Contro un futuro che sa di passato

Inizia con un’assemblea sabato a Roma la campagna referendaria contro l’articolo 8. Intanto un folto gruppo di economisti ha lanciato un nuovo appello chiedendo scelte economiche più sensate e il nuovo governo si prepara a metter mano ancora una volta sulle pensioni

E’ stato uno degli ultimi provvedimenti del governo Berlusconi, inserito proditoriamente in una delle manovre di agosto sui conti pubblici: l’artcolo 8 che consente alla contrattazione locale di derogare ai contratti e persino alle leggi è un obbrobrio da tutti i punti di vista: politico, del diritto del lavoro, costituzionale. Come ricorda l’articolo di Luigi Mariucci persino il Parlamento, subito dopo averlo approvato, ha votato all’unanimità un ordine del giorno in cui si afferma che è sbagliatissimo: fulgida prova di coerenza.

 

Una norma, dunque, degna del quasi ventennio berlusconiano e della gestione ministeriale di Maurizio Sacconi, più confindustriale di Confindustria. Eppure, come osserva Umberto Romagnoli, nonostante che destrutturi il diritto del lavoro e le relazioni sindacali, l’attenzione attorno al problema non appare grandissima. Dunque, aggiunge Romagnoli, va costruita.

 

Un primo passo in questa direzione è l’assemblea pubblica che si svolgerà sabato 26 al teatro Valle a Roma, con inizio alle 10. E’ organizzata dall’Associazione per i diritti sociali e di cittadinanza, la stessa che ha iniziato una campagna per un referendum abrogativo (vedi qui il testo) con un appello i cui primi firmatari sono Piergiorgio Alleva, Luciano Gallino, Sergio Mattone, Valentino Parlato, Stefano Rodotà, Umberto Romagnoli, Mario Tronti.

 

Un altro appello arriva invece dagli economisti. Sono già circa duecento ad averlo firmato (tra i primi De Cecco, Lunghini, Artoni, Bosi, Cesaratto, Stirati, Ciccone, Pivetti, Lavoie, Sawyer, Realfonzo, Marani) e parecchie adesioni arrivano dall’estero. Anche perché non è rivolto solo al governo italiano, ma individua nella Bce il soggetto il cui intervento sarebbe indispensabile per frenare l’avvitamento della crisi, facendo in modo che i tassi sui debiti sovrani scendano tutti al livello di quelli tedeschi. Quanto al governo italiano, il suo compito più importante è di intervenire a livello europeo per opporsi alla politica generalizzata dei tagli ai bilanci, che non fa altro che aggravare la recessione. Lo stesso vale ovviamente per quanto si farà in Italia. Il testo completo del documento e l’elenco delle adesioni è disponibile qui.

 

Come E&L ha già osservato, il governo Monti, nella situazione in cui siamo, appariva come una opzione inevitabile. Ma le scelte che farà non sono tutte obbligate e l’appoggio anche da parte della ex opposizione non può essere una delega in bianco. Tra gli interventi annunciati, per esempio, quello sulle pensioni, se le misure saranno quelle di cui si parla, non sembra condivisibile per una serie di motivi che qui ricordiamo.

 

Purtroppo l’Italia non può risolvere da sola una crisi che è di sistema e che non accenna a risolversi soprattutto a causa dell’inadeguatezza delle politiche finora seguite dai leader mondiali. Può però evitare di aggiungere errori ad errori peggiorando una situazione che già di per sé è di straordinaria gravità.

Mercoledì, 23. Novembre 2011
 

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