Il Pd ne pensa una giusta ma la sussurra

Per bocca del suo responsabile economico, Stefano Fassina, il partito prefigura le misure che potrebbero sconfiggere sul serio l'evasione fiscale. Ma invece di farne una bandiera e uno slogan per attirare gli elettori lo dice in maniera quasi cifrata

Nella politica corrente, senza più ideologie né appartenenza, non conta tanto avere buone idee, quanto esprimerle in modo suggestivo. In questo Berlusconi è un maestro quasi ineguagliabile, e non fa niente se le spara talmente grosse da provocare i sorrisetti degli intellettuali: le prove elettorali dicono che la maggior parte della gente ci crede lo stesso. “Un milione di posti di lavoro”, “ridurremo le tasse”, “non metteremo le mani nelle tasche degli italiani”, fino al mirabolante “sconfiggeremo il cancro entro la fine della legislatura”!

 

Chi pensa che la politica debba essere qualcosa di diverso dallo spettacolo senza ritegmo messo in scena ormai da tre lustri dall’attuale premier non può mettersi sullo stesso terreno, anche perché sarebbe inutile: vincerebbe sempre chi non ha alcuna preoccupazione di attuare una qualsiasi politica né di mantenere quanto promesso, e quindi può promettere qualsiasi cosa. Però anche non tener conto di come va il mondo è sbagliato e perdente, come si è visto ad abundantiam. Bisogna trovare la quadratura del cerchio, ossia delle parole d’ordine che, pur appartenendo alla politica e non allo spettacolo – ed esprimendo dunque qualcosa di realizzabile – abbiano un impatto emotivo sufficiente a coinvolgere l’elettorato, cosa quanto mai necessaria visto anche l’astensionismo record delle ultime ammninistrative.

 

Il Pd, dunque, finora non ha avuto un gran successo nel trovare slogan efficaci, e anzi adesso ha pensato di chiedere ai suoi elettori di indicare le dieci parole-chiave che dovrebbero definire la sua politica. Come trovata non sembra granché: cosa mai può uscir fuori da questa sorta di sondaggio anomalo, se non l’indicazione dei problemi di cui più si parla nel momento in cui viene effettuato?

 

Si potrebbe ripetere il discorso che manca una proposta politica forte perché continua a mancare un’identità definita. Se non si chiarisce dove si vuole andare, è difficile far capire in che modo andarci (a meno di non adottare il modello Berlusconi, come Walter Veltroni aveva provato a fare). Ma comunque, tutto questo non significa che il partito non proponga niente: è che in linea di massima le sue proposte sanno di gioco di rimessa piuttosto che di iniziativa originale.

 

Ora per esempio il partito sta lavorando sulla riforma del fisco, tema assolutamente cruciale da molti punti di vista. Probabilmente ancora non tutto è definito, ma una serie di linee e di idee vengono fuori da una intervista di Stefano Fassina al Foglio. Fassina è direttore scientifico dell’associazione Nens, fondata da Vincenzo Visco e Pier Luigi Bersani, ma soprattutto è responsabile del settore economico del partito. Dunque è lecito pensare che quello che dice, anche se non ufficiale, esprima la linea del Pd in materia.

 

L’intervista è lunga e Fassina dice parecchie cose, alcune condivisibili, altre meno. Un esempio di quelle del secondo tipo: “C’è davvero qualcuno convinto che la spaventosa pressione fiscale che si ha in Italia – con aliquota individuale massima del 43% contro una media del 35,7% nel resto dell’Europa – sia utile alla crescita e al benessere del paese?”. Ora, a parte il sospetto che quel 35,7 sia la media dell’Europa a 27 e non dell’Europa “core”, è senz’altro vero che la pressione fiscale italiana è molto elevata: se si considera il sommerso (che entra nel calcolo del Pil ma, ovviamente, non paga tasse e contributi) siamo ai massimi livelli scandinavi. Ma il livello dell’aliquota marginale con la pressione fiscale c’entra relativamente. Gli Stati Uniti, per dire, hanno sempre avuto una pressione fiscale piuttosto contenuta, ma prima che Kennedy decidesse una prima consistente riduzione l’aliquota marginale era al 92%. Bisogna vedere a quante persone quell’aliquota si applica e a partire da quale reddito imponibile. Nel nostro paese, per esempio, nonostante che quell’aliquota si applichi non solo ai ricchissimi, ma a partire da 75.000 euro, colpisce quattro gatti, per la maggior parte lavoratori dipendenti: circa 760.000 su oltre 41 milioni di dichiarazioni, l’1,8%.

 

E qui si arriva al punto vero, ossia all’abnorme evasione fiscale italiana. Ci si può trastullare con spostamenti di aliquote e detrazioni, ma il cuore di qualsiasi riforma fiscale che non sia finta è esattamente lì: ridurre l’evasione a livelli “fisiologici”, altrimenti è anche inutile promettere riduzioni della pressione fiscale. Per livelli fisiologici intendiamo quelli (bassi) di paesi come la Francia, o l’Olanda, o la Norvegia, per dirne tre quasi a caso. E perché lì è bassa e da noi altissima? Diverso senso civico? Magari c’entra anche quello, ma la soluzione è molto più prosaica e tutti la conoscono. Anche Fassina, che infatti la riassume in poche parole, queste sì condivisibili: “Potenziamento delle banche dati, tracciabilità dei pagamenti, accesso dell’Agenzia delle entrate alle informazioni bancarie”.

 

Siamo ormai abituati a sentire come uno stanco ritornello la frase “lotta all’evasione fiscale”. E’ da tempo immemorabile in tutti i programmi di governo e – giustamente – nessuno ci crede più, come i contadini al ragazzo che gridava “al lupo”. Però finora non sono stati applicati questi metodi, gli unici che funzionano. Se il Pd li mette nel suo programma di governo questa è un’ottima notizia (sempre sperando che, una volta che dovesse andare al governo, non si dimentichi di applicarli: come le norme sul conflitto di interessi, tanto per dire).

 

Ma forse sarebbe anche un modo per offrire un’idea-forza agli elettori. Certo, scommettendo sul fatto – non certissimo – che gli evasori siano meno degli onesti. E, soprattutto, dicendolo a voce alta e in modo meno paludato: “Per la lotta all’evasione, via il segreto bancario”! Allora forse la gente potrebbe crederci. E allora diventerebbe anche più credibile il progetto di abbassare le tasse. “Via il segreto per avare meno tasse”: su questo terreno, Berlusconi avrebbe qualche difficoltà a replicare.

 

Martedì, 4. Maggio 2010
 

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