Dopo circa un anno e mezzo di indagini avviate a seguito di incidenti stradali1 che avevano coinvolto numerosi ciclofattorini che consegnano a domicilio il cibo ordinato attraverso piattaforme digitali (i cosiddetti rider), il Procuratore della Repubblica di Milano Francesco Greco2 ha emesso un comunicato stampa3 che ha prodotto molto scalpore e non pochi immotivati equivoci. Fino al punto di indurre qualche organo di stampa e giornali online a scrivere di “sentenza storica” e, addirittura, di “obbligo di assunzione per 60 mila rider in qualità di lavoratori subordinati”.
Niente di tutto questo!
In effetti, il suddetto comunicato riporta le conclusioni cui è pervenuto un “tavolo tecnico” - costituito dal Nucleo Carabinieri dell’Ispettorato del Lavoro, Ispettorato del Lavoro, Inps e Inail - che ha valutato la documentazione relativa alla posizione di 60 mila rider che, dal gennaio 2017 all’ottobre 2020, hanno operato per conto delle maggiori piattaforme: Deliveroo, Foodora, Just Eat, Glovo e Uber Eats.
L’indagine, inizialmente condotta solo a Milano città - utilizzando il sistema dei controlli in strada e l’uso di un questionario - fu successivamente estesa a tutto il territorio nazionale.
Unitamente ai questionari (compilati dai rider) si acquisirono - presso le singole società - l’elenco dei soggetti impiegati e tutte le informazioni relative al rapporto di lavoro instaurato (tipologia contrattuale, durata dei rapporti ed elementi e modalità della retribuzione).
Il combinato disposto delle informazioni raccolte ha consentito di trarre delle conclusioni molto interessanti che possono essere sinteticamente così riportate:
a) i rider rientrano a pieno titolo nella definizione di “lavoratore”4 di cui all’art. 2, comma 1, lett. a), del D.Lgs. 81/2008, per cui deve essere loro applicata5 l’intera disciplina in materia di sicurezza del lavoro;
b) la prestazione dei rider non è eseguita né in autonomia né a titolo accessorio; ma imposta e coordinata dal modello organizzativo della singola piattaforma;
c) non è vero che il rider goda di ampia autonomia e discrezionalità rispetto alla possibilità di accettare o meno una consegna. Questo perché condizionato dal “punteggio”6 (c.d. rating) assegnatogli in base a parametri quali: presenza, puntualità, accettazione e rapidità nella consegna degli ordini;
d) così come, per lo stesso motivo, non è vero7 che il rider abbia la possibilità di scegliere le fasce orarie in cui offrire la propria prestazione lavorativa né godere di giorni di assenza per ferie (non pagate) o malattia (non riconosciuta); pena la retrocessione del rating e minori opportunità di lavoro;
e) si deve procedere a una riqualificazione contrattuale del rapporto di lavoro dei rider, nel senso che il contratto di “lavoro autonomo di tipo occasionale (ex art. 2222 c.c.)” - di norma sottoscritto tra le parti - va sostituito da quello relativo a “prestazioni di tipo coordinato e continuativo”8(di cui all’art. 2, comma 1, del D.Lgs. 81/2015)”.
Di conseguenza, ai datori di lavoro, sono stati notificati:
1) i “verbali amministrativi di riqualificazione della posizione lavorativa dei rider, con recupero delle somme contributive (in via di quantificazione) e dei premi assicurativi”;
2) i“verbali di prescrizione ex D.Lgs. 758/1994” (in relazione alle violazioni riscontrate in materia di sicurezza del lavoro)con l’intimazione di provvedere ad adempiere a tutti gli obblighi entro 90 gg. dalla notifica.
In caso di mancato adempimento, i predetti soggetti dovranno versare un’ammenda ultramilionaria (pari a oltre 733 mln. di euro)!
Orbene, se è vero che - come alcuni9 sostengono - “La Procura non ha emanato alcun provvedimento, bensì soltanto un comunicato stampa nel quale dà conto di una propria indagine”, è altrettanto vero ciò che gli stessi evitano (colpevolmente) di evidenziare10.
Infatti, il comunicato del Procuratore della Repubblica di Milano non si limita a illustrare i risultati della lunga indagine, ma rende anche ufficialmente noto che, a carico delle piattaforme, sono già stati adottati dei provvedimenti.
Ma come si inserisce il comunicato del Procuratore Francesco Greco nella vicenda che interessa alcune decine di migliaia di soggetti - tanti giovani, ma altrettanti meno giovani -che vediamo ogni giorno sfrecciare per le strade delle nostre città?
Come noto - evitando di riproporre un percorso già ampiamente commentato11 - uno degli ultimi atti è rappresentato da un contratto collettivo stipulato da Assodelivery e Ugl-Rider il 15 settembre 2020 ed entrato in vigore il 3 novembre 2020.
Ebbene, quella che sembrerebbe essere una bella notizia, lo è, in effetti, in misura molto contenuta.
Non è consentito gioire perché l’accordo collettivo - realizzatosi a valle di numerose sentenze (di diversi Tribunali12 e della stessa Cassazione13) e di alcuni provvedimenti di legge14- più che contribuire a fare chiarezza rispetto a una definitiva qualificazione del rapporto di lavoro intercorrente tra le piattaforme ed i rider, aggiunge ulteriori elementi di contrasto; a cominciare dal suo stesso riconoscimento ufficiale.
In questo senso, a parte la posizione di coloro che plaudono alla sua stesura e lo ritengono sufficientemente perfezionabile “introducendo una ragionevole disciplina della malattia e del recesso”15, sono numerose ed altrettanto autorevoli16 le voci di quanti, invece, ne danno una lettura diversa.
D’altra parte, lo stesso Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro - all’indomani della sottoscrizione del Ccnl - aveva espresso numerose perplessità.
In particolare, rispetto a:
a) requisito della c.d. “maggiore rappresentatività”, seppure nel solo settore dei rider, della Ugl-Rider (richiesto ai fini della validità del contratto collettivo sottoscritto);
b) potere di deroga riconosciuto all’Ugl-Rider di determinare l’entità del compenso da corrispondere ai rider (giusto art. 47-quater, comma 1, del D. Lgs. 81/2015, come modificato dalla legge 128/2015)
c) compenso riconosciuto ai rider non rispondente a quanto previsto dall’art. 47-quater, comma 2, del D.Lgs. 81/2015;
d) gli artt. 10 e 11 del contratto non garantiscono, nei fatti, un compenso minimo orario per la prestazione lavorativa;
e) la previsione di un compenso parametrato sulla base delle consegne effettuabili nel tempo unilateralmente stimato dalla piattaforma risulta contrario alla norma di legge;
f) il contratto opera una qualificazione della tipologia contrattuale applicabile (lavoro autonomo ex art.2222 c.c.) che non è concessa all’autonomia collettiva in quanto riservata al giudice in applicazione della legge.
Altrettanto censurabile la clausola relativa ai diritti sindacali, il cui esercizio - in ossequio a quanto previsto all’art. 29 - appare riservato alla sola Ugl-Rider.
Superfluo, a questo punto, evidenziare che l’art. 3 del suddetto accordo collettivo esclude, a chiare lettere, che il contratto sottoscritto tra le parti possa prevedere: compensi straordinari, ferie, tredicesima, indennità di fine rapporto e, comunque, qualsiasi istituto contrattuale riconducibile al lavoro subordinato17.
Il tutto in virtù della semplice supposizione che l’associazione sindacale firmataria del suddetto contratto collettivo - in qualità di associazionemaggiormente rappresentativa - abbia il potere di stipulare un accordo in deroga alle norme di legge; così come consentito dall’art. 2 del D. Lgs. 81/2015.
In definitiva, il Ccnl firmato dall’Ugl-Rider presenta alcuni elementi di novità ma stabilisce, però, tutele recessive rispetto a quelle già previste dalla legge 128/2020 nel caso in cui mancasse un contratto collettivo di settore ufficialmente riconosciuto.
Il giuslavorista Pietro Ichino, invece - attuando una tecnica che definirei “di carattere terroristico” - afferma il falso quando sostiene18 che questo Ccnl “salva il settore dalla paralisi cui sarebbe stato condannato a fine ottobre 2020”.
NOTE
1) Secondo un rapporto dell’Associazione sostenitori Polstrada (Asaps), nel 2018 ci furono 3 incidenti mortali tra i rider. Nel 2019 se ne verificarono 4 mortali, 6 con prognosi riservata e 15 con feriti più o meno gravi. Milano la città interessata dal maggior numero di incidenti (non mortali).
2) Molto noto alle cronache giudiziarie per la sua intensa attività nel corso della stagione di “Mani pulite” (dal caso Montedison a Enimont).
3) Fonte: “Comunicato stampa” della Procura della Repubblica (presso il Tribunale di Milano), del 24 febbraio 2021.
4) Con sentenza nr. 866 del 1° aprile 2020 il Tribunale di Firenze aveva già imposto alla piattaforma Just Eat consegnare di a un lavoratore (ricorrente) i dispositivi anti Covid-19, così come previsto per qualsiasi altro lavoratore dipendente.
5) Tra l’altro, ne consegue che, oltre al rispetto - da parte delle piattaforme - degli obblighi in materia di tutela della salute e della sicurezza, ai rider devono essere messe a disposizione idonee attrezzature di lavoro (tra le quali i mezzi utilizzati per il servizio: biciclette o ciclomotori).
6) Il rating esprime una valutazione in base a parametri fissi che concorrono a determinare una scala di valori.
7) Taluni e, tra questi, Pietro Ichino (fonte: “I rider tra subordinazione e autonomia”; www.lavoce.intodell’11 novembre 2020) hanno, invece, sempre (strumentalmente) sostenuto che “Il lavoro dei c.d. platform workers presenta un aspetto cruciale tipico del lavoro autonomo: la libertà di presentarsi o no al lavoro ogni giorno e poi di rispondere o no alle chiamate della centrale”. Facendo finta, evidentemente, che non esistesse il condizionamento del rating.
8) Così come peraltro già sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza nr. 1663 del 24 gennaio 2020.
9) Fonte: “La Procura e il lavoro dei rider”; su www.pietroichino.it. del 25 febbraio 2021
10) Nell’articolo di cui alla nota precedente, il noto giuslavorista si limita a rilevare l’esistenza di un generico “verbale di accertamento di violazione di alcune prescrizioni” (come se non fossero stati già stati previsti provvedimenti di merito). Ancora più eclatante, il suo silenzio rispetto alla notifica dei verbali amministrativi relativi alla riqualificazione della posizione lavorativa dei rider (come se ciò non fosse successo).
11) Fonte: “I rider: sfruttati senza diritti”, “Ancora a proposito di rider”, “Pietro Ichino e i rider double face”; su www.blog-lavoroesalute.org
12) Tribunale di Torino, sentenza 778/2018; Tribunale di Milano, sentenza 1853/2018; Corte di appello di Torino, sentenza26/2019; Tribunale di Firenze, sentenza 866/2020; Tribunale di Palermo (il primo che ha ritenuto di qualificare di natura subordinata il rapporto di lavoro instaurato da un rider con la piattaforma Glovo), sentenza 3570/2020.
13) Cassazione, sentenza 1663/2020;
14) Ultimo, in ordine di tempo, il decreto legge 101/2019, convertito, con modificazioni, nella legge 128/2019.
15) Fonte: Rider: un banco di prova per il sistema delle relazioni industriali”; su www.pietroichino.itdel 26 febbraio 2021. In altra occasione, lo stesso si era limitato a sostenere che l’accordo presenta “qualche lacuna”!
16) Fonte: “Luci e ombre di un contratto che fa discutere”; di Gionata Cavallini; sul sito del Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro di Milano.
17) In plateale contrasto rispetto a quanto sancito dalla sentenza della Cassazione 1663/2020.
18) Fonte: “Contratto dei rider: pirata o no, ce n’è urgente bisogno”; su www.pietroichino.itdel 20 settembre 2020,