Fondi pensione, identikit di chi ha aderito

Pur rimanendo lontani dagli obiettivi dichiarati dal governo, il numero di chi ha scelto la previdenza complementare è stato notevole. In alcuni settori e alcune fasce di età, almeno: pochissimi i dipendenti di piccole imprese, ancor meno i giovani

Il 19 settembre la Covip e il ministro Damiano hanno presentato i primi risultati relativi all’adesione alla previdenza complementare dopo il cosiddetto semestre previsto dalla legge Maroni e anticipato dall’ultima legge finanziaria al 2007. Nell’intento di smentire le affermazioni di fallimento del semestre e di affermare che l’obiettivo del 40% di adesione se non raggiunto è quanto meno vicino, il presidente della Covip, Scimmia, si è profuso in diversi calcoli in cui il numeratore (iscritti) e il denominatore (la platea di potenziali aderenti) usati per calcolare il tasso di adesione sono stati spesso cambiati e, soprattutto, “innovati” rispetto ad occasioni  precedenti.

 

Per affermare, ad esempio, che il tasso di adesione di un già selezionato gruppo di potenziali aderenti è pari al 28% (dato considerato, tenendo conto di adesioni esplicite ancora da perfezionare e dei silenti non ancora accertati, non lontano dall’obbiettivo indicato del 40%), Scimmia include nel calcolo gli aderenti ai Fondi preesistenti il 1993, mai considerati nei tassi di adesione in precedenza ed esclude invece i potenziali aderenti dei Fondi autorizzati nel 2007.

 

Nei Fondi negoziali riservati ai lavoratori dipendenti privati (tutti senza escludere quelli autorizzati nel 2007), gli aderenti in base alle ultime rilevazioni della Covip (settembre) sono 1.687.000, con  un incremento di 592.000 unità rispetto al dicembre 2006 e con un tasso di adesione complessivo pari a circa il 17%. Escludendo i 4 Fondi autorizzati all’esercizio nel corso del I semestre 2007, con un bacino di potenziali iscritti di 2.650.000 unità, si arriva a un tasso di adesione nei Fondi negoziali pari al 22,8% (aggiungendo infine i 550.000 iscritti ai Fondi preesistenti si arriva infine al 28% indicato da Scimmia).

 

Se l’obbiettivo del 40% indicato dal ministro Damiano si riferiva al complesso dei Fondi negoziali ne siamo, quindi, molto lontani. Tuttavia credo che definire come qualcuno ha fatto il semestre come un fallimento sia errato. Fuori quindi dalla gara mediatica del successo e dell’insuccesso vediamo capire la situazione reale.

 

L’incremento di adesioni dei lavoratori dipendenti alla previdenza complementare è stato in totale di 902.000 unità. I lavoratori, infatti, potevano aderire sia ai Fondi negoziali che a quelli aperti e alle polizze individuali (Pip). Secondo i dati Covip ai Fondi aperti aderiscono 282.000 lavoratori dipendenti (199.000 in più rispetto al 2006), mentre 211.000 hanno sottoscritto polizze individuali adeguate alla legge Maroni (111.000 in più rispetto al 2006). Sommati agli aderenti ai Fondi negoziali, complessivamente i nuovi aderenti alle diverse forme di previdenza integrativa nel corso del 2007 sono stati pertanto 902.000. Sommati agli iscritti ai Fondi preesistenti fanno un totale di 2.730.000 aderenti.

 

Gli aderenti nel 2007 ai Fondi negoziali dei dipendenti privati sono stati in realtà più di 592.000. Questa cifra è la differenza di iscritti tra settembre 2007 e dicembre 2006 ed è frutto sia delle nuove iscrizioni che delle uscite: i nuovi aderenti superano certamente le 600.000 unità. A questi andranno aggiunti i lavoratori che non espresso alcuna opzione, i cosiddetti silenti. Fino ad oggi si hanno solo stime, peraltro molto diverse tra di loro, dato che il loro numero potrà essere effettivamente accertato solo con la contribuzione di ottobre. Le prime indicazioni che provengono dai Fondi sembrano indicare un’area molto contenuta di silenti e questo costituirebbe, se vero, un dato positivo: i lavoratori hanno scelto, prevalentemente per il Tfr in azienda, ma hanno scelto. La campagna informativa sulle diverse opzioni, Tfr in azienda o adesioni ai Fondi, è stata quindi efficace limitando al massimo l’area di non informazione.

 

I risultati delle adesioni sono molto diversi da settore a settore, con comparti in cui alla previdenza complementare ha aderito la maggior parte dei lavoratori e comparti che hanno confermato una limitata adesione. Le nuove adesioni hanno, pertanto, accentuato le diversità già esistenti.

 

Nei Fondi aziendali e di gruppo il tasso di adesione è passato dal 43,6% al 55,5%, con punte superiori all’80% nelle aziende dell’Eni e dell’Enel. In diversi Fondi di categoria il tasso di adesione ha superato il 40%. Si tratta di Fondi con un bacino di potenziali iscritti pari a circa 1,6 milioni di lavoratori che hanno oggi più di 800.000 iscritti con un tasso di adesione medio del 51,4%. Tra questi Fondi vi sono quello dei chimici, Fonchim, con un tasso di adesione dell’80%, e, soprattutto, quello dei metalmeccanici con un tasso di adesione del 44%. Se nei chimici, caratterizzati dalle presenza prevalente di medie e grandi imprese e da un forte consenso di tutte le organizzazioni sindacali verso la previdenza complementare, il risultato non sorprende, diversa è la situazione nel settore metalmeccanico dove è molto forte la presenza di piccole imprese (più di 12.000 sono le aziende con lavoratori iscritti a Cometa) e dove da parte di alcuni settori della Fiom vi è stata una opposizione esplicita alla previdenza complementare. Il 44% di adesione (circa 450.000 lavoratori) costituisce un successo innegabile, date le condizioni, per Cometa.

 

Sommando questi Fondi con quelli di azienda e di gruppo abbiamo una platea di potenziali aderenti pari a circa 2.100.000 lavoratori tra i quali più del 52%  (1.100.000 unità) ha aderito ai Fondi negoziali. Si tratta di una realtà di tutto rispetto, certamente minoritaria nel mondo del lavoro, che ha compiuto una scelta consapevole e dalla quale non si potrà prescindere in qualsiasi ragionamento futuro sulla previdenza pubblica e privata.

 

Vi è però un più vasto settore del mondo del lavoro dipendente privato in cui i tassi di adesione sono molto bassi. Se consideriamo l’insieme dei Fondi che hanno un tasso di adesione inferiore al 25%, vi troviamo una platea di quasi 8 milioni di lavoratori dei quali solo 436.000 aderiscono ai Fondi pensione con un tasso di partecipazione del 5,6% (la percentuale sale all’8,5% se escludiamo dal computo come fa la Covip i Fondi autorizzati nel 2007). Si tratta in massima parte di settori caratterizzati dalla presenza di piccole imprese, come quello artigiano e alcuni settori industriali, e del settore del commercio. In questi settori, pur con qualche progresso numerico, il semestre non ha portato ad un sostanziale mutamento delle adesioni.

 

La previdenza complementare ha quindi successo nelle medie-grandi imprese del settore industriale e dei servizi, mentre non decolla nelle piccole imprese di tutti i settori e nel commercio. Questo dato già evidente prima del semestre non è stato modificato dalle nuove adesioni, ma accentuato, nonostante la campagna informativa.

 

Non si hanno ancora dati sulla distribuzione per età dei nuovi iscritti. Fino al 2006 l’adesione dei giovani alla previdenza complementare era molto limitata; gli iscritti erano in prevalenza lavoratori di età medio-alta. Una prima indicazione è data da 100.000 nuovi aderenti di Cometa di cui si conosce l’età: la loro distribuzione per età anagrafica non appare diversa da quella dei vecchi iscritti. Se così fosse confermato per l’insieme delle nuove adesioni (e così parrebbe essere in base ai diversi sondaggi fatti), ancora una volta pochi giovani avrebbero aderito alla previdenza complementare, mentre lo avrebbero fatto quelli più anziani.

 

Se questi risultati saranno confermati nei prossimi mesi, dopo l’accertamento del numero dei silenti e un’analisi più approfondita nella tipologia degli iscritti, sarà necessario tornare ad affrontare il tema della previdenza complementare e tutti, favorevoli e contrari, non potranno non partire dalla realtà dei numeri e dalla qualità delle adesioni.

 

In alcuni settori la previdenza è una realtà che ha incontrato un largo successo tra i lavoratori. Si tratta di settori dove i lavoratori hanno avuto più informazione e dove forte, pensiamo ai metalmeccanici, è stata anche la presenza di forze contrarie ai Fondi. Difficile, quindi, considerare questa massiccia adesione come frutto di scarsa informazione. Per la maggioranza dei lavoratori di altri settori e/o dimensioni di azienda questa adesione non è invece avvenuta e non è avvenuta soprattutto tra i giovani. Anche in questo caso è difficile dopo il semestre attribuire la mancata adesione ad una limitata informazione. Evidentemente molti lavoratori non si fidano di una previdenza affidata al mercato (sarebbero stati ancora di più se il semestre iniziasse oggi) e/o per molti lavoratori, soprattutto i giovani, non vi è la possibilità di aderire (incertezza di occupazione, retribuzioni basse).

 

Per finire questa prima riflessione sui risultati del semestre non si può non rilevare la totale mancanza di proposte alternative alla previdenza complementare da parte dei suoi oppositori politico-sindacali nell’arco del semestre. Nel novembre dello scorso anno sul questo sito è stato pubblicato un appello di Pizzuti, Rinaldini ed altri per dare la possibilità ai lavoratori di devolvere il Tfr oltre che ai Fondi pensione anche all’aumento dei contributi pensionistici pubblici. Antonio Lettieri ha indicato nello stesso periodo su questo sito alcune possibilità alternative di impiego del Tfr ( vedi Il rischio di mandare a Fondo la pensione). Nessuna forza politica e sindacale contraria alla previdenza complementare ha indicato alcunché nel semestre. Nessuno ha ripreso queste proposte e le ha fatte proprie offrendo così una concreta alternativa ai lavoratori a fronte della futura diminuzione della copertura pensionistica pubblica.

 

L’unica iniziativa è stata quella di Rifondazione comunista che ha presentato una proposta di legge per far diventare il Fondo residuale dell’Inps previsto dalla Maroni per i lavoratori senza Fondo negoziale, un Fondo a cui possono aderire tutti i lavoratori dipendenti. Per capirci il Fondo Inps è un Fondo di previdenza complementare come quelli negoziali, che risponde alle stesse regole dettate dalla Maroni e le cui prestazioni dipenderanno dal mercato come quelle dei Fondi negoziali. Il Fondo Inps non potrà avere costi di gestione amministrativa inferiori a quelli dei Fondi negoziali perché se l’Inps in quanto Istituto si offrirà come gestore amministrativo a basso costo dovrà farlo per tutti i Fondi esistenti ed è quanto meno opinabile che un Fondo con un C.d.A. nominato dal Ministro del Lavoro tuteli i lavoratori di più dei Fondi con C.d.A. nominati direttamente da lavoratori e imprese.

 

Sorprende che dagli oppositori all’affidamento al mercato della previdenza l’unica proposta alternativa sia questa. Ho indicato in un articolo su EL i limiti che a mio parere aveva la proposta di Pizzuti, ma offriva un’alternativa concreta. Perché nessuna forza politico-sindacale l’ha fatta propria?

 

 

 

 

Martedì, 25. Settembre 2007
 

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