Il Tfr, la lepre e la tartaruga

Fino a giungo 2006, data entro cui si potrà scegliere se tenersi il Tfr, assisteremo a una campagna per convincere i lavoratori ad impiegarlo in Fondi o assicurazioni. E' necessario un impegno di tutti per una corretta informazione
La battaglia per convincere i lavoratori a destinare il Tfr ai Fondi pensione sta entrando nel vivo e spesso la stampa se ne fa (inconsapevolmente?) strumento acritico.

Dal prossimo gennaio ci saranno sei mesi di tempo per comunicare al proprio datore di lavoro se si vuole mantenere il Tfr: altrimenti scatterà il "silenzio-assenso" previsto dal decreto Maroni e tutti i successivi accantonamenti saranno versati ad un Fondo pensione. Con quale meccanismo (se ai Fondi negoziali, ove esistano, o ad altri strumenti) resta ancora da stabilire definitivamente, e anche su questo punto c'è qualche rischio ulteriore che - si spera - i sindacati dovrebbero riuscire a neutralizzare.

Nel frattempo, bisogna prepararsi a una lunga serie di articoli, dichiarazioni e interventi che, ci si può scommettere, seguiranno due direttrici principali: la prima, che le pensioni future saranno troppo basse, e quindi costituirsene una complementare con il Tfr è una necessità; la seconda, che i Fondi pensione sono più redditizi del Tfr, perciò conviene optare per quelli. Un esempio in questo secondo senso è, per dire, la paginata uscita recentemente su Corriere Economia (18 luglio). Il titolo della pagina è "Fondi pensione a passo di carica" e il sommario inizia affermando che "nei primi sei mesi hanno reso il 4,5%, tre volte più della liquidazione (1,4%)". Tutto formalmente corretto ma sostanzialmente fuorviante. E' il caso di mostrare tanto entusiasmo per la performace semestrale di un investimento che dovrebbe durare dai 25 ai 40 anni?

Peraltro un paio di tabelline nella stessa pagina dovrebbero invitare a un atteggiamento più prudente. La prima confronta la rivalutazione del Tfr con la performance di tre fra i migliori Fondi negoziali (metalmeccanici, chimici ed energia) dal 2000 al 30 giugno 2005. Il Tfr ha reso il 13,5%, gli altri, rispettivamente, il 14, il 14,6 e il 14,8%. Come si vede, siamo sul filo di lana; e se si considerano i costi dei Fondi, vince il Tfr.

La seconda tabellina è un'elaborazione su dati Covip e mostra il valore di 100 euro investiti a varie date nei diversi strumenti a disposizione. Ebbene, se si inzia nel '99 il Tfr vince sui Fondi aperti (per quelli negoziali non c'era ancora un dato) e anche sui Fondi comuni azionari e bilanciati, pareggia con gli obbligazionari puri e si fa battere (ma non di molto) solo dagli obbligazionari misti. Per un investimento cominciato nel 2000, invece, ad oggi il Tfr sarebbe stata la scelta migliore insieme ai Fondi obbligazionari puri: i 100 euro sarebbero diventati rispettivamente 115,8 e 119,2; e a fronte della prova tutto sommato buona dei Fondi negoziali (109,2), ci avrebbe rimesso chi avesse investito in Fondo aperti (93,1) o Fondi azionari (81,1) o bilanciati (97,1).
Intendiamoci, anche quattro anni e mezzo sono pochi per fare confronti. Ma certo valgono un po' più che sei mesi. Insomma, quella del Tfr - che ha una rivalutazione bassa ma costante -  e degli altri strumenti finanziari sembra un po' la storia della lepre e della tartaruga: il risultato potrebbe sembrare scontato, invece non lo è affatto.

Abbiamo già cercato di valutare i pro e i contro delle possibili opzioni (chi è interessato legga questo articolo). Qui ci preme sottolineare un fatto su cui ha lanciato un allarme anche Luigi Scimia, presidente della Covip, l'authority di controllo sui Fondi pensione (vedi anche la sua intervista a E&L). La crescita più forte nell'ambito della previdenza complementare la stanno avendo i Pip (Piani individuali pensionistici), che sono prodotti assicurativi mediamente molto cari, molto più cari dei Fondi negoziali e anche dei Fondi aperti. I costi di questi prodotti possono "mangiarsi" persino la metà del capitale teoricamente accumulabile. Questo significa che le informazioni di molte persone sono scarse o incomplete, e che queste persone potranno avere sorprese spiacevoli: ma le avranno tra molti anni, quando andranno in pensione, e quando non si potrà che ingoiare il rospo.

Ce n'è abbastanza per invitare tutti coloro che, nella sinistra e nei sindacati, si preoccupano degli interessi dei lavoratori, a dedicarsi da subito a un lavoro di corretta informazione (stavamo per dire contro-informazione, ma forse era un riflesso condizionato). Il tempo ancora c'è. I tagli degli ultimi anni alle pensioni e al welfare forse erano necessari, ma questo sul Tfr è un provvedimento che non porta alcun vantaggio nemmeno alla finanza pubblica.
Venerdì, 22. Luglio 2005
 

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