Il mondo dopo il G20

La conferenza di Nuova Delhi ha messo in evidenza il ruolo crescente dei paesi in via di sviluppo: la politica internazionale ha un nuovo centro nel Pacifico e nell’Oceano Indiano, dove si trovano i paesi ricchi di petrolio e di gas, dall’Arabia Saudita ai paesi del Golfo Arabico e all’Iran. In questo contesto assistiamo a una sostanziale emarginazione dell’Europa

La novità inaspettata è l'accordo unanime raggiunto a Nuova Delhi nella riunione del 9-10 settembre, sotto la direzione del governo indiano, in occasione dell'incontro dei venti paesi più importanti, compresa la rappresentanza della Commissione europea. È passato meno di un anno da quando, nel corrispondente incontro di Bali in Indonesia, un accordo tra i paesi partecipanti si era rivelato impossibile.

L'accordo rappresenta un successo del governo indiano guidato da Narendra Modi per la sua capacità di mediare tra potenze mondiali contrapposte in relazione alla guerra in Ucraina. Il significato dell’accordo, al cui centro era appunto il conflitto fra Russia e Ucraina, è apparso in tutta la sua importanza sui giornali che aprivano con l’immagine della presidenza con al centro Narendra Modi, alla sua destra Joe Biden e alla sinistra Lula Da Silva. Un’immagine lontana dalla divisione tra le maggiori potenze mondiali provocata dalla guerra in Ucraina.

L’immagine di Lula al vertice della conferenza – la Cina era rappresentata non dal presidente Xi ma dal Capo del governo Li Quang - ha un doppio significato. Da un lato, il ruolo del Brasile come paese guida dell’America del sud intesa in un senso ampio comprendente Venezuela e Cuba; dall’altro, il suo nuovo ruolo testimoniato dall’incontro a Pechino tra Lula e Xi Jinping. Accordo segnato dall’attribuzione della presidenza dei BRICS - l’organizzazione che comprende oltre a Brasile e Cina, India, Russia e Sud Africa - a Dilma Rousseff, già presidente del Brasile.

Il nuovo quadro delle relazioni internazionali ha avuto un particolare e inatteso sviluppo con il viaggio di Xi Jinping a Riad, capitale dell'Arabia Saudita. Un incontro poi definito con l’accordo siglato a Pechino tra Arabia Saudita e Iran – due Paesi da molti anni segnati da diverse posizioni politiche e dal sanguinoso conflitto in Yemen che li ha visti su posizioni contrapposte. In sostanza, una chiara testimonianza dei profondi cambiamenti in corso nella configurazione politica del Medio Oriente. Un cambiamento di scenario che ha, tra l’altro, consentito alla Siria, dopo gli sconvolgimenti della guerra del passato decennio, di entrare nel nuovo schieramento mediorientale.

Il ruolo del FMI
Il nuovo assetto non ha solo rilievo nell’assetto geopolitico. Le novità, di cui oggi possiamo vedere solo i primi passi, investono i rapporti politici e economici a livello globale, a partire dall’assetto monetario dominato dal Fondo monetario internazionale e, per altri versi, dalla Banca mondiale. Due istituti di carattere globale la cui sede è, non per caso, a Washington. In particolare, il Fondo Monetario interviene con i prestiti nei paesi che hanno problemi di liquidità nei rapporti finanziari internazionali - in sostanza, la grande maggioranza dei paesi.

La novità decisa fra i paesi che tendono a uscire dall’orizzonte del Fondo monetario è nella sostituzione di una parte del debito nella valuta appartenente ai paesi con i quali intrattengono rapporti economici e commerciali. In altri termini, una politica diretta a ridurre e, tendenzialmente, a eliminare il ricorso ai prestiti e al conseguente controllo del Fondo monetario sull’economia nazionale.

Non sono definiti tempi e modalità, ma l'avvio di un nuovo processo è evidente.L'accordo tra i cinque Paesi – Cina, Brasile, India, Russia e Sud Africa – risale al primo decennio del secolo.Ora il quadro tende a cambiare radicalmente.Il Brasile, dopo la sfortunata parentesi della presidenza Bolsonaro, torna a svolgere un ruolo attivo con Dilma Rousseff al vertice dei BRICS, l'organizzazione che dal prossimo gennaio si estenderà a seinuovi paesi: Arabia Saudita, Iran, Argentina, Egitto, Etiopia ed Emirati Arabi Uniti.In sostanza, la costituzione di un nuovo blocco, pari a circa la metà della popolazione mondiale, che testimonia i profondi cambiamenti in corso .

In questo quadro di grandi cambiamenti a livello globale s’inserisce anche l’Unione europea. Fino a un tempo recente il suo accordo con la Russia si articolava nell’importazione di gas e petrolio e nell’esportazione di prodotti industriali. Meno di due anni or sono l’accordo Merkel-Putin che aveva avuto la consacrazione dei due paesi, in funzione della fornitura di gas russo alla Germania e ad altri paesi europei, andava in questa direzione. Ma i cambiamenti in un corso in un tempo relativamente breve sono stati radicali. L’Importazione del gas russo si è arrestata e il suo prezzo insieme con quello dei derivati del petrolio è aumentato con serie conseguenze sull’intero processo economico.

La posizione di Biden

Con la risoluzione adottata all’unanimità a Nuova Delhi, gli Stati Uniti, pur restando su un fronte opposto rispetto alla Russia, mostrano di considerare la Cina come l’avversario effettivo nel confronto strategico a lungo termine. Diversa è la posizione dell’Unione europea dove la linea di politica economica è stabilita dalla Commissione europea con una tendenza recessiva, come ha dimostrato l’ulteriore aumento del tasso d'interesse al livello più alto della storia dell'eurozona.

Non è un caso che in questo quadro assistiamo alla riduzione degli investimenti pubblici e della spesa sociale con il risultato di una minore crescita e della permanenza di un'elevata disoccupazione come dimostrano i principali paesi dell'Unione Europea, dall'Italia alla Spagna e alla Francia.

A causa del conflitto in corso, della chiusura dei gasdotti e della riduzione delle esportazioni, la crescita economica della Germania – in altre parole, dell' economia più importante nell’Unione europea – è stata negli ultimi due trimestri sotto lo zero, mentre negli altri principali paesi dell’Unione la crescita è inferiore all'1 per cento. Se la guerra ha sempre avuto conseguenze negative sul piano economico e sociale, queste sono particolarmente pesanti per l’Europa occidentale.

Riassumendo

La posizione di Biden era apparsa già negli ultimi tempi più cauta nei confronti del conflitto in corso. Aveva risolutamente negato l'intervento della Nato nel conflitto e aveva espresso, seppure con cautela, il suo disappunto di fronte a quella che avrebbe dovuto essere l'offensiva decisiva dell'Ucraina - aiutata dagli armamenti americani e, in parte europei nello scontro con la Russia ai confini della Crimea. Offensiva non realizzata e, ormai, irrealizzabile.

Dopo le decisioni assunte a Nuova Delhi, la domanda che investe l’Europa può essere posta in questi termini: qual è il ruolo dell’Unione Europea in questo rimescolamento delle carte a livello globale?

In sintesi, la politica internazionale ha un nuovo centro nel Pacifico e nell’Oceano Indiano, dove si trovano i paesi ricchi di petrolio e di gas , dall’Arabia Saudita ai paesi del Golfo Arabico e all’Iran. In questo contesto assistiamo a una sostanziale emarginazione dell’Europa. Per molto tempo si è potuto ritenere che la Comunità europea si poneva tra i paesi più sviluppati dell'economia mondiale. Oggi l'Unione europea è decisamente al margine dell'economia e della poltica globale. Il futuro è sempre incerto ed è imprudente fare previsioni. Ma è difficile non vedere come l’Europa, con la sua politica monetaria, economica e sociale, sia sempre più periferica rispetto ai profondi cambiamenti in corso a livello globale. Cambiamenti scarsamente o per nulla rilevati dai governi che dirigono i paesi europei.

Martedì, 19. Settembre 2023
 

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