Il federalismo fiscale che espropria lo Stato

I partiti che hanno vinto le elezioni citano, come base per la riforma, la proposta elaborata dalla regione Lombardia. Ebbene, in quel testo si prevede che vada alle Regioni l'80% del gettito non solo dell'Iva e delle accise sui combustibili, ma anche dell'Irpef

Le misure fiscali che il governo dovrebbe a breve adottare hanno lo scopo, plausibilmente, di realizzare due obiettivi: 1) aumentare il reddito delle fasce più deboli, in particolare dei lavoratori dipendenti, anche al fine di sostenere i consumi, in forte frenata, 2) aumentare la produttività – sia del lavoro che totale – per rafforzare la competitività. Le due misure annunziate sono quelle della eliminazione dell’ICI sulla prima casa, cioè sul proprietario che abita nella sua casa, e la detassazione degli straordinari  (totale o forse con una cedolare secca del 10%).

 

E’ piuttosto chiaro che la misura dell’ICI non ha nulla a che vedere con entrambi gli obiettivi; si tratta dell’adempimento della promessa elettorale, promessa fatta perché molto popolare. Peccato che i 200 euro medi di risparmio si distribuiscano soprattutto verso i redditieri medio-alti, i quali molto probabilmente non varieranno la loro spesa neppure di un euro. Si sarà fatta solo una piccola redistribuzione al contrario. Più promettente sembrerebbe la misura degli straordinari; si tratta infatti di lavoratori dipendenti. Non è chiaro però se lo scopo è il sostegno al reddito o l’aumento della produttività; forse si tratta del classico “due piccioni con una fava”? Per la verità il primo premio Nobel dell’economia, l’olandese Jan Tinbergen, aveva affermato che per raggiungere due obiettivi occorrono almeno due strumenti. Che si tratti di una eccezione al teorema?

 

Purtroppo la risposta sembra negativa; la misura è sbagliata sia in sé che nel timing scelto. Infatti si tratta di un incentivo prociclico, che agisce quando non è necessario e non agisce quando sarebbe necessario. Ad esempio nella situazione congiunturale che il nostro paese attraversa è più probabile che i lavoratori vengano messi in cassa integrazione piuttosto che gli si chieda dello straordinario. E’ vero che in Francia è stato adottato un provvedimento di detassazione, ma come modo di bilanciare la legge sulle 35 ore. Nessun altro paese ha in vigore un provvedimento del genere, che ha numerose controindicazioni: svantaggia le lavoratrici, può determinare un aumento degli incidenti sul lavoro, si presta ad azioni elusive che trasformano ore ordinarie in straordinarie. Quanto alla produttività, è vero che se il numero di ore straordinarie aumenta la produttività pro capite aumenta, ma il nostro problema è soprattutto quello di una stagnazione della produttività oraria, per la quale la misura è ininfluente o negativa.

 

Fino a qui ho parlato dei provvedimenti immediati del governo, ma i temi di legislatura sono altri: quello del federalismo fiscale e quello del quoziente familiare. Rinviando quest’ultimo ad un intervento successivo, vorrei soffermarmi sulla questione del federalismo. Su questo tema nella legislatura 2001-2006 era stata istituita una Alta Commissione sul federalismo fiscale, che aveva concluso i lavori nel 2005; la relazione peraltro non era stata portata al tavolo governo-regioni, ed è rimasta quindi sospesa. Ai primi di agosto 2007 il governo Prodi aveva presentato un disegno di legge delega in materia di federalismo fiscale, preceduto da una proposta di legge del Consiglio regionale della Lombardia del 27 giugno 2007 (nuove norme per l’attuazione dell’articolo 119 della Costituzione).

 

Le due proposte dell’Alta Commissione e del governo Prodi, pur differenti tra loro, hanno in comune uno sforzo di individuare la relazione tra spese attribuite alle Regioni (art. 117) e finanziamento delle stesse con un mix di entrate proprie, compartecipazioni e trasferimenti. Nella proposta della regione Lombardia invece ci si disinteressa delle spese per fissare i criteri di attribuzione delle risorse alle singole regioni, in via diretta (soprattutto) ed in via derivata (ma in modo limitato). Poiché i partiti che hanno vinto le elezioni hanno fatto, nei loro programmi, e continuano a fare (in particolare la Lega) riferimento alla proposta lombarda, è bene esaminarla con attenzione.

 

Per meglio far comprendere il tono ispiratore della proposta di legge vale la pena riportare alcuni brani della fine della relazione introduttiva: “ Oggi i nostri cittadini pagano le tasse e creano ricchezza ma i trasferimenti vanno ad altri. Questo rischia di compromettere non solo la locomotiva lombarda ma l’intero sistema economico italiano…. Concludiamo con una frase di Abraham Lincoln che diceva: “Non si può rinforzare il debole indebolendo il più forte”; pertanto la Lombardia continuerà ad aiutare le aree meno fortunate del Paese, ma è stanca di correre con le catene ai piedi. Questo progetto va nella direzione della libertà”.

 

Si potrebbe pensare che il tono sia un po’ enfatico, da regione all’opposizione del governo nazionale. Ma il contenuto della proposta di legge corrisponde proprio alla spirito. Si prevede una compartecipazione all’IVA in misura non inferiore all’80%, nonché tutte le accise sui combustibili. Per quanto riguarda l’Irpef, anche se giornali e televisione hanno parlato di una compartecipazione al 15%, si tratta di una cattiva lettura del testo. La quota è in realtà di un altro 80%. Infatti si prevede l’istituzione di un’imposta regionale sul reddito personale, con un’aliquota uniforme del 15% (inizialmente) e “contestuale diminuzione nella stessa misura delle aliquote dell’imposta sul reddito delle persone fisiche così da garantire invarianza della pressione fiscale”. Le aliquote dell’irpef pertanto divengono: 8%, 12%, 23%, 26%, 28%. Ma attenzione: un lavoratore dipendente con un  reddito di 8.000 euro ha imposta netta pari a zero, perché la detrazione è pari all’imposta lorda. Ma se deve versare il 15% del suo reddito (cioè 1.200 euro), a causa dell’imposta regionale, e se non vi deve essere per lui aggravio di pressione fiscale, ciò vuol dire che i 1.200 euro devono essere forniti alla regione dall’erario. In sostanza visto che l’incidenza media dell’irpef è di circa il 18%, se il 15%  del suo gettito deve andare alle regioni, è chiaro che mediamente le regioni ottengono l’80% del gettito complessivo dell’irpef, cioè circa 120 miliardi. 

 

Non si tratta quindi di una compartecipazione del 15%; il testo della proposta di legge parla chiaro. E’ come se negli USA le imposte statali sui redditi assorbissero la maggior parte dell’imposta federale. A completare “l’esproprio federalista” la proposta prevede l’istituzione di un’imposta locale (per i Comuni quindi) sui redditi fondiari, ad aliquota proporzionale; i redditi da terreni e fabbricati escono quindi dall’irpef  (probabilmente questo serve per compensare la riduzione dell’ICI).

 

Possiamo concedere qualche attenuante a questo vero e proprio reato di eversione costituzionale: non c’è dubbio che le regioni del sud abbiano usato in modo pessimo le ingenti risorse ottenute, molte delle quali hanno ingrassato le organizzazioni mafiose. Può anche essere che l’assemblea lombarda non fosse pienamente conscia di quello che votava, o forse votava la proposta con uno scopo puramente provocatorio. Sarà interessante vedere cosa faranno il ministro del Federalismo (Bossi) e quello degli Affari Regionali (Fitto, ex governatore delle Puglie).          

Martedì, 13. Maggio 2008
 

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