Che fare con tre milioni di immigrati

Un dossier di Caritas e Migrantes fa il punto su una realtà che si mostra in crescita tumultuosa: i flussi previsti dai decreti superati, almeno 100.000 persone costrette alla clandestinità, forte aumento dei nati in Italia. Tre proposte al nuovo governo
Alla fine del 2005 la popolazione immigrata in Italia ha superato i 3 milioni di unità, tenuto conto dei 180.000 immigrati extracomunitari che hanno ottenuto il permesso di soggiorno e dei nuovi nati da entrambi i genitori stranieri. Questo è il dato da cui partono le  "Anticipazioni" del Dossier Statistico Immigrazione 2006 presentate alla stampa il 31 maggio dalla Caritas e dalla Fondazione Migrantes (il Dossier completo verrà, come ogni anno, presentato e distribuito in ottobre).

I flussi sono dunque in aumento: rispetto al decennio passato (negli anni 90 una media di 90.000 immigrati regolari all'anno) e anno dopo anno: i circa 300.000  del 2006 rispetto ai 180.000 del  2005. Con la previsione di una conferma nei prossimi anni del dato del 2006. Questo è il primo dato di cui prendere coscienza e da cui ripartire: è in atto un cambiamento importante destinato a modificare i nostri atteggiamenti e le normative di legge. E una lettura attenta dell'andamento dei flussi dello scorso anno ci dice molte cose e ci offre molte indicazioni per comprendere meglio un fenomeno che, afferma la Caritas, è "una tra le più significative espressioni della dimensione internazionale del mondo moderno" .
 
Il bilancio dei decreti sui  flussi 2005
La prima considerazione da fare, se guardiamo ai dati del mercato del lavoro, è la conferma, anche nel 2005, della persistente incongruenza tra quote pre-stabilite e fabbisogni reali. La rappresentazione del fenomeno immigratorio che sta alla base delle decisioni della politica infatti non risponde più (e forse non ha mai corrisposto) alla realtà, sia per quanto riguarda le quantità che per quanto riguarda la qualità della domanda e dell'offerta di lavoro. Nel 2005 sono stati emanati tre decreti flussi: il primo ha previsto l'ingresso di 79.500 neocomunitari, il secondo l'ingresso di 79.500 extracomunitari (di cui 25.000 stagionali) e il terzo ha completato il contingente degli extracomunitari con altri 20.000 lavoratori stagionali. (vedi la tabella; per tornare al testo clicca "indietro" sulla freccia del browser)

Cosa è successo in concreto? La quota stabilita per i neocomunitari si è rivelata sovradimensionata: sono arrivati (al giugno 2005) 44.096 cittadini "neoeuropei", per il 60% maschi. I più numerosi sono i polacchi (poco più di 24.000), seguono gli slovacchi, i cechi e gli ungheresi.  All'interno di questa categoria i "non stagionali", gli stabili,  sono stati 11.700 per un terzo occupati nel settore domestico, i restanti 32.300 sono stagionali per i quattro quinti in agricoltura e il resto nel turismo.
 
Per quanto riguarda i flussi previsti e programmati per i lavoratori extracomunitari lo scarto tra previsione e dati reali aumenta. La quota totale di 99.500 unità era suddivisa in 45.000 per lavoro stagionale e 54.500 per lavoro stabile o  "non stagionale". L'offerta di lavoro stagionale è stata coperta per circa l'80%: sono state infatti presentate circa 37.800 domande. L'offerta di lavoro stabile è suddivisa in due tipologie: 26.600 unità attribuite al livello centrale per quote e categorie predefinite (vedi tabella) e 27.900 unità assegnate alle Regioni cui hanno corrisposto circa 124.000 domande (al primo posto i rumeni, quindi gli albanesi e i marocchini), per il 44,2% per i servizi alla famiglia, con una percentuale che cresce nelle regioni meno industrializzate. All'interno di questa tipologia, la più importante, le domande accolte quindi sono state il 22,6% delle domande presentate: questo significa che oggi in Italia ci sono quasi 100.000 cittadini extracomunitari, "irregolari"  che sono già qui, che hanno fatto domanda, che non hanno ottenuto fino ad oggi il permesso di soggiorno e che andranno ad accrescere l'esercito dei "clandestini" occupati nel mercato del lavoro informale.

E questa è una prova evidente dello scarto tra l'offerta proposta nei decreti sui flussi e la consistenza reale della domanda che - dice la Caritas - conferma la "frattura tra mercato formale programmato e bisogni reali espressi, oltre che dagli immigrati, dalle aziende e dalle famiglie". 

I dati del 2006 confermano questa ipotesi e sono ancora più convincenti: il decreto flussi del febbraio scorso prevedeva una quota complessiva di 170.000 unità e le domande, come è noto, sono state circa 485.000. Il ministero degli Interni in una nota del 27 maggio afferma che "vi è un'eccedenza di domande presentate pari a circa 315.000 unità. E' dunque possibile che le domande in regola superino la quota inizialmente fissata". Si prevede quindi l'adozione nel corso del 2006 di ulteriori decreti sui flussi per cercare di adeguare le norme amministrative alla realtà dei fatti.

Ricongiungimento familiare e nuove nascite
L'analisi dei visti dell'archivio della Farnesina conferma questa ipotesi e aggiunge un dato significativo, quello dei visti concessi per "ricongiungimento familiare e familiari al seguito" che è la motivazione di maggior ingresso in Italia (circa 94.000, il 40% del numero totale di visti per inserimento concessi nel 2005, mentre erano 40.000 alla fine degli anni 90). E' un dato molto significativo e ci dice che l'immigrazione in Italia, che all'inizio ha avuto come protagonisti uomini soli e donne sole, nel volgere di pochi anni attira anche i familiari rimasti in patria per la ricomposizione dei nuclei originari, con un cambiamento profondo delle motivazioni e delle modalità dell'emigrazione dal proprio paese. Se a questo dato aggiungiamo quello delle nuove nascite da entrambi i genitori stranieri che è passato dalle 8.000 all'inizio degli anni 90, alle 22.000 nel 1999 alle oltre 50.000 stimate per il 2006, il quadro di un cambiamento radicale del fenomeno migratorio è completo e destinato ad avere conseguenze importanti sulla politica e sulla legislazione futura. Non è casuale quindi che le "Anticipazioni" si concludano con una serie di indicazioni di cui sarà difficile non tenere conto nel dibattito politico e nelle scelte legislative.
 
Le proposte della Caritas
"Chiamare gli italiani a salvaguardare il loro lavoro e il loro benessere in contrapposizione a quello degli immigrati o a scegliere tra la sicurezza e la delinquenza significa non rendersi conto che i destini di tutti sono inestricabilmente congiunti", afferma la Caritas. Va superata la chiamata nominativa dall'estero come unica modalità di ingresso, si tratta infatti di "una impostazione velleitaria, inconcludente ed essa stessa causa dell'espansione della irregolarità", mentre va reintrodotta la possibilità di venire in Italia "per la ricerca del posto di lavoro al fine di favorire l'incontro tra domanda e offerta". E ancora: i problemi di gestione del mercato del lavoro non si esauriscono più nelle quote, nei flussi e nei permessi di ingresso e soggiorno, ma richiedono "un impegno ancora maggiore ad insediamento avvenuto" che è fatto di formazione all'estero, immigrazione qualificata, formazione professionale, maggiore coinvolgimento degli stessi immigrati e delle loro rappresentanze.
 
E al nuovo governo padre Bruno Mioli, della Fondazione Migrantes, pone tre istanze: la riattivazione degli organismi di consultazione, un nuovo documento di programmazione triennale e infine il "superamento dell'antiquata legge sulla cittadinanza e l'attribuzione del diritto di voto amministrativo", richiesti anche recentemente  dall'arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, che ha parlato di "un cammino di progressivo riconoscimento" per gli stranieri e ha autorevolmente ricordato che "una partecipazione attiva e responsabile alla vita sociale, come già si sta verificando in altri paesi, costituisce la premessa all'esercizio dei diritti di democrazia, con il diritto di voto, almeno per quanto riguarda le consultazioni amministrative con la possibilità di ottenere incarichi pubblici".
 
Politiche restrittive in Francia e USA
L'analisi e le proposte della Caritas e del mondo cattolico meritano un'attenta riflessione anche in considerazione di quanto stanno decidendo in questi mesi i governi di due importanti paesi di storica e consolidata tradizione immigratoria, la Francia e gli USA.

In Francia è stata recentemente varata la riforma del CESEDA, il Codice che regola l'ingresso, il soggiorno e il diritto all'asilo dei cittadini non comunitari. Il nucleo fondamentale della nuova normativa riguarda la reintroduzione dell'immigrazione per lavoro, una modalità di ingresso che in Francia non esisteva più da oltre 30 anni, definita dal ministro dell'Interno Sarkozy, "immigrazione scelta" in contrapposizione alla cosiddetta "immigrazione subita", quella cioè rappresentata da tutti gli stranieri che vivono in Francia per motivi "privati e familiari", da scoraggiare con tutti i mezzi secondo il governo francese.

L'emblema della "immigrazione scelta" è un nuovo permesso di soggiorno, quello per "talenti e competenze", a validità triennale rivolto a studenti, ricercatori e personalità. Si allungano, inoltre, i tempi per i ricongiungimenti familiari, si complicano le procedure per l'ottenimento della cittadinanza e si chiede allo straniero la conoscenza della lingua francese nonché l'osservanza delle leggi, pena l'espulsione dell'intera famiglia.

La proposta di introdurre il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, novità che più delle altre stravolge la normativa francese in vigore, avvicina la legislazione francese a quella di altri  paesi europei e in particolar modo a quella italiana attraverso il meccanismo del contratto di soggiorno. Il progetto di legge, presentato all'Assemblea nazionale, ha suscitato perplessità e critiche soprattutto da parte della Chiesa e della sinistra, nonché dalle organizzazioni sindacali e dal mondo associativo che si dichiarano fortemente preoccupati dalla nuova normativa.
 
Negli Stati Uniti, dove vivono 12 milioni di immigrati illegali, per lo più ispanici, che rappresentano il 5% della forza lavoro, è stato recentemente introdotto un  pacchetto di misure finalizzate al controllo dei confini (si veda l'articolo di Jeff Faux). Il più "energico" dei provvedimenti previsti consiste nell'utilizzo della Guardia Nazionale nella lotta all'immigrazione illegale. Secondo tale misura verranno impiegati circa 6 mila soldati che affiancheranno la polizia di frontiera e i vigilantes privati (già presenti in Arizona), lungo i 3.200 km di confine con il Messico nel tentativo di  fermare i 400.000 clandestini che ogni anno oltrepassano il confine spinti dal "sogno americano". Una proposta di riforma del Senato prevede inoltre il  cosiddetto guest worker program, per consentire gli ingressi solo sulla base delle esigenze delle aziende.

Di fronte a queste misure xenofobe e alle politiche di restrizione e chiusura, conviene riprendere qui alcune delle affermazioni fatte nel corso della conferenza stampa da Jean Léonard Touadi, giornalista e docente all'Università di Milano. A chi in Italia si sente "sotto assedio" o "a rischio invasione" da non meglio identificate "ondate bibliche" di immigrati, ha detto, conviene ribattere che in realtà sono i poveri del mondo ad essere sotto assedio visto che aumentano ogni giorno i fattori di espulsione dai paesi di origine, la fame, le malattie, le guerre. L'integrazione, ha continuato, non è una "gentile concessione" ma il riconoscimento di diritti, in primo luogo del diritto più importante e cioè del diritto alla vita. E ha rivendicato l'attribuzione della cittadinanza, senza eccezioni, a tutti i bambini che nascono in Italia e l'affermazione del dialogo e del confronto tra le diverse culture, per superare, ha detto, la "logica del braccio di ferro mortale  tra cattolicesimo e islamismo seguita all'11 settembre". 
Martedì, 6. Giugno 2006
 

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