'Dimissioni in bianco', una legge per stroncarle

Approvata recentemente, stabilisce che le dimissioni dal lavoro d'ora in poi dovanno essere formalizzate solo con appositi moduli, la cui validità è limitata a quindici giorni

 

Potremmo dire – come fa Milena Gabanelli a conclusione del suo esemplare programma: “Ecco la buona notizia”.

 

La spasmodica attenzione dedicata dai media ai travagli della Finanziaria 2008 ha lasciato a pochi volenterosi “addetti ai lavori” il compito di rendere nota la recente approvazione di una legge che si pone in palese contro-tendenza rispetto alle norme approvate nel corso della precedente legislatura. Mi riferisco alla legge 17 ottobre 2007, nr. 188, che - in sostanza - come afferma Marisa Nicchi, prima firmataria della proposta di legge presentata alla Camera nell’agosto 2006, ha l’obiettivo di stroncare ”Una pratica vessatoria, le cosiddette dimissioni in bianco, che pone i lavoratori - nel 25 per cento dei casi denunciati, donne in maternità - in una condizione d’assoluta subalternità”. In breve, l’obiettivo è quello di non consentire più che un vero e proprio licenziamento sia mascherato da dimissioni volontarie del lavoratore presentate in bianco contemporaneamente all’istituzione del rapporto d lavoro.

 

La nuova norma, costituita da un solo articolo e da sette commi, prevede, infatti, che le dimissioni del lavoratore vanno presentate utilizzando unicamente appositi moduli resi disponibili gratuitamente da una serie di soggetti “istituzionali” e non. Entro il 22 febbraio 2008, un decreto del ministro del Lavoro definirà le caratteristiche ed i contenuti dei suddetti moduli; essi saranno reperibili presso le Direzioni provinciali del lavoro, i Centri per l’impiego e gli uffici comunali, oltre che attraverso il sito internet del ministero. Inoltre, il comma 6 prevede che, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, apposite convenzioni disciplineranno le modalità attraverso le quali i moduli potranno essere acquisiti anche attraverso le organizzazioni sindacali dei lavoratori ed i patronati.

 

Un primo aspetto positivo è rappresentato dal fatto che la legge non fa alcuna eccezione; questo significa, evidentemente, che essa si applica tanto nei settori privati quanto in quelli pubblici. Un altro elemento, ancora più positivo, è costituito dalla estensione della norma a tutti i tipi di contratto di lavoro. Infatti, il comma 2 fa espresso riferimento ai rapporti di lavoro subordinato - indipendentemente dalla natura e dalla durata (compresi, ad esempio, apprendistato e contratti d’inserimento) - alle collaborazioni coordinate e continuative, a quelle occasionali, al lavoro a progetto, ai contratti di associazione in partecipazione che prevedono l’apporto di prestazioni lavorative i cui redditi sono qualificati come derivanti da lavoro autonomo ed ai soci lavoratori delle cooperative. Restano, evidentemente, esclusi quei rapporti - quali i tirocini e gli stage - che non costituiscono veri e propri rapporti di lavoro.

 

L’assoluta novità - che, ad onor del vero, fa tornare in mente il famoso “uovo di Colombo” - è costituita dal fatto che i modelli da utilizzare per presentare le future dimissioni avranno la “data di scadenza”! Difatti, la “rivoluzionaria” norma in commento prevede che i modelli non avranno più alcun valore giuridico trascorsi quindici giorni dalla data di emissione: è questo, evidentemente, il deterrente ritenuto - a giusta ragione - efficace per smascherare le dimissioni “imposte” (spesso sottoscritte in contemporanea all’assunzione), piuttosto che volontarie. Il comma 3 della legge prevede, infatti, che i modelli da adottare dovranno riportare un codice alfanumerico progressivo, la data di emissione e spazi da compilare - con una serie di dati utili ad identificare le due parti e fornire una serie di altre informazioni - a cura del lavoratore. Cosa dire di più? Finalmente, dopo tanto penare, una norma messaggera (forse) di “buone novelle”!

 

Venerdì, 7. Dicembre 2007
 

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