Infrastrutture, i tempi morti incidono per metà

Sono detti “tempi di attraversamento” e sono le pause tra una fase e l’altra della realizzazione. Attualmente la durata media delle opere pubbliche è di 5 anni e 7 mesi, ma il 45% è dovuto appunto a queste pause

Il governo ha presentato al Parlamento il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), che deve essere consegnato alla Commissione europea entro il 30 aprile. Il Piano, che deve rispettare le linee guida dettate da Bruxelles, si articola in sei settori d’intervento: trasformazione digitale, transizione verde, infrastrutture per una mobilità sostenibile, istruzione e ricerca, inclusione e coesione, sanità. Per ciascuna di queste aree d’intervento deve essere definito, come ha detto il ministro dell’economia Daniele Franco nell’Audizione alle Camere, “un pacchetto coerente di progetti, riforme e investimenti”. Le riforme cui si riferisce il ministro sono principalmente quelle della giustizia e della pubblica amministrazione, ma comprendono anche altri interventi di semplificazione normativa. Tutto ciò al fine di rendere efficace e certa l’implementazione dei progetti.

Uno dei problemi principali di cui soffre l’Italia è infatti quello di non riuscire a spendere le risorse dei fondi strutturali europei. Come ha sottolineato Franco, con riferimento all’ultimo ciclo di programmazione comunitaria 2014-2020, i fondi Ue hanno consentito di attivare interventi per 73 miliardi, ma, al momento, a fine 2020 sono state impegnate risorse per 50 miliardi e sono stati spesi appena 34 miliardi. Come noto, per realizzare gli investimenti pubblici non basta stanziare le risorse finanziarie, ma occorre anche superare gli ostacoli di natura progettuale e amministrativa che si frappongono alla realizzazione effettiva dell’investimento.

Il dato di fatto da cui partire è l’eccessiva lunghezza dei tempi di realizzazione delle opere pubbliche, che, secondo l’Agenzia per la coesione territoriale, hanno una durata media di 5 anni e 7 mesi. A questa durata complessiva si arriva sommando le durate parziali di ciascuna fase che concorre al varo di un’opera. Vale a dire 2 anni e mezzo per la progettazione da parte della stazione appaltante, 7 mesi per l’affidamento dell’opera, un anno e quattro mesi per l’esecuzione dei lavori, un altro anno e due mesi per la chiusura, che comprende il collaudo, la conclusione di tutti gli adempimenti tecnici e burocratici e, finalmente, la consegna dell’infrastruttura alla cittadinanza perché possa fruirne. Ad incidere fortemente sono i cosiddetti tempi di attraversamento, ossia i periodi di tempo che intercorrono tra la fine di una fase e l’inizio della successiva. Si calcola che in media la loro incidenza sia superiore al 45%, ossia circa 2 anni e mezzo su una durata totale di 5 anni e 7 mesi. Ed è soprattutto nella progettazione che i tempi di attraversamento raggiungono una durata insostenibile, pari al 70%.

Gli scostamenti che in ogni fase si verificano rispetto ai tempi programmati dipendono essenzialmente da due fattori: la burocrazia e i contenziosi. Soprattutto la prima esercita un peso spesso soffocante, dovuto all’adozione di pareri e autorizzazioni, all’emissione di certificati e a ritardi nei passaggi da un ufficio a un altro. Anche il contenzioso può fare la sua parte, intervenendo nella fase di aggiudicazione del contratto e/o in quella di esecuzione. Nel primo caso è competente la giustizia amministrativa, nel secondo la giustizia civile.

Il neo-ministro delle infrastrutture Giovannini si rende conto del problema. Tanto da dichiarare in audizione alla Camera: “O noi comprimiamo in modo straordinario i tempi che storicamente l'Italia usa per fare le opere oppure noi non vedremo i fondi europei perché non riusciremo a completare le opere nel 2026”. 

In realtà va detto che già Conte aveva cercato di intervenire su questa vasta problematica sia nel 2019 con il decreto “sblocca cantieri” sia nel 2020 con il decreto “semplificazioni”. Riguardo ai contratti pubblici quest’ultimo decreto prevede, fino al 31 dicembre 2021, l’affidamento diretto per le prestazioni inferiori a 150.000 euro (il limite precedente era di 40.000) e la procedura negoziata senza bando di gara per gli affidamenti compresi tra 150.000 euro e la soglia comunitaria (nel 2020 5.350.000 euro per gli appalti pubblici di lavori e per le concessioni). Per i contratti sopra soglia comunitaria la regola rimane la procedura di gara, cui però si può derogare optando per la procedura negoziata in casi di estrema urgenza dovuti alla pandemia. Viene modificata anche la disciplina dei commissari straordinari per le opere pubbliche, che diventano in pratica dei “referenti unici” per le grandi infrastrutture.

Sempre il decreto “semplificazioni” interviene in tema di responsabilità degli amministratori pubblici, prevedendo, fino al 31 dicembre 2021, la limitazione della responsabilità per danno erariale al solo dolo, e non anche alla colpa grave, per quanto riguarda le azioni, mentre nel caso di danni causati da omissione o inerzia gli amministratori continuano a rispondere a titolo sia di dolo che di colpa grave. Il decreto interviene pure sul reato di abuso d’ufficio, riducendo i margini di discrezionalità del giudice penale. In tal modo si intende ridurre l’inerzia della Pa, che per non incorrere nei rischi del “fare” preferisce “non fare”, allungando così i tempi dei procedimenti amministrativi.

In sostanza, si tratta di misure temporanee, valide fino alla fine di quest’anno, che non intervengono in maniera definitiva né sul codice degli appalti né sulle procedure della Pubblica amministrazione. In tal modo è stato evitato lo scontro politico su questioni delicate, come quelle della responsabilità erariale e dell’abuso d’ufficio, ed è stata bypassata per il momento la lentezza della burocrazia con la figura del commissario unico. Ancora una volta però si è rinunciato a una revisione definitiva del codice degli appalti.

Agendo in tale ottica, a gennaio, il precedente governo ha presentato alle commissioni parlamentari uno schema di Dpcm che prevede il commissariamento di 58 opere, già finanziate per circa 40 miliardi, per un valore complessivo di 66 miliardi. Dopo che le commissioni parlamentari il mese scorso hanno dato il loro parere positivo, Giovannini ha dichiarato che si procederà subito al perfezionamento dell’iter del Dpcm, assicurando così il via libera all’apertura di 58 cantieri, di cui 14 riguardanti la rete stradale, 16 le ferrovie (tra cui le linee ad alta velocità Brescia-Verona-Padova e Salerno-Reggio Calabria), 12 le infrastrutture idriche, una le linee metropolitane (la metro C di Roma), 3 le infrastrutture portuali e 12 i presidi di pubblica sicurezza (caserme e centri polifunzionali). Va detto che non tutte queste opere saranno finanziate con le risorse del Recovery Fund. Alcune rientreranno nei finanziamenti statali o nell’ambito dei fondi strutturali. Si tratta comunque di infrastrutture rilevanti, molte delle quali localizzate nel Mezzogiorno.

 Lo stesso ministro ha preannunciato la presentazione a breve di una seconda lista di interventi per i quali verranno nominati dei commissari straordinari, ricordando però che “il ricorso al commissariamento non deve essere la prassi”. “È necessario quindi” - ha aggiunto – “procedere in parallelo per semplificare procedure e adempimenti ordinari e rafforzare la Pubblica amministrazione inserendo personale con specifiche competenze tecniche nei settori dell'innovazione e della digitalizzazione".

Giovannini quindi è ben conscio della direzione di marcia da intraprendere. Ma saprà prendere di petto la questione, uscendo dalla precarietà delle misure temporanee e parziali e intervenendo in maniera definitiva sul codice dei contratti pubblici, peraltro già riformato nel 2016? Impossibile per ora rispondere alla domanda. Ma è questa la sfida con la quale anch’egli, come e più dei suoi predecessori, si dovrà cimentare, con l’obiettivo di razionalizzare l’intero processo di programmazione, valutazione e monitoraggio delle opere pubbliche. Una sfida che si incrocia con la riforma della Pubblica amministrazione. Per ora, comunque, già un risultato sarà vedere l’effettiva apertura dei cantieri per la realizzazione di queste 58 opere.

Sabato, 8. Maggio 2021
 

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