Il governo ha una strategia: lo stallo

Le opzioni di politica economica delle varie componenti della maggioranza sono profondamente divergenti, anche se nessuno mostra di accorgersene a differenza di quanto avveniva con il governo Prodi. Ed è difficile risolvere problemi di cui non si parla. Il risultato è l'immobilismo

Il PD e l'UDC hanno presentato dettagliati programmi per combattere l'incombente crisi produttiva e occupazionale. La stampa e le TV si sono ben guardate dal fornire su questi programmi informazioni dettagliate. Sempre i partiti di minoranza lamentano il fatto che la maggioranza non sembra avere un approccio strategico di politica economica. Pur riconoscendo che i provvedimenti posti in essere, dai buoni acquisto ai sussidi alle famiglie numerose, all'aumento della Cassa Integrazione si muovono apparentemente nella giusta direzione del sostegno della domanda, ritengono si tratti di rimedi tampone.

 

Se questa critica è esatta - come credo - dobbiamo chiederci il perché. In primo luogo, il governo non ha nelle sue corde economisti di vaglia. Il geniale Tremonti è un tributarista filosofeggiante, di molte letture ed altrettante e contrastanti scritture; Sacconi è un aziendalista con esperienze di piccola-media impresa; Scaiola un esperto di amministrazione locale e Brunetta è - dal punto di vista teorico - un ......brunettiano. Si nota, dunque, l'assenza di uno staff tecnico-economico cui affidare l'impostazione di un disegno strategico. A ciò si aggiunga la disfatta dei neocons e l'oscillazione del pendolo di Tremonti verso un neocorporativismo che sarebbe piaciuto, forse, agli antenati dei colonnelli di AN.

 
Ma il vero motivo dello stallo è un altro. Esso non appare perchè mascherato dalla struttura piramidale del comando (amaro frutto della legge elettorale per cui i parlamentari di maggioranza si sentono in cuor loro dei cavalli di Caligola ed emettono solo deboli nitriti); nonchè dal controllo dei media e dall'autocensura della stampa di sinistra, che spande nebbia su tutto. Il motivo di fondo risiede nelle profonde differenze delle opzioni di politica economica dei componenti di una variegata coalizione.

 

Cominciamo dalla Lega Nord. Essa è favorevole ad interventi mirati per le piccole e medie imprese del Nord, prevalentemente sotto forma di sgravi fiscali; alla rapida approvazione del federalismo fiscale, come strumento per l'aumento delle entrate locali del Piemonte e del Lombardo-Veneto; all'accelerazione della realizzazione di infrastrutture, soprattutto nel Nord Est. Un mix di spesa pubblica locale e di supply side a spiccata valenza territoriale.

  

AN - o, per meglio dire, la parte meridionale di AN, insieme allo MPA, e cioè i deputati e i senatori eletti nel Mezzogiorno - guardano con legittimo sospetto il trasferimento di fondi per le aree sottosviluppate ad iniziative che, di fatto, privilegiano prevalentemente il Nord. Vedono invece con favore, richiamandosi alla loro tradizione populistica, gli interventi a sostegno delle categorie più povere della popolazione, soprattutto se realizzati con tecniche che consentano una rappresentazione pubblicitaria.

 

Forza Italia è, in questo momento, completamente disgregata. La confluenza nel PDL non può costituire una panacea. I suoi antichi esponenti soso stati tutti esautorati e sostituiti da yesmen che fingono di essere senza qualità personali proprio per evitare improvvise decapitazioni. Assistiamo così alla comica alla Ridolini di un ministro degli Esteri che non parla in nome del governo italiano, ma esordisce dicendo: "Il presidente Berlusconi ed io....". Sostanzialmente quel che è rimasto del partito oscilla fra ipotesi di interventi settoriali, sostegno di lobby finanziarie, costosissime operazioni di immagine (come l'Alitalia, già costata 4 miliardi di euro e qualche migliaio di disoccupati di lusso) e allentamento della pressione fiscale e dei controlli nei confronti del nocciolo duro dell'elettorato (professionisti, artigiani e commercianti). Alcuni cavalli di battaglia delle contese elettorali di meno di un anno fa sono stati abbandonati e sono quindi mediaticamente scomparsi. Val la pena di ricordarli: riduzione dei costi della politica, del numero e del costo dei deputati, dei consiglieri comunali; abolizione delle province; drastica riduzione del numero delle municipalizzate, etc. A ciò si è sostituita un'apparente persecuzione dei dipendenti pubblici ammalati.

  

L'intera coalizione, inoltre, si nutre di affermazioni ad effetto, che tutti sanno essere prive di qualunque riscontro, sia teorico che tecnico, come quella che il federalismo fiscale riduce i costi e consente una migliore lotta all'evasione (tesi risibile in una fase di estesa globalizzazione delle attività economiche e finanziarie). Sull'unico punto su cui la coalizione sembra convergere - attivazione della spesa pubblica su infrastrutture "cantierabili" - lo stallo è totale perché le risorse, comunque limitate, non possono far fronte a interessi fortemente divergenti. Abbiamo così assistito a dichiarazioni riportate da una stampa imperturbabile rispetto a qualunque stranezza concettuale proveniente dai padroni del vapore, secondo le quali fra le opere cantierabili figurano la Civitavecchia-Cecina (di cui non abbiamo nemmeno il progetto esecutivo) e lo stanziamento di un miliardo di euro per il Ponte sullo Stretto, opportunamente collocato in uno dei punti di maggiore sismicità del bacino del Mediterraneo.

 
Queste tensioni interpartitiche o intergruppo che nei governi di Centro-sinistra venivano evidenziate e davano luogo a vivaci dibattiti, oggi sono silenti. Non solo in un Parlamento che non è ancora un bivacco di manipoli, ma è già un insieme di aule fredde e grigie, ma anche in una struttura informativa che eufemisticamente possiamo definire addomesticata. E poichè nel silenzio i conflitti, proprio perchè occulti, non sono facilmente risolvibili, la politica economica del paese è in stallo. Se ne è avveduta la Chiesa, la quale affida sempre più ai suoi Vescovi il compito di dare indicazioni di rotta di carattere non solo sociale, ma anche economico in senso stretto. Può darsi che, prima di quanto ci si possa immaginare, l'analisi quantitativa dei fenomeni economici con un sistema cardinale finirà con l'assumere un doppio significato.
 

P. S. 

Il ministro dell'Economia ci ha informati del fatto - in sé stupefacente, ma non per un'opinione pubblica di "boccaloni" (termine romanesco che indica i creduloni che rimangono a bocca aperta di fronte a qualunque assurdità) - che l'aver sbagliato del 20% la previsione del fabbisogno fatta solo 3 mesi fa, l'aver raddoppiato il fabbisogno rispetto a quello dell'incapace governo Prodi, l'aver sforato (probabilmente) il rapporto deficit/Pil nella totale assenza di un'organica manovra anti-crisi, rappresenta uno straordinario successo del governo in carica. Nel regime massmediatico in cui viviamo gli asini, geneticamente modificati, volano come ippogrifi.

 

Un applauso sincero, quasi una standing ovation, verrà però dalla platea dei potenziali evasori nell'apprendere che, con apposito emendamento, l'onere della prova negli studi di settore spetterà all'Agenzia delle Entrate e non al contribuente che ha dichiarato meno dei parametri indicati. Gli studi di settore erano stati introdotti e mantenuti da vari governi di diverso colore politico in sostituzione dell'odiata minimun tax, per consentire una verifica pressoché automatica dei sintomi di evasione con procedure semplificate basate su costi e ricavi standardizzati. Il provvedimento di cui si parla - non ancora approvato, ma - vivaddio - una fiducia non si nega a nessuno - significa l'abolizione di fatto di questa tecnica di controllo. L'Agenzia delle Entrate dovrà compiere accertamenti analitici su una decina di milioni di partite IVA. Poiché essa opererà a ranghi ridotti - per i tagli operati dal ministro che ci è toccato in sorte - un contribuente avrà la probabilità di essere colto in castagna una volta ogni 15-20 anni. Che ne dice di questa straordinaria complicazione degli accertamenti il ministro per la Semplificazione On. Calderoli? Che fine farà la "blindatura" dei conti pubblici?

Lunedì, 5. Gennaio 2009
 

SOCIAL

 

CONTATTI