I motivi addotti dalla lobby assicurativa che ha imposto lo stop al decreto non sono teoricamente infondati. La realtà, però, è un'altra cosa. E se a questo punto si bloccherà tutto, non sarà poi un gran male
Diciamo la verità, non è bellissima la norma che fa perdere il contributo aziendale se il lavoratore sceglie di impiegare il Tfr in un Fondo non previsto dagli accordi contrattuali o in una polizza. Però
Dal punto di vista della libertà individuale quella norma è senz'altro antipatica, dal punto di vista del mercato crea un ostacolo alla concorrenza. In linea teorica, perciò, non hanno torto quei lobbysti - e quei professori - che la criticano pesantemente e che, al momento, sono riusciti a bloccare il decreto del governo che la prevedeva. Però
Però, c'è la teoria e ci sono i fatti. E i fatti dicono che le polizze sono mediamente molto più costose dei Fondi aperti (quelli liberamente sottoscrivibili sul mercato) e questi ultimi sono mediamente più cari dei Fondi negoziali (quelli che hanno origine dagli accordi collettivi). E i fatti dicono anche che, lo scorso anno, le sottoscrizioni ai Fondi negoziali sono cresciute del 2-3%, quelle alle polizze assicurative del 15-20 (vedi l'intervista a E&L del presidente della Covip, l'organo di vigilanza sulla previdenza complementare). Come mai tanto successo per strumenti che non sono affatto competitivi?
Il fatto è che Fondi pensione e polizze sono aggeggi complicati, dove è difficile districarsi fra lordo e netto, ipotesi teoriche di rendimento e prospettive effettive, confronti tra condizioni e codicilli. Nell'ambito assicurativo, poi, quanto a trasparenza e correttezza nel collocamento i livelli sono molto bassi, per non usare parole forti. Così, molti non scelgono il prodotto più conveniente, ma quello del venditore più convincente. Ecco, alla luce dei fatti quella norma, più che una ferita al mercato, appare un sistema, imperfetto quanto si vuole, per evitare scelte poco consapevoli a chi non ha sofisticate competenze finanziarie.
Su questo punto c'è un "muro contro muro" tra i sindacati, che quella norma hanno fortemente voluto, e lobby assicurativa, che se ne ritiene - non a torto - svantaggiata e le cui pressioni sul governo hanno per ora ottenuto lo scopo. Il decreto è stato rinviato al Parlamento, ma, stando così le cose, non è affatto certo che arrivi a vedere la luce.
Se così fosse, non ci sarebbe da addolorarsi. Su E&L si è più volte sostenuto che destinare il Tfr alla previdenza complementare non è affatto una buona idea, perché sostituisce il certo con l'incerto e, se qualcuno avrà un rendimento maggiore, ci saranno altri che invece ci rimetteranno. Perché mettersi a fare scommesse su una somma che, molto spesso, è l'unico sostegno in caso di bisogno, cioè quando si perde il lavoro? Perché far aumentare il rischio di un istituto che oggi, invece, è a rischio zero? Se le pressioni delle compagnie avranno l'effetto di bloccare tutto, alla fine avranno fatto un favore ai lavoratori.
Martedì, 11. Ottobre 2005