecnocrazia autoreferenziale.
La scelta di Renzi di aprire un confronto conflittuale, lontano dalletichetta dei rapporti riservati, nascosti allopinione pubblica, e destinati a essere perdenti, rappresenta una novità fra i capi di Stato e di governo. Al di là dellopportunismo elettorale e del consolidato trasformismo politico che caratterizza il capo del governo italiano, lapertura possibile di un dibattito a tutto campo e senza pregiudiziali sul ruolo dellItalia nella crisi delleurozona si presenta come unoccasione salutare. Unoccasione da non perdere.
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(1) Jacques Delors: LUnité dun homme -, entretiens avec Dominique Wolton- 1994, pagg. 100-103,