Lultimo passaggio del work in progress del disegno di (contro)riforma del ministro Sacconi è oggi rappresentato dal "Libro bianco sul futuro del modello sociale". Un progetto nel quale alla retorica - Vita buona, Alleanza strategica tra imprenditori e lavoratori, Complicità tra capitale e lavoro e Virtuosa alleanza tra mercato e solidarietà - si somma una serie di pericolose controriforme.
In tale direzione va, ad esempio, il ripetuto accento sullinsostenibilità dellattuale e futura spesa sociale, che fa da sfondo alla prospettiva di sviluppo di forme di assicurazioni private per ridurre i costi sociali legati ai settori della previdenza e della sanità. Tra laltro, considerato che allo stesso ministro paiono essere ben noti i malanni e le disfunzioni presenti allinterno del servizio sanitario nazionale, non si capisce perché, piuttosto che curare, dovrebbe essere preferibile amputare!
Gli elementi più preoccupanti, però, sono quelli che attengono, in particolare, al mercato del lavoro. Da questo versante, è appena il caso di rilevare che il testo non contiene alcuna eclatante novità rispetto al già noto Sacconi - pensiero. Affermare, infatti, che le parti sociali sono chiamate a riprogettare, in chiave cooperativa e maggiormente partecipativa il sistema delle relazioni industriali e riproporsi come paladino degli Enti bilaterali quali nuovi soggetti sempre più organicamente coinvolti (anche) nelle funzioni di collocamento dei lavoratori, sono due chiari esempi di quanto impegno il ministro continui a dedicare al tentativo di spaccare lazione unitaria di Cgil, Cisl e Uil e istituzionalizzare la pratica degli accordi separati.
Inoltre, per passare al merito di alcune specifiche proposte, è veramente stucchevole linsistenza con la quale, nonostante le più recenti esperienze, anche di parte imprenditoriale, si cerca di sostenere che le tipologie contrattuali atipiche e flessibili possano rappresentare anche per i lavoratori coinvolti unopportunità positiva. Mentre, come scrive Piergiovanni Alleva, Anche i datori di lavoro più illuminati hanno compreso che il vantaggio che assicuravano loro i contratti atipici, e cioè di ridurre i costi di lavoro onde sostenere la concorrenza internazionale, è in realtà di breve durata perché quella compressione dei costi non basta, quando si tratta di produzioni a basso valore aggiunto, per reggere la concorrenza dei paesi extraeuropei, mentre per le produzioni di alto valore aggiunto - le uniche che offrono un futuro ai paesi di vecchia industrializzazione - occorrono strumenti contrattuali e gestionali opposti ai contratti atipici, che perseguano, cioè, stabilizzazione, fidelizzazione e qualificazione continua delle risorse umane.
Tra laltro, contrariamente a quanto teorizzato (e previsto dal Libro), circa la necessità di superare una legislazione del lavoro troppo rigidamente protettiva, che tende a ridurre il dinamismo del mercato del lavoro, favorendo la segmentazione del mercato - accentuando il dualismo tra insider e outsider - e la scarsa produttività, anche lultimo rapporto della Commissione sulloccupazione in Europa rileva che tutti i paesi che precedono lItalia nella speciale graduatoria relativa al grado di rigidità normativa che disciplina i rapporti di lavoro, presentano (ad eccezione del Belgio) tassi di occupazione superiori alla media dellUE a 27. E questo il caso di Svezia, Germania, Belgio, Francia, Spagna e Portogallo.
Unaltra ricorrente mistificazione è rappresentata dallenfasi che con la quale sinsiste sul cosiddetto dualismo che contrapporrebbe lavoratori super garantiti a peones senza diritti e tutele. Che nel nostro paese siano presenti milioni di lavoratori ai quali (troppo spesso) non sono riconosciuti neanche i diritti più elementari, dalla stabilità occupazionale a un equo compenso, è un dato incontrovertibile. Che, però, la soluzione del problema passi attraverso il superamento delle leggi e dei contratti collettivi, unulteriore dose di flessibilità - tanto in entrata quanto in uscita - e una riduzione delle garanzie a chi ne gode, rappresenta una paradossale concezione di equità sociale.
E, al tempo stesso, siamo sicuri di poter considerare garantiti coloro i quali (insider), benché titolari di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, corrono il concreto rischio di ritrovarsi, nello spazio di ventiquattro ore, a ingrossare le fila dei soggetti licenziati per giustificato motivo oggettivo o per licenziamento collettivo, se non in cassa integrazione a zero ore?
Quando La vita buona nella società attiva assume il colore del 2° Libro di Sacconi e si riduce al welfare in appalto ai privati, alla contrazione dei diritti dei lavoratori e al maldestro tentativo di contrabbandare ulteriore flessibilità e precarietà per dialogo sociale mentre allorizzonte si annunciano il cosiddetto Contratto unico e il superamento dellart. 18 dello Statuto è il tempo della massima allerta.