Il governo-farfalla alla prova del futuro

Una manovra che certo non entusiasma, nonostante l’attenuante dell’urgenza. In più, un governo destinato a non durare molto non può certo portare a termine le profonde riforme necessarie. Quello che può e deve fare è però gettarne le basi

Le principali critiche al piano di interventi del governo  Monti sono note: è tipicamente pro-ciclico; si basa più su aumenti di tassazione che su riqualificazione delle spese; è poco o punto progressivo (in qualche caso, come quello del bollo, è regressivo perchè il prelievo proporzionale ha un tetto massimo); non sembra incidere particolarmente, in termini di gettito a breve periodo, su evasori ed elusori.

    

Del modello di intervento adottato abbiamo già parlato in altro articolo. E' quello imposto dalla Ue, sottoscritto dal governo Berlusconi, caratteristico dell'attuale indirizzo di politica finanziaria in Europa. L'abbellimento formale delle dichiarazioni programmatiche (rigore, qualità, sviluppo) non deve trarre in inganno. Le priorità europee, nel breve periodo, sono diverse. Non è sorprendente perchè i tre quarti dei Paesi europei hanno attualmente governi di centro-destra, più o meno moderati, che soffrono tutti della sindrome di Thatcher, e cioè della fede in modelli non keynesiani. Direbbe l'on. Bersani: "non si può chiedere alle mucche di dare vino". Prima che il pendolo della storia oscilli in senso opposto occorreranno almeno un paio di anni: anche se le avvisaglie, almeno per i grandi Paesi, ci sono tutte (fa eccezione la Spagna).

    

A giustificazione però dello sbilanciamento della manovra verso criteri di tassazione non particolarmente equi uno spiraglio interpretativo lo ha offerto lo stesso Monti, che ha recentemente dichiarato: "se avessi avuto a disposizione sei mesi anzichè 17 giorni la manovra sarebbe stata più equa".

 

I cultori della letteratura risorgimentale ricorderanno che ne "Le mie prigioni" di Silvio Pellico viene narrata con commozione la vicenda di Pietro Maroncelli che, per le mancate cure ricevute dai carcerieri dello Spielberg, forse più ottusi che malvagi, dovette ricorrere al chirurgo per farsi amputare la gamba affetta da cancrena galoppante. L'economia italiana, a causa della gestione clownesca del triennio passato ha corso e corre ancora gravissimi rischi. Dove avrebbero avuto forse efficacia le terapie di un buon fisiatra, in assenza di esse il precipitare della malattia ha imposto l'intervento di un chirurgo. Questo è il ruolo affidato a Mario Monti.

 

Nel frattempo il dibattito parlamentare sembrerebbe aver consentito di apportare modifiche di un certo rilievo agli oneri fiscali, alleggerendo quelli su alcune categorie e aggravandoli su altri cespiti. Secondo il prof. Monti un insieme di balzelli sparsi su manifestazioni indirette di ricchezza (dai capitali scudati ai c/c, ai deposito titoli, alle proprietà immobiliari all'estero - una novità - ) si configurerebbe come "la patrimoniale fattibile". Pur ammettendo l'importanza dei miglioramenti introdotti, che colpiscono comunque la fascia mediana dei contribuenti e più lievemente quella degli elusori ed evasori, non si può sfuggire alla maliziosa interpretazione contenuta in una perla di saggezza orientale: "vennero minacciate ad un asino due bastonate, gliene diedero una ed esso ragliò: grazie". Sarà interessante esaminare la promessa manovra propulsiva accompagnata dalle liberalizzazioni, sulle quali ci attendiamo una guerriglia di tipo vietnamita.

 

D'altra parte ogni provvedimento di politica economica (compresi quelli normativi) è caratterizzato da tre indici o coefficienti temporali: a) quello relativo ai tempi di elaborazione; b) quello di realizzazione; c) quello di efficacia di medio-lungo periodo. Quest'ultimo, inoltre, dipende dalle reazioni del sistema socio-economico: se esse sono conformi e cioè sinergiche (compresi gli aspetti psicologici e gli effetti-annuncio) l'efficacia risulterà accresciuta; se sono difformi (comportamenti elusivi o contrastanti) l'efficacia si attenuerà sensibilmente. L'attuale manovra ha dovuto, per il pericolo incombente, comprimere i coefficienti a) e b). Conseguentemente i soggetti colpiti sono stati quelli più rapidamente individuabili (qualcuno dirà: i soliti noti). Gli interventi sulle spese, sulla elusione, sull'evasione sono più lenti, anche se sono state predisposte norme che, opportunamente sfruttate, potrebbero dare risultati molto importanti.

    

Dovremmo forse chiederci perché si è dovuto ricorrere alla chirurgia invece della terapia, sia pure intensiva, per una opportuna assunzione di responsabilità, anche ai vertici della Repubblica. Invitiamo i lettori a ripercorrere, senza astio ma senza tabù, le vicende che caratterizzarono il fatale novembre del 2010. Il governo Berlusconi risultava potenzialmente sfiduciato dai numeri della Camera dei deputati. La relativa mozione era stata presentata e la votazione pareva imminente, quando il Presidente della Repubblica, in ossequio forse troppo rigoroso al supremo interesse del Paese, segnalò l'opportunità che la Camera approvasse preliminarmente la finanziaria. Il Presidente della Camera, con qualche ingenuità di troppo (che è costata molto cara al Paese) obbedendo ad una "moral suasion" che non aveva né poteva avere nei confronti dell'organo legislativo alcun potere cogente, concesse al governo un mese di tregua. Puntualmente utilizzato per convincere un manipolo di deputati a cambiare casacca. Questo è il prezzo che l'economia italiana ha pagato e pagherà ancora. 

 

Ma - in una prospettiva di medio periodo - l'intervento del governo potrà muoversi nell'auspicata direzione di una manova più equa e anticiclica, correggendo, passata la tempesta, alcune asprezze tributarie? Esamineremo due punti: le potenziali dinamiche di sviluppo; la lotta all'evasione ed all'elusione. I due aspetti si congiungono nel quadro di una radicale trasformazione dell'apparato produttivo italiano: che appare opera di lunga lena che implicherebbe uno sforzo unanime della società italiana. Un discorso a parte andrà poi fatto - come segnalato altre volte - sull'azzeramento dei costi del sottobosco della politica.

    

La promozione dello sviluppo, nella formulazione attuale, punta su norme tecniche (liberalizzazioni, sburocratizzazioni) e su fondi europei. Mancano oggettivamente risorse pubbliche addizionali. Per i fondi strutturali europei c'è una novità importante, non ancora perfettamente percepita dalla pubblica opinione: ecco perchè era necessario "fare bene i compiti a casa". La Commissione è orientata a ridurre, per le aree depresse, al 20% e in casi particolari al 10%, la quota di co-finanziamento a carico delle amministrazioni locali. Il Piano per il Sud, preannunciato più volte dal precedente governo, potrebbe decollare entro l'anno grazie al un nuovo esecutivo, più operativo che declamatorio. Diciamocela tutta: è relativamente più facile la stesura coordinata di progetti di sviluppo territoriale - i cui parametri sono dettati da bisogni socio-economici ben noti - quando non si è vincolati dagli interessi di "clientes" più o meno collegati con le mafie locali.

 

Per quanto concerne la lotta all'evasione ed all'elusione figurano nel decreto Monti norme significative come l'acquisizione da parte delle Autorità tributarie dei dati incrociati sulle transazioni finanziarie e la reintroduzione delle sanzioni penali anti-evasione (il provvedimento venne a suo tempo pomposamente etichettato come "manette agli evasori"). Mancano però almeno due provvedimenti: la riproposizione del reato di falso in bilancio, superando la versione edulcorata ad usum delphini; la odiata - et pour cause - minimum tax.

    

Non so se sia evidente che l'elusione è la porta spalancata per l'evasione di massa, attraverso norme di dubbia interpretazione. Un caso eclatante è costituito dalla normativa sulla tassazione Ici di beni ecclesiastici a utilizzazione commerciale.

    

Il numero degli evasori potenziali, quali risultano dalla comparazione fra i tabulati di un'indagine campionaria a partecipazione anonima della Banca d'Italia e di quelli dell'Agenzia delle Entrate (cfr. "La Repubblica del 7/12/2011, Dossier manovra, pag. 13) è dell'ordine di 5.700.000 unità. Per la categoria "autonomi e imprenditori" (4.650.000) la Banca d'Italia stima un reddito medio unitario di 27.000 euro e l'Agenzia delle Entrate rileva un reddito di 11.800, con una differenza di 15.200 euro (sono scomparse 300.000 unità: evasori totali?); per il reddito da fabbricati, su 1.120.000 soggetti, la differenza è 17.400 euro. Otteniamo dunque un imponibile evaso di 90 miliardi: applicandovi la pressione fiscale calcolata recentemente dal governatore Visco al 45% otteniamo una cifra superiore ai 40 miliardi, che coprirebbe largamente l'ultima manovra.

 

Sorgono due obiezioni. La prima: si tratta di un popolo di evasori potenziali (ma molti si limitano a muoversi lungo i livelli di troppo benevoli studi di settore) di quasi 6 milioni di unità, che rappresentano circa 15 milioni di voti (!). La seconda: in questa platea vi sono molte micro-imprese il cui reddito di sopravvivenza è garantito proprio dall'evasione o dall'elusione con la sottostima degli stessi studi di settore. Se la minimum tax si collocasse sui decili superiori (per non favorire i redditi più alti) pur consentendo a tutti i contribuenti di chiedere un controllo con procedure semplificate se la ritenessero troppo elevata, l'evasione scomparirebbe, ma con essa molte imprese. Sono proprio queste imprese a produttività negativa rispetto ad un mercato trasparente che abbassano la produttività generale del sistema, ostacolano la mobilità intersettoriale, favoriscono il nanismo aziendale e spiegano la lunga stagnazione italiana.

    

Coniugare la severità fiscale, temperata da un sensibile abbassamento delle aliquote al crescere del gettito, con una forte politica di sviluppo che accompagni la totale trasformazione della struttura produttiva è compito affascinante, ma tale da far tremare i polsi. Implica un consenso politico consapevole, diffuso e costante. Possiamo ipotizzare che un governo-farfalla (destinato cioè ad una vita breve) sia in grado di affrontare questa sfida? Certamente no. Potremmo chiedergli però di gettare le basi per un impegno futuro e di evidenziare i parametri entro i quali dovrebbe svilupparsi un intervento - questa volta davvero - epocale.

 

Una pressione fiscale del 45% non può essere sopportata a lungo: al termine del ciclo negativo (sperando che non si avviti a spirale), dovrà essere alleggerito il carico tributario sui redditi dei lavoratori e dei pensionati, fattori di sostegno della domanda aggregata, e sulle imprese, fattori di produzione della ricchezza. Come quella della virtù la via dello sviluppo equilibrato è stretta e va percorsa con vigile perseveranza.

Sabato, 17. Dicembre 2011
 

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