I pastrocchi fiscali di destre e 5Stelle

La flat tax, tanto nelle versione Forza Italia che in quella leghista, costa 60 miliardi e più sei ricco più ci guadagni, mentre per i redditi più bassi servirebbero molte correzioni per evitare aggravi, alla faccia della semplicità. Problemi anche nella proposta 5S, che così com’è farebbe perdere circa 9 milioni di dipendenti. Soprattutto, è un modo di spendere i soldi che fa solo danni

1. A Otto von Bismarck è attribuito il detto: non si mente mai tanto quanto dopo la caccia, durante la guerra e prima delle elezioni. Per quanto riguarda la principale imposta del nostro sistema tributario, non c’è dubbio che la proposta della flat tax, nelle due versioni di Berlusconi e Salvini, merita un posto d’onore.

Lo scopo della flat tax è di diminuire il peso dell’Irpef sull’8,5% dei contribuenti (circa 3,5 milioni) che dichiarano più di 40.000 euro, e versano la metà del gettito dell’imposta. Per ottenere questo risultato si potrebbe operare riducendo le aliquote a tre e abbassando la terza, ma il messaggio in termini elettorali non sarebbe un granché. Molto meglio parlare di un’aliquota unica, la stessa per tutti, e di deduzioni dall’imponibile (i politici di destra preferiscono sempre le deduzioni dall’imponibile alle detrazioni dall’imposta, ma con una sola aliquota le due cose sono perfettamente uguali).

Malgrado il fatto che Salvini proponga il 15%, mentre Berlusconi oscilla tra il 20% e il 23%, le stime (Baldini e Rizzo su La Voce) indicano una perdita di gettito più o meno uguale, sui 60 miliardi (per inciso siamo oltre il 3% del Pil). Questo perché le deduzioni della Lega sono più contenute di quelle di Forza Italia, per cui le due cose si compensano. Da notare che nella proposta leghista è esplicitamente prevista una clausola di salvataggio (nessuno deve perderci), e si capisce, perché se il contribuente lavoratore dipendente o pensionato è single, mentre ora non paga imposta fino a 8.000 euro, con la flat tax salviniana incomincerebbe a pagare da 3.000. Anche se ha un coniuge a carico, l’esenzione si fermerebbe a 6.000, mentre attualmente arriva ad oltre 10.000. Se c’è un figlio, l’esenzione arriverebbe a 9.000, ma attualmente arriva a 14.000, e così via.

In effetti è curioso che la flat tax della Lega sia più favorevole ai ricchi di quella di Forza Italia, data la composizione dell’elettorato, ma si tratta di un tema minore. La cosa più rilevante è che secondo Berlusconi e Salvini la flat tax non porterebbe nessuna perdita di gettito, perché i contribuenti evaderebbero di meno e lavorerebbero di più, generando quindi un maggior reddito di almeno 300 miliardi. Si tratta della ripresa alla grande della reaganomics, che Bush senior aveva definito a suo tempo woodoo economics.

Per quanto riguarda lo slancio lavorativo indotto dalla flat tax, tutte le ricerche empiriche sono concordi nel dire che è a livelli bassi di reddito che l’elasticità dell’offerta di lavoro è più alta, in particolare per le donne, mentre a livelli alti l’elasticità è molto bassa, cioè variazioni di incidenza dell’imposta non hanno effetti significativi sull’attività produttiva dei soggetti interessati. Per l’evasione poi bisogna ricordare che, a parte gli affitti, l’evasione dell’imposta sul reddito incomincia sempre con l’evasione dell’Iva. Prima devo evadere l’Iva e poi potrò evadere l’Irpef. Anche con una flat tax il peso complessivo dell’imposizione sarà comunque, se non del 42%, almeno di un terzo, quindi l’appetibilità dell’evasione rimane tutta. Del resto la cedolare secca sugli affitti degli immobili mostra che è stata usata soprattutto da coloro che avevano aliquote Irpef più alte e che già dichiaravano l’affitto, ma non ha ridotto l’evasione.

 

2. La proposta sull’Irpef di M5S è più tradizionale.  Le aliquote passano da cinque a tre: 23% fino a 28.000, 37% fino a 100.000 e 42% dopo. Gli sgravi salgono sempre in valore assoluto (a 100.000 la diminuzione è di 3.090 euro) e oscillano tra 1,5% e 3% in proporzione al reddito. Inoltre l’area di esenzione viene portata a 10.000 per tutti i single, ma aumenta per le famiglie fino a 26.000, anche se non è specificato in che modo. Il fatto comunque che per tutti l’area di esenzione è portata almeno a 10.000 implica un costo molto elevato se la detrazione di 2.300 euro dovesse valere per tutti i contribuenti (detrazione fissa). Questa detrazione dovrebbe salire per nuclei familiari con più persone, per cui il costo complessivo, tenendo conto della diminuzione delle aliquote, arriverebbe a circa 30 miliardi.

Per questo motivo Di Maio ha specificato che la detrazione di 2.300 sarebbe decrescente da 10.000 a 55.000, cioè con lo stesso limite al quale finiscono nell’Irpef attuale le detrazioni per lavoro e pensione. Rendere decrescente la detrazione significa farla scendere di 5,11 euro ogni 100 di aumento dell’imponibile. In pratica si introduce una aliquota marginale implicita di 5,11%. Di fatto, per un contribuente single, la vera struttura delle aliquote diviene la seguente:

0 fino a 10.000
28,11% da10.000 a 28.000
42,11% da 28.000 a 55.000
37% da 55.000 a 100.000
42% oltre 100.000

una struttura alquanto curiosa.

Nel caso di contribuenti con famiglia non ci sono elementi per calcolare le aliquote implicite, ma sicuramente dovrebbero esserci, portando ad aliquote effettive più alte. Va ricordato che le detrazioni per carichi familiari nell’attuale Irpef arrivano a 80.000 per il coniuge, a 95.000 con un figlio, a 110.000 con due figli e così via.

Ma c’è ancora un problema, che riguarda i lavoratori dipendenti beneficiari del bonus Renzi. Il M5S propone di eliminare questo bonus, ma ciò implica che lo sgravio di Irpef risulta minore della perdita degli 80 euro, nel caso di un lavoratore che, lavorando tutto l’anno arrivi a 960.  Le perdite vanno da circa 540 euro a partire dagli 8.000 euro per finire a 100 euro a 26.000. Una manovra volta ad aumentare il netto in busta paga non può trovarsi con circa nove milioni di lavoratori dipendenti in perdita. Se mai il M5S dovesse trovare la convergenza su questo programma, è evidente che la manovra dovrebbe essere corretta, o riducendo e non annullando il bonus Renzi o aumentando la detrazione, almeno per i lavoratori dipendenti. 
 

3. Una valutazione oggettiva delle proposte della destra e del M5S portano a concludere che la diminuzione dell’Irpef potrebbe andare da una ventina ad una sessantina di miliardi. Ma non basta perché c’è l’eliminazione dell’Irap (24 miliardi), i mille euro per i pensionati o il reddito di cittadinanza (780 al mese), e in questo modo arriviamo a cifre oscillanti tra i settanta ed i cento miliardi. Si può ragionevolmente sostenere che sia giusto non rispettare il fiscal compact per fare investimenti (anche in capitale umano), ma farlo per distribuire migliaia di euro a testa ai più ricchi, oltre ad non essere equo, può risultare economicamente molto dannoso. 

Venerdì, 9. Febbraio 2018
 

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