Grande crisi, piccola manovra

I provvedimenti del governo per contrastare il rischio di un avvitamento della congiuntura sono di entità modestissima e per di più non tempestivi. Non sono modesti, invece, i tagli alla scuola

Il mondo dell'informazione, in questo momento e in Italia, attraversa una fase di degrado. Esso dovrebbe avere il ruolo di consentire al cittadino comune la corretta comprensione degli eventi economici, nonché i riflessi che essi esercitano sulle prospettive di vita sue e dei suoi familiari. Questo ruolo non mi sembra esercitato in modo soddisfacente. A parte la strana priorità che i TG dedicano alle notizie di cronaca nera, rispetto a quelle che possono riguardare tutti noi (prezzi, tariffe, fisco, occupazione, etc), le stesse notizie economiche sono guardate attraverso una lente deformante. Gli aggettivi usati per definirle ne snaturano l'ordine di grandezza.

 

Riporteremo alcuni esempi significativi. Siamo consapevoli della oggettiva difficoltà di passare dalla valutazione delle limitate grandezze a cui siamo assuefatti nel calcolo del nostro bilancio e della spesa quotidiana alle macrograndezze del bilancio dello Stato e delle manovre di politica economica. Abbiamo perciò applicato le percentuali equivalenti di alcuni fenomeni ad un reddito di 1.300 euro mensili netti. Esso non rappresenta una media (poco significativa, perché sommando e poi dividendo importi diversissimi si giunge al noto fenomeno del pollo di Trilussa), ma il valore modale. Ciò significa che intorno a quella cifra si registra la maggiore frequenza dei redditi da lavoro dipendente degli italiani.

 

 

Entità della finanziaria

 

 

E' piuttosto piccola. Si aggira intorno all'1% del Pil, e cioè - nel nostro esempio - equivale a 13 euro al mese (un cappuccino ogni 2 giorni e mezzo).

 

 

Tagli alla scuola e all'Università

 

In tre anni, 8 miliardi di euro; calcolati però rispetto ad una spesa di personale nel triennio di 120 miliardi di euro. Rappresentano il 6,6%; tenendo però conto del fatto che per coprire l'inflazione cumulata nello stesso triennio occorrerebbe un aumento non inferiore all'8%, la riduzione effettiva risulta del 14,4%. Confermata, del resto, dall'entità della diminuzione di personale (150.000 unità circa).

 

Sul nostro reddito tipo, equivale a 187 euro. Siamo sul livello della rata del mutuo per un appartamento di piccole dimensioni e il doppio della rata per l'acquisto di un'auto di piccola cilindrata.

 

La manovra “epocale”

 

80 miliardi da spendere in 4 o 5 anni equivalgono a 16 miliardi di euro l'anno. Si tratta di cifre già stanziate da tempo. Quelle comunitarie risalgono a due anni fa e verranno spese gradualmente, man mano che i progetti relativi saranno redatti, approvati, co-finanziati e realizzati. La manovra più immediata dovrebbe aggirarsi attorno ai 4 miliardi di euro per interventi a favore delle famiglie, più i forse 15 miliardi per la ricapitalizzazione del sistema bancario. Questo secondo intervento appartiene, però, più alla finanza creativa che alla dinamica della spesa pubblica vera e propria. L'impatto sul Pil dovrebbe verificarsi, per quanto riguarda le infrastrutture - secondo le stime ottimistiche del Governo - tra un anno circa, e potrebbe essere dell'1%. Un altro cappuccino ogni 2 giorni e mezzo. Ma l'aiuto alle famiglie, anche se fosse di 4 miliardi di euro (io non credo, perché anche la Marcegaglia ha appetito) equivarrebbe a 3 euro e 60, e cioè un cappuccinno e 2 brioches una volta al mese!

 

 

Tempestività dell'intervento

 

Quando la congiuntura peggiora possono verificarsi fenomeni che nel linguaggio criptico degli economisti prendono il nome di "teoria del moltiplicatore dei redditi e dell'occupazione". Semplificando all'estremo, si tratta di una sequenza negativa di questo tipo: aumento dei disoccupati, diminuzione della domanda, chiusura di altre aziende, nuova disoccupazione e così via. L'effetto finale, in un certo arco temporale, è un multiplo di quello iniziale.

 

Questo fenomeno si definisce della "boule de neige". All'inizio, lungo il declivio, una palla di neve è piccola: se si interviene subito, si ferma con poco sforzo; se la si lascia precipitare ingrossandosi, anche una forte barriera risulterà inutile. Vi è dunque il timore che i ritardi si sommino alle limitate dimensioni dell'intervento, rendendolo poco efficace.

 

 

Il fiscal drag

 

E' il fenomeno (di cui troppo poco si parla) per cui un reddito cresciuto solo nominalmente, mantenendo il suo potere d'acquisto originario, finisce per pagare sempre più imposte, perché raggiunge quegli scaglioni in cui l'aliquota è più alta. Dal 2001 il fiscal drag non è più stato restitituito ai contribuenti a reddito fisso (quelli a reddito variabile si autotutelano attraverso la lievitazione dei costi in detrazione).

 

Il nostro reddito tipo, calcolando un'inflazione cumulata di almeno il 20% in 7 anni, equivale ad un reddito di poco più di 1.000 euro del 2001 e dovrebbe quindi pagare in base alle aliquote di allora. Ha perso mediamente un 6%, e cioè 78 euro (probabilmente di più, perchè le aliquote si applicano al reddito lordo).

 

Aggiungiamo ancora che l'inflazione effettiva sui redditi medio-bassi è quasi il doppio di quella ISTAT; conseguentemente il fiscal drag è più alto. Poichè nel frattempo la pressione fiscale è aumentata di poco, dovremmo dedurre che è aumentata l'area di evasione ed elusione dei redditi variabili.

 

 

Effetti del tasso di interesse

 

Una diminuzione di 2 punti del tasso di interesse comporta per l'Italia un risparmio - non immediato, ma alla scadenza dei titoli in circolazione - pari a due finanziarie, e cioè circa 26 euro al mese (un giorno di lavoro). Nascerebbe dunque, se la BCE proseguisse la  riduzione dei tassi, la possibilità di anticipare una manovra di sostegno della domanda globale molto più ambiziosa. Si tratta di porre in moto un moltiplicatore positivo che compensi o, se possibile, inverta le tendenze del moltiplicatore negativo, modificando anche le aspettative. Paradossalmente - ma non tanto - quando anche i redditieri medio-bassi percepiscono un'atmosfera del tipo che i romani definiscono con il termine "....so' cartacce", aumentano i risparmi precauzionali. Cosi, al gap di domanda dovuto alla perdita di potere d'acquisto, si somma quello imputabile al peggioramento delle aspettative.

 

Concludendo: occorrerebbe una manovra di entità significativa, tempestiva, ben mirata. E, soprattutto, meno fumo e più fatti.

Mercoledì, 19. Novembre 2008
 

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